Il contributo di una corporate alla startup, secondo L’advisor Giovanni De Caro, dovrebbe essere erogato secondo una precisa scala di priorità. L’open innovation di una società di Napoli e le modalità di investimento nelle startup
Open innovation è un’espressione che si è radicalmente evoluta da quando è stata coniata nel 2003. Non è più solo il processo di esternalizzazione verso le startup della ricerca delle grandi corporate, ma è anche contributo all’integrazione del team, generazione di un canale distributivo per i prodotti della startup e finanziamento diretto della crescita, in equity o in commesse. Le grandi corporate italiane e multinazionali operanti in Italia, industriali e di servizi, mi sembrano focalizzate su una quarta verticale apparentemente meno costosa, ma a mio avviso meno efficace per le startup: la comunicazione; declinata in eventi, business plan competition, hackathon e viaggi all’estero, che sono importanti, ma che, un po’ come ci hanno abituati a credere per il cervello umano, utilizzano solo il 10% del potenziale che il coinvolgimento della corporate nel business della startup potrebbe liberare.
In base alla mia esperienza, direi che il contributo di una corporate alla startup dovrebbe essere erogato secondo una precisa scala di priorità
1. Soldi
I soldi non fanno la felicità, ma senza soldi non si cantano messe. Per dire, i soldi senza un prodotto e senza clienti non servono a niente, almeno nel breve, ma prodotto e clienti senza soldi servono ancora meno, non solo nel breve.
2. Clienti
La corporate può essere il cliente della startup o il distributore del suo prodotto. Il primo modello, la corporate come cliente, è seguito da TIM che ammette automaticamente al proprio albo fornitori le startup di WCAP, il proprio programma di accelerazione. Del secondo, la corporate come distributore, vedo in Italia poca traccia; mi è capitata una interessante esperienza con Accenture, alcune fra le maggiori banche muovono qualche passo in questa direzione, per lo più grazie alla buona volontà dei miei ex colleghi, ma in generale non vedo iniziative strutturate, con un processo ben definito e una chiara proposta di valore (quello che gli investitori tipicamente chiedono alle startup).
3. Integrazione del team
Ci sono casi in cui il network delle grandi corporate può essere di grande aiuto nella ricerca di figure chiave da integrare nella struttura operativa della startup; nella mia esperienza è accaduto un paio di volte, devo dire con grande soddisfazione.
4. Network
E’ la parola di cui tutte le corporate si riempiono la bocca, ma che usano declinare in eventi e percorsi di accelerazione di grande eco mediatica, che spesso lasciano il tempo che trovano. E’ successo anche a me quando questa cosa non l’avevo ancora capita e ho promesso a me stesso di non ripetere l’errore.
Le 4 priorità in concreto (il caso Tecno)
A Napoli, nel nostro piccolo, stiamo provando a fare open innovation seguendo questa scala di priorità, grazie a un accordo fra il gruppo Tecno, Giorgio Ventre e il sottoscritto. Tecno è un’azienda napoletana leader in Italia nell’efficientamento energetico e nella gestione delle accise sugli idrocarburi, con un parco di aziende clienti che supera le 3.000 unità e una crescita media dei ricavi superiore al 20% per anno negli ultimi quattro anni.
Investire in startup
Tecno ha deciso di investire attraverso Tecno Capital in startup innovative le risorse generate dal core business, sfruttando il potenziale della propria rete commerciale e le competenze di uno staff di oltre 60 persone composto per due terzi da laureati, per metà ingegneri. Il CEO Giovanni Lombardi ha costituito un comitato scientifico che lui presiede e del quale facciamo parte io e Giorgio Ventre, direttore del Dipartimento di Ingegneria Elettrica e delle Tecnologie dell’Informazione della Federico II e direttore scientifico della IOS Developer Academy di Napoli. Il comitato analizzerà con frequenza settimanale le application ricevute e deciderà su quali investire e in che modalità, nel finanziamento di un progetto di R&D o direttamente in equity, con un unico denominatore comune: saranno preferite le aziende o i progetti il cui prodotto possa essere commercializzato attraverso la rete Tecno ai propri clienti, che sono per lo più PMI energivore (mezza Italia) e aziende che gestiscono flotte di TIR.
Obiettivo, 10 operazioni entro il 2017
Gli investimenti avranno una taglia variabile, indicativamente nel range 50.000-500.000 euro, anche in più riprese, in funzione delle esigenze della target e del suo grado di maturità. L’obiettivo è chiudere cinque-dieci operazioni entro il 2017 e poi almeno una decina di operazioni all’anno, con una ambizione: chiamare a raccolta altri imprenditori che hanno liquidità da investire, condividono la nostra visione e intendono sfruttare l’opportunità di diversificazione finanziaria e produttiva offerta dalle startup.
I primi coinvestimenti
Le prime operazioni sono state effettuate in coinvestimento nel ruolo di follower: Buzzoole, TiAssisto24 e Volumeet, in ordine di tempo. Con la costituzione del Comitato Scientifico, tendenzialmente Tecno agirà da lead investor. Il progetto nasce anche dalla consapevolezza che in Italia si producono tecnologie potenzialmente dirompenti che troppo spesso non trovano la strada verso il mercato a causa di una inefficace gestione della proprietà intellettuale, di scarsa propensione al rischio e di mancanza di fondi. Tecno intende fare leva sulla combinazione di opportunità fiscali e di un elevato potenziale di cross-selling sui clienti del gruppo, che domandano servizi e prodotti innovativi e a elevato valore aggiunto, minimizzando il rischio tipico di investimenti della specie grazie alla propria capacità di investimento finanziario e di accelerazione commerciale.
Da oggi è possibile presentare il proprio progetto registrandosi all’indirizzo http://www.tecnosrl.it/tecnocapital/startup/, creando un proprio profilo personale sul quale caricare almeno un investor deck o una sintesi del progetto, che contengano almeno le seguenti informazioni, opportunamente sintetizzate (evitando business plan di cento pagine o deck fatti solo di immagini):
- sintesi del progetto / descrizione dell’attività dell’azienda, con focus sulle caratteristiche del prodotto / servizio, eventuale proprietà intellettuale, grado di maturità /commerciabilità
- descrizione dei proponenti, track record, competenze e ruolo in azienda
- descrizione anche di massima delle dimensioni e della tendenza del mercato di riferimento, clienti anche potenziali, eventuali informazioni rilevanti riferite alla value chain
- analisi dei competitors e descrizione del proprio vantaggio competitivo
- modello di business, se ce n’è uno
- conto economico, stato patrimoniale e flussi di cassa storici e prospettici, anche di minima (almeno le proiezioni su ricavi, EBITDA, fabbisogno finanziario e uso dei fondi)
Ci aspettiamo un numero significativo di applicazioni e promettiamo di dare una risposta a tutti, comunque vada.
GIOVANNI DE CARO
advisor