Il report di Seo Tester Online scatta una fotografia dei cambiamenti sulle ricerche degli utenti online per aiutare le aziende a interpretare i dati e creare opportunità di business
Le paure, i dubbi e i bisogni degli italiani in tempi di Coronavirus si riflettono nelle loro ricerche online, che diventano un canale per interpretare lo stato d’animo del Paese.
Per comprendere bene come sono cambiate le abitudini di ricerca sul web degli italiani, puoi leggere il report di Seo Tester Online, piattaforma realizzata dalla startup Quarzio guidata da Vittorio Urzì, che crea strumenti per supportare aziende, marketer e web agency:
«In queste settimane così complicate e senza precedenti, ci siamo interrogati su come questa pandemia avrebbe cambiato le ricerche degli utenti online. Abbiamo così scattato la fotografia dei cambiamenti sulle ricerche degli utenti online, per aprire un dialogo in merito a come questi dati possano essere interpretati per fare business, ma anche come previsione, diventando una fonte di vantaggio competitivo non solo per le imprese ma anche per la politica e i governi», spiega così Vittorio a Startupitalia il significato della sua ricerca.
Ecco qualche anticipazione del report (puoi scaricarlo qui) e qualche consiglio su come una startup può comunicare online in tempi di emergenza, offerti da Jacopo Paoletti, esperto di marketing e comunicazione, partner e advisor in Quarzio.
950mila ricerche mese sul topic Coronavirus
L’analisi di Seo Tester Online prende avvio dalle domande più frequenti che gli italiani si fanno online in tempi di emergenza, confrontandole a quelle di altri Paesi (Usa, Regno Unito, Francia, Spagna e Germania) in un lasso di tempo di circa 90 giorni, dal 24 dicembre al 22 marzo.
Come si evince dall’immagine estratta dal report, gli italiani hanno cercato informazioni svariate, dalle notizie per aggiornarsi (“coronavirus news” con oltre 12mila ricerche/mese), fino alla ricerca dei sintomi (100mila ricerche/mese) alle origini del virus (con le 25mila ricerche/mese di “coronavirus Cina”).
Significativo è poi il confronto con quello che è avvenuto in altri Paesi, come gli Stati Uniti: gli americani hanno cercato di capirci di più a partire da metà marzo, soprattutto utilizzando chiavi di ricerca come “coronavirus symptoms”, giunta fino a 450mila ricerche mensili.
Il report va in profondità nell’analizzare quali sono i trend delle ricerche in Italia negli ultimi 90 giorni. L’attenzione dei nostri connazionali si è spostata su argomenti come “OMS”, “Cassa Integrazione” e “spesa online”. Ma anche sui temi di solidarietà con le buone performance della key “Raccolta fondi Coronavirus”.
L’esplosione di “smart working” e il crollo del “travel”
Dalle ricerche online degli italiani in tempo di emergenza emergono i settori che stanno assumendo maggiore rilievo nella nostra vita, e quelli che sfortunatamente hanno subito un crollo nell’attenzione dei consumatori. Come è immaginabile, i settori “medical”, “smart working”, “Food Delivery”, “GDO”, hanno conosciuto un picco di interesse nella seconda metà di febbraio.
Per contro, è andato via via scemando il “travel”, dove abbiamo assistito al netto appiattimento delle ricerche sui motori di ricerca voli, soprattutto a seguito dell’emanazione dei decreti governativi, che hanno condotto la nazione verso una limitazione drastica degli spostamenti.
Paoletti: «Non solo ripensare la comunicazione, ma cambiare paradigma»
Jacopo Paoletti che partecipa in diverse startup in ambito digitale, offre il suo punto di vista sul ruolo che l’innovazione potrà avere nei prossimi mesi e su come la comunicazione di un brand debba evitare “personalismi e strumentalizzazioni”:
«Le startup progettano, creano, vendono e comunicano da sempre i loro prodotti e/o servizi in modo intrinsecamente innovativo. Pertanto, oggi si trovano in uno strano vantaggio competitivo verso la stragrande maggioranza dell’impresa tradizionale, che invece sta iniziando solo ora questo cambiamento, e che necessariamente dovrà passare per la digital transformation e l’open innovation: in entrambi i filoni le startup potranno essere centrali. Va detto però che i risultati del nostro report mostrano ancora un certo spaesamento su questi temi: c’è ancora tanto da lavorare, e questo sta a noi. Ma dobbiamo essere chiari: non si tratta solo di ripensare la comunicazione, ma proprio di cambiare paradigma, e questo non sempre sarà un processo facile e indolore, e dipenderà di volta in volta dalla dimensione e della velocità delle organizzazioni coinvolte».
Jacopo offre dei suggerimenti alle startup per non cadere sul “tema Coronavirus”, commettendo errori che potrebbero danneggiare il loro brand:
«Non voglio fare anch’io “nomi e cognomi”. Quello che mi sento di consigliare a tutti, ma proprio come principio generale (e forse banale), è di concentrarsi su ciò che la propria organizzazione sa fare bene realmente, e di metterlo a disposizione di questa emergenza nella chiave corretta, senza personalismi e inutili strumentalizzazioni: solo così è possibile essere davvero utili alla comunità e allo stesso tempo generare valore per la propria impresa sotto ogni aspetto e con un impatto di medio-lungo periodo. Tutte le forzature, soprattutto in queste circostanze, sono solo un inutile e pericoloso boomerang per tutti».
Chiediamo a Jacopo infine qual è un approccio “positivo” che le startup possono adottare in questa crisi:
«Come tutte le crisi dobbiamo dire anche che è e sarà un’opportunità per chi saprà coglierla: molto di ciò che si sta imparando ora resterà anche dopo, perciò in questa fase non dobbiamo essere attendisti, ma usare questo tempo (apparentemente dilatato) per accelerare questi processi di trasformazione digitale a ogni livello».