Fausta Pavesio, Diva Tommei, Paola Bonomo rappresentano tre modelli di successo femminile: la business angel, la startupper e la top manager. Ci hanno raccontato cosa vuol dire essere tra le top 50 in Europa, dall’Italia
Le classifiche pubblicate dai vari magazine e giornali ci hanno abituato a conoscere vita morte e miracoli degli uomini più influenti al mondo. Raramente, però, i nomi femminili fanno capolino nelle liste dei più potenti. Ci pensa un blog dedicato alle startup, Eu Startups, a cercare di invertire la tendenza.
E pubblica un elenco delle 50 donne che nell’ecosistema startup e in quello dei venture capital che in Europa sono riuscite a fare la differenza. I nomi italiani sono tre e rappresentano tre diversi aspetti dell’economia legata all’innovazione: la business angel Fausta Pavesio, la startupper Diva Tommei e la top manager Paola Bonomo.
Donne ancora poco rappresentate
L’ordine scelto dal sito per elencarle è rigorosamente alfabetico. E l’intenzione è quella di dare visibilità al genere femminile ancora troppo poco rappresentato nella scena internazionale.
Un problema, quello della discriminazione ai danni delle donne, che riguarda anche la culla della tecnologia mondiale, la Silicon Valley. In California, dove sono nate e hanno sede società come Microsoft, Facebook e Google, è stato spesso sollevato il problema del divario nei salari tra uomini e donne, con tanto di azioni legali intentate da ex dipendenti per protestare contro i pregiudizi.
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della startup sceene europea (3 italiane)
Il dato riguardo alla differenza tra le paghe al maschile e al femminile in alcuni casi evidenzia un 61 per cento di distacco nella Silicon Valley. Ci sono però delle eccellenze che dimostrano che, nonostante le discriminazioni e le oggettive difficoltà di affermazione, per le donne è comunque possibile farsi strada nel mondo imprenditoriale e arrivare a rivestire ruoli invidiati anche dai colleghi uomini.
«Bisogna lavorare per un cambiamento culturale»
Con una laurea in informatica e una mentalità avanzata, Fausta Pavesio è riuscita a diventare una delle più importarti investitrici nel panorama italiano delle startup. L’essere stata inserita nella lista delle 50 donne più influenti in Europa in questo settore le fa ovviamente piacere. Soprattutto perché è consapevole che la sua storia può essere di esempio.
«Dopo 6-7 anni di attività come business angel, quello di oggi è un riconoscimento importante, ma è necessario sottolineare che molto deve essere ancora fatto», dice a Startupitalia. Fausta Pavesio ha cominciato la sua carriera in Fiat e Olivetti. Poi ha lavorato nel settore della consulenza ed è stata ceo di Net4Value, una delle prime società ad occuparsi di e-business. Ha fatto esperienze all’estero ed è diventata advisor indipendente nel settore innovazione.
Oggi siede nel Consiglio di amministrazione di Satispay, è membro del Consiglio Direttivo di Italia Startup e Senior Advisor di Appian Corporation. Ma soprattutto è una business angel:
«Sono una signora che con una carriera alle spalle ha realizzato che è inutile perdere i propri risparmi in borsa. Molto meglio investire in startup e aiutare dei ragazzi che hanno delle idee dal punto di vista economico e facendo del mentoring. Le ragioni della mia scelta sono tutte in un documento “Perché una donna dovrebbe investire in startup”».
Fausta Pavesio, però, pensa che per essere seguito, il suo esempio debba essere reso conoscibile ai più, perché la vera rivoluzione da fare è culturale. Molto prima dei dibattiti sui salari e sulla scarsa rappresentanza è importante partire dalle scuole: «Bisogna fare un’operazione educativa per aiutare a far capire alle ragazze che studiare ingegneria o informatica non è una cosa da uomini e che doti come il senso materno e la capacità di conciliazione sono qualità che possono rappresentare la fortuna delle donne».
Il suo sguardo privilegiato sul panorama delle startup italiane le permette di dire che il numero di imprenditrici innovative in Italia è ancora troppo basso: «Le startupper sono sicuramente aumentate, ma il 13 per cento è un numero ancora troppo insignificante per essere soddisfatti», sottolinea Pavesio.
Negli altri Paesi europei la situazione non è comunque rassicurante: «Io ho contatti con mie colleghe anche nel Regno Unito dove l’imprenditoria femminile raggiunge un più incoraggiante 23 per cento. Mi chiedono di fare qualcosa per aiutare a diffondere questo messaggio a partire dalla mia storia, la storia di una persona normale che si è trovata a lavorare in quest’ambito e ce l’ha fatta. In questo modo speriamo di poter raggiungere la parità», conclude.
«Non mi sento affatto tra le top 50, ma che gioia!»
Diversa, ma solo per ruoli, l’esperienza di Diva Tommei. Nel 2014 insieme a Mattia Di Stasi e Alessio Paoletti ha dato vita a una startup, Solenica. Il prodotto di punta dell’azienda di cui oggi è amministratore delegato è la lampada Lucy, una sfera in grado di seguire e catturare i raggi del sole per illuminare gli ambienti della casa con la luce naturale.
La notizia della classifica di EU Startups la coglie un po’ di sorpresa: «Non mi sento affatto una delle 50 donne più influenti in Europa, ma mi riempie di gioia questo riconoscimento», dice a Startupitalia. Ricorda i pregiudizi che ha dovuto combattere per arrivare a dov’è ora. Difficoltà che, però, lei ha sempre visto come una spinta a migliorarsi: «Non puoi abbatterti, devi andare avanti ed emergere. La differenza tra uomini e donne c’è, anche se è subdola e saldamente radicata nella cultura».
Diva Tommei è riuscita a capire che quelle differenze non erano normali, anche se comunemente tollerate, soprattutto con le sue esperienze all’estero: «Anche negli Stati Uniti o nel Regno Unito esistono degli stereotipi, ma l’accettazione delle donne nel settore è maggiore», dice.
Laureata in biotecnologie con un dottorato di ricerca in bioinformatica, Diva Tommei da due anni si dedica attivamente solo alla sua azienda. E nel frattempo si sforza di fare da mentor a chi vuole intraprendere la sua stessa strada: «Mi rivolgo a tutti coloro che vogliono affermarsi, ma soprattutto alle ragazze che hanno bisogno di creare un network di contatti per avere dei risultati imprenditoriali».
La startupper ha le idee chiare anche per quanto riguarda la strada da seguire per migliorare l’affermazione femminile in Italia: «La soluzione è nella cosiddetta leadership da esempio. In altre parole, più persone promuovono il modello di donna che fa impresa, che sta nelle tecnologie, più il segnale può essere amplificato. Si crea così un motore che per emulazione può portare anche le più timorose a esporsi», dice.
«Ci manca una rete di salvataggio nel mondo degli uomini»
Paola Bonomo è una manager nel settore media, tecnologia e telecomunicazioni. Fino a settembre è stata Global Marketing Solutions Director Southern Europe per Facebook. È nel consiglio di amministrazione di Axa Assicurazioni e PiQuadro ed è anche consigliere indipendente, angel investor, advisor nel campo delle tecnologie digitali, oltre che membro di Italian Angels for Growth.
Si dice contenta di essere tra i grandi nomi della lista di Eu Startups: «Conosco e stimo molte delle donne che ne fanno parte e sono convinta che ci accomuna una visione di un mondo in cui più donne possano mettere a frutto le loro energie imprenditoriali». In realtà, secondo la top manager, le capacità che le donne devono avere per essere buone imprenditrici sono le stesse dei colleghi uomini: competenza tecnica, tenacia e capacità commerciale.
«Forse ci manca un po’ di rete di salvataggio in più, quel network che agli uomini, per molte ragioni, riesce più semplice avere», dice. Anche nell’esperienza e nella formazione di Paola Bonomo ha contato molto lo studio fatto all’estero, prima con uno scambio internazionale e poi con un master a Stanford: «Mi ha aiutato a costruire l’autostima che quando ero molto giovane non avevo ancora sviluppato», ricorda.
Sul tema dell’equa rappresentazione delle donne nei consigli di amministrazione e sulle differenze salariali, Paola Bonomo dice che i tentativi di miglioramento ci sono: «In Occidente, le aziende tecnologiche che danno priorità al tema della diversity (non solo quella di genere) stanno lavorando sulla trasparenza dei dati della presenza di donne e minoranze ai vari livelli dell’organizzazione, sul rendere più equi recruiting e promozioni (diverse slate), sull’equa distribuzione dei carichi familiari tramite le policy di parental leave. Ma è vero che la mentalità spesso deve ancora cambiare.
Chi deve impegnarsi sono i leader delle aziende: quando sono loro a metterci la faccia, le cose possono cambiare». Lo scarso numero di donne nell’imprenditoria innovativa, secondo Bonomo, è figlio di un problema di partecipazione al mondo dell’economia in generale: «Siamo al 117° posto per parità di empowerment economico secondo il Gender Gap Report del World Economic Forum. Dobbiamo lavorare per la crescita e la realizzazione delle donne. Solo così ce ne saranno di più anche nelle startup».