L’angel investing e il venture capital rappresentano tipicamente la risposta alla necessità di funding, ma il percorso di una tecnologia solida verso il mercato è difficile e quasi sempre in salita. A questo servono gli acceleratori, a mettere insieme network e competenze per catalizzare il potenziale della startup e accelerare il percorso verso il mercato.
Le aziende medie e grandi sono sempre più attente a intercettare startup di qualità attraverso gli acceleratori, perché spesso la tecnologia e l’innovazione conviene comprarla già bella e fatta invece di svilupparla in house e servono strutture indipendenti in grado di selezionare e accelerare le migliori startup. Questa è l’innovazione aperta, la open innovation delle aziende che domandano tecnologia e innovazione sviluppata dalle startup, per rispondere alle proprie esigenze di processo e di prodotto.
Le manifestazioni di questo approccio sono molteplici, dall’utilizzo della startup come fornitore, all’investimento diretto nel capitale, fino alla completa acquisizione. Le aziende tassate in Italia, che acquistano l’intero capitale di una startup e la tengono in portafoglio per almeno tre anni, ottengono una detrazione IRES pari al 50% dell’importo investito.
Il ciclo finanziario di una startup in 3 fasi
Il ciclo finanziario e commerciale di una startup può essere sintetizzato in tre fasi: a) sviluppo della tecnologia, b) commercializzazione e c) vendita dell’azienda. Ciascuna di queste fasi si porta dietro esigenze finanziarie che il bravo imprenditore deve anticipare e soddisfare prima che emergano, attraverso una serie a volte anche numerosa di round di investimento per importi e valutazioni crescenti, per finanziare lo sviluppo (importi crescenti) e minimizzare la diluizione delle proprie quote (valutazioni crescenti). I founder tipicamente passano metà del proprio tempo a cercar soldi e metà a cercare di vendere l’azienda, ma in momenti diversi nel tempo.
I protagonisti di questa serie sono gli attori della filiera del capitale (business angel, piattaforme di crowdfunding, venture capitalist), gli acceleratori e le aziende medie e grandi che fanno open innovation.
In Italia in molti provano a presidiare tutti gli anelli di questa catena, ma fanno gran fatica quando sono generalisti, perché è difficile avere contemporaneamente denaro da investire, capacità di accelerazione e connessioni solide e collaudate al mondo delle corporate in settori di attività che hanno bassa correlazione. Soprattutto, quando la complessità della tecnologia sviluppata dalle startup in portafoglio è elevata, è necessaria una forte competenza di dominio al pari di una società di consulenza specializzata.
I casi virtuosi
Digital Magics e L-Venture in Italia fanno un gran lavoro, si sono specializzate nel digitale e si sono quotate in Borsa; la prima vale quarantacinque milioni e la seconda venti, entrambe sotto il prezzo dell’IPO. Entrambe investono e aggregano investitori, sono ben connesse al mondo corporate e vantano grande capacità di accelerazione, ma nessuna delle due ha un’anima consulting, anche perché non è concretamente funzionale al percorso di accelerazione del tipo di startup in portafoglio.
Il trinomio investimento-consulenza-networking può funzionare bene quando l’attore è focalizzato su uno o più settori strettamente correlati di cui ha una esperienza profonda e pluriennale. Un caso interessante è nella digital health a Salerno, dove Healthware International ha chiuso un significativo round con Fondo Italiano di Investimento per potenziare l’attività di consulenza ai principali stakeholder del mondo della salute e lanciare startup che sviluppano terapie digitali, anche in partnership con le case farmaceutiche.
Gellify a Casalecchio sul Reno
A Bologna, per la precisione a Casalecchio di Reno, c’è un’azienda che mette assieme i soldi da investire, la competenza di dominio e le connessioni con le corporate, con un livello di execution in ciascuno di questi ambiti, che probabilmente non ha eguali nel nostro Paese. Si chiama Gellify ed è una “piattaforma di innovazione B2B” che investe, connette e accelera.
Gellify è stata fondata nel 2017 da tre imprenditori che avevano già fondato, sviluppato e venduto le loro startup, e avevano lavorato per anni in una multinazionale della consulenza con una specializzazione profonda in ambito big data e analytics.
I tre soci hanno messo insieme un team di quasi settanta professionisti, con la missione di servire le corporate nella realizzazione di programmi di open innovation e soprattutto di accelerare la crescita delle startup che sviluppano software per applicazioni industriali (B2B).
Le startup target di Gellify hanno un team forte e un potenziale interessante in termini di tecnologia e innovazione e tipicamente hanno bisogno di soldi, processo e clienti.
I soldi arrivano da Gellify Digital Investments (GDI) che ha una propria dotazione e occasionalmente coinveste con i principali fondi di venture capital italiani. Il processo si struttura attraverso la “Gellificazione”, un percorso brevettato che potenzia la struttura organizzativa e il processo operativo; Gellify Air è infine la divisione che realizza programmi di open innovation per le principali corporate italiane e straniere, garantendo l’accesso a potenziali clienti, direttamente e attraverso i propri partner, ai quali una piccola startup difficilmente potrebbe affacciarsi.
La forza della gellificazione è tale che spesso capita che siano proprio le corporate interessate alla tecnologia della startup a sollecitare l’intervento di Gellify per minimizzare i rischi di execution della commessa da parte di una startup che non ha una solida esperienza di mercato.
In 18 mesi 10 milioni investiti
In soli diciotto mesi Gellify ha investito 10 milioni in quasi venti startup principalmente nel software B2B, nel fintech e nel foodtech, con un fatturato aggregato che supera i trenta milioni di euro, costruendo di fatto uno fra i maggiori e più interessanti portafogli di potenziali tech stars italiane. Fra queste, per citarne solo alcune, CyberDyne che ha sviluppato Kimeme, software di ottimizzazione basato su algoritmi evolutivi di intelligenza artificiale; TechMass che ha sviluppato una piattaforma “plug and play” per misurare in modo efficace le performance delle macchine, ed Enerbrain che ha sviluppato e brevettato un sistema di regolazione dinamica degli impianti HVAC (riscaldamento, raffrescamento e ventilazione).
All’orizzonte per Gellify ci sono già le prime exit che dovrebbero arrivare prima dell’estate a multipli interessanti, condizione non comune nel mondo delle startup dopo soli diciotto mesi dall’avvio.
La nascita di Phygital Hub
Il 12 aprile a Casalecchio il CEO Fabio Nalucci ha tagliato il nastro del Phygital Hub, una sede fisica per facilitare la connessione fra le startup digitali, i partner e le corporate. Non è un coworking, né un incubatore, ma un luogo di incontro, uno spazio fisico di 250 m², dove toccare con mano tecnologie e casi d’uso innovativi relativi all’industria 4.0.
“Il Phygital HUB sarà il cuore pulsante delle iniziative phygital di GELLIFY per guidare le aziende all’applicazione di soluzioni innovative provenienti da grandi corporate e piccole startup”, dice Lucia Chierchia, responsabile Industry 4.0 di Gellify. “Il Phygital HUB aggiunge una componente fisica alla piattaforma di innovazione GELLIFY”, sono le parole di Andrea Landini che sta sviluppando la community di Gellify facendo leva sul Phygital Hub e sull’app Explore scaricabile dagli store.
All’inaugurazione sono intervenuti Marco Morchio, Accenture Strategy Lead per l’Italia (“Il nostro obiettivo, come Accenture, è quello di supportare in maniera concreta la collaborazione tra aziende consolidate e la collaborazione con le startup”), Beatrice Maestri di Electrolux, Enrico Mercadante di Cisco, Giuseppe Colombina di Comau, Pietro Leo di IBM, Andrea Cardillo di Microsoft, Salvatore Finatti di Sony, Marco Bubani di VEM, Paul Lethbridge di Ansys, Andrea Gozzi di Mindsphere, Alessio De Gaetano di Univet.
Per Italia Startup c’era Federico Barilli, Francesco Inguscio di Nuvolab in rappresentanza del mondo degli acceleratori e Mauro Odorico di Vertis che ha investito con Gellify in CyberDyne.