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Una panoramica sulle 1273 startup a maggioranza femminile italiane. Meglio al sud che al nord, ma il fatturato resta basso. I dati raccolti con la partnership di UnionCamere e Valore D
Sono 1273 le startup iscritte al registro delle imprese a maggioranza femminile in Italia: corrispondono al 13% del totale. Abbiamo deciso di andare a vedere chi sono le nuove imprenditrici d’Italia, convinti che sia da qui che dobbiamo partire per capire come stimolare sempre più donne ad aprire imprese in Italia o a imporsi ai vertici di queste. Un approfondimento che abbiamo potuto realizzare contando sulla collaborazione di Unioncamere e di Valore D, la prima associazione di imprese che promuove la diversità di genere.
La fine dell’anno è infatti tradizionalmente intesa come il periodo migliore per fare i bilanci, tirare le somme di quanto visto e vissuto e noi abbiamo voluto scattare una istantanea del tessuto produttivo italiano, mettendo il focus sul gender gap che lo caratterizza e, per certi versi, lo attanaglia. Argomento che, come è noto ai nostri lettori, ci è sempre stato caro e su cui continuiamo a insistere anche con il supporto delle nostre Unstoppable Woman.
Il nostro Paese resta indietro anche se, a livello europeo, non siamo nemmeno messi poi così male: stando infatti all’ultimo European Startup Monitor relativo al 2016, che raccoglie i dati di 2.515 startup europee e 6.340 founder, l’Italia si collocherebbe al quarto posto per percentuale di fondatrici di startup, dopo Regno Unito, Grecia e Irlanda.
E se il primato della Gran Bretagna non sorprende, ci ha colto più impreparati l’argento dato alla penisola ellenica. Segno che comunque c’è ancora molto da fare proprio a livello europeo, rivoluzionando il Vecchio continente così da contribuire a renderlo un po’ più giovane e, soprattutto, anche un po’ più rosa.
Fonte: Unioncamere-InfoCamere
“Dalla ricerca emerge un dato preoccupante: la presenza femminile si concentra nelle startup di piccole dimensioni. Quando si tratta di scalare il business creando vere e proprie imprese, le donne praticamente spariscono. In aggiunta le startup al femminile si concentrano nei servizi di istruzione e sanità, oltre che comunicazione, settori tradizionalmente con più donne e le e legati alla cura. Questi due elementi raccontano quanto le donne fatichino ancora a trovare un proprio spazio nel business, come se non si sentissero legittimate a “pensare in grande”, a “fare soldi” e scelgono ancora settori e attività che la tradizione vuole ‘femminili’. C’è un importante lavoro da fare, sia a livello culturale per liberare le ragazze dagli stereotipi di genere e metterle nelle condizioni di liberare tutto il proprio potenziale, sia nel mondo delle imprese per valorizzare e rafforzare le hard e soft skills delle giovani professioniste”
Questo il commento sulla ricerca di Barbara Falcomer, Direttore Generale di Valore D.
Se i dati raccolti che presentiamo subito sotto sulle prime non sono incoraggianti, questo non vuole dire che manchino i segnali positivi, anche se spesso risultano ancora a livello embrionale. Per esempio, ci rincuora che la situazione migliori soprattutto tra i giovani, che vedono una maggior inclusione dell’altra metà del cielo che si riscontra anche al Sud dove, stando ai numeri, sempre più donne rispondono alle difficoltà di trovare un lavoro in modo coraggioso, ovvero scegliendo di diventare imprenditrici di se stesse e supportando in prima persona i rischi dell’impresa formato startup.
Fonte: Unioncamere-InfoCamere
È un segnale positivo che speriamo verrà ulteriormente incoraggiato anche a livello legislativo, perché chi oggi fa impresa ha bisogno di essere sostenuto e non ostacolato. Inoltre, guardando all’intero panorama produttivo del Paese, si segnala che quasi ovunque il numero di imprese femminili registrate è aumentato dal 2014, in media del 3%, nel Lazio addirittura del 7%, in Calabria del 5,6%, in Campania del 5,1%. Sempre a livello generale, è aumentato sensibilmente anche il numero di CdA che apre le proprie porte alle donne: come riporta l’ultimo studio di Unioncamere, infatti, sono 32mila le presidenti del consiglio di amministratore, a fronte di oltre 185mila totali. Le donne presidente incidono per il 17,36% del totale, aumentando di oltre 7 punti percentuali rispetto a settembre 2017. Quasi 17mila, invece, gli incarichi di vice presidenti (un quarto dei 67mila complessivi), con un incremento rispetto a un anno fa di 8,7 punti percentuali. Tra gli amministratori o consiglieri delegati, inoltre, le cariche al femminile sono circa 5mila (contro le 22mila totali), 36mila quelle di amministratrici (il 22,6% dei 160mila esistenti), circa 600 (il 14%) i direttori donna contro 4mila incarichi complessivi.
Fonte: Unioncamere-InfoCamere
A riservare sorprese è la geografia delle startup femminili. Spiace per esempio notare che a indossare la maglia nera della Regione con minor imprese “in rosa” sia il Trentino Alto-Adige, in molti altri settori preso come esempio meritevole da seguire. Mentre, come si diceva, un segnale più positivo arriva dal nostro Meridione ma che, numeri alla mano, sta dimostrando di voler combattere per agguantare la ripresa economica puntando soprattutto su giovani e sulle donne, due caratteri spesso assenti dalle istantanee che fotografano per intero la situazione del Paese.
Insomma, la situazione riportata dal nostro approfondimento di fine anno non è certo una bocciatura su tutti i fronti: una volta si sarebbe detto che siamo “rimandati a settembre”. Noi invece vi rimandiamo al nuovo anno, al 2019, sperando che i primi segnali positivi in questo e in tutti gli altri settori dell’economia inizino ad arrivare fin da gennaio.
Potete scaricare qui l’intera ricerca realizzata grazie al lavoro di Cristina Da Rold con Carlo Terzano e la partnership di Valore D e UnionCamere.