Storia di Somacis, un’azienda che ha cominciato a fare innovazione prima che diventasse di moda. E che adesso ha venduto a Quadrivio la metà per 100M
Un affare da 100 milioni di euro. Questa la cifra che Quadrivio, fondo di private equity di Milano, ha investito per assicurarsi la maggioranza di un’eccellenza del Made in Italy. Si chiama Somacis e da più di quarant’anni crea circuiti stampati e li esporta in tutto il mondo. Dietro una storia di tenacia, scelte rischiose e capacità di sopravvivere ai tumulti del mercato: «Quando le cose vanno bene ti annoi. È quando vanno male che ti diverti» spiega a Startupitalia! Attilio Scalmati, 74 anni, da 40 alla guida dell’azienda di Castelfidardo, provincia di Ancona.
Partito con 20 milioni di lire
«Facevo il commercialista, laurea in Economia e commercio. Di elettronica non capivo nulla, ma avevo intuito che i circuiti stampati avrebbero fatto molta strada. Le mie fortune erano due. Avevo un amico che lavorava a Milano nel settore. E l’altra che, grazie al mio lavoro, ero vicino alle aziende e potevo intuire meglio di altri le loro esigenze». Il primo investimento è di 20 milioni, di lire per fondare l’azienda nel 1972. Attilio trova i soldi chiedendoli ad amici. Intanto trova le figure tecniche da inserire in organico: «C’erano due esperti di meccanica, uno di chimica e una persona sulla parte commerciale. Poi saremmo diventati in otto». Oggi Somacis ha circa 800 dipendenti e due stabilimenti in Italia, a Castelfidardo e Manfredonia, uno in America, in California, e uno in Cina, nel Guangdong.
La chiave del successo? «Andate controcorrente»
Attilio e il suo team puntano sulla qualità del prodotto. Pochi pezzi, ma buoni. Per chi non lo sapesse un circuito stampato (noto anche con l’inglese PCB, printed circuit board) è un supporto che permette la connessione dei vari componenti elettronici di un circuito: «Fino agli anni novanta, la maggior parte dei circuiti si produceva in America, Europa e Giappone. Poi sono arrivati i Paesi del Far East, con Corea e Taiwan. Successivamente la Cina. Oggi questi Paesi, insieme al Giappone, detengono l’’85% del mercato. Quando è arrivato il boom dei telefoni molti player del settore ci si sono buttati a capofitto, privilegiando la quantità sul resto. Noi abbiamo fatto una scelta diversa con investimenti per elevare la qualità del prodotto e i laboratori di ricerca interni, cercando un rapporto diretto di collaborazione con gli uffici tecnici dei nostri clienti per intercettare direttamente le loro esigenze». Risultato? Noi siamo sopravvissuti bene alle crisi che si sono succedute nel settore dal 2000 a oggi. Il 75% delle aziende europee che si sono lanciate nella corsa all’oro dei telefoni, sono fallite».
100 milioni di dollari all’anno, in metri quadrati
Il costo di un circuito è variabile. Attilio ci spiega che il prezzo va dai 1.000 ai 10.000 euro a metro quadro, poi molto dipende da quello che l’azienda vuole che il circuito faccia: «Facciamo in media delle tirature di massimo 500-1000 pezzi all’anno di ogni codice. La maggior parte della produzione (il 40%) è destinata al mercato europeo. Seguono il Far East (30%). Poi gli Stati Uniti (25%). In Italia il 5%. Oggi lavoriamo con aziende nel settore medicale, delle telecomunicazioni, difesa, automotive, aerospaziale, robotica… Alcune multinazionali nostre clienti? General Electric, Alcatel, Airbus…».
L’elettronica vive di alti e bassi, bisogna abituarsi
Nel 2001 inizia una grossa crisi nel settore, con diminuzione della domanda che arriva anche al 30%. Nel 2009 ancora peggio con una contrazione del 40%. «Ci sono stati momenti in cui non potevamo chiudere il bilancio in attivo. Non c’è mai un andamento lineare del mercato. Un prodotto innovativo campa tre anni poi muore. Per questo è importante stabilire buoni rapporti con le banche, cercare sostegno quando le cose non vanno. La mia fortuna è di essere sempre stato un ottimista. E poi mi diverto veramente quando le cose vanno male. Altrimenti mi annoio».
Il nuovo investimento e l’espansione in America
Con l’operazione Quadrivio acquista il 52% dell’azienda. Gruppo di Private Equity, gestisce fondi per 1,2 miliardi di euro. Nel suo portafoglio società come Sebeto, Rossopomodoro, Anema e Cozze, Rossosapore… E oggi Somacis, a cui restano Il 35% delle quote, la parte restante finisce nelle mani di Graphic, azienda inglese con la quale Somacis dirige la sede cinese: «È tempo che i vecchi si facciano da parte» dice con un pizzico di amarezza nella voce: «I soldi serviranno a sviluppare progetti sul mercato americano dove si riescono ancora a fare cose nuove. L’Europa è ferma, un po’ al palo. Basta pensare a quelle che erano un tempo Nokia, Alcatel, Siemens, e quello che sono oggi».
Agli startupper: «Stabilite le priorità»
«Studiate il mercato il più possibile. Se non ce n’è uno anche l’idea migliore non avrà successo. Una buona idea nasce solo con un team di valore. Se c’è mercato, team ed idea, poi arriva la finanza. Senza averla alle spalle, è complicatissimo costruire cose importanti».
Giancarlo Donadio