I due Paesi, spinti dalla paura dell’avanzata dei partiti sovranisti ed eurofobici, sono arroccati su due posizioni antitetiche, entrambe irrealizzabili. In più, rischiano di favorire Francia e Germania
Torneranno a riunirsi oggi, alle 17, i 19 ministri delle Finanze della zona Euro. Dopo il vertice fiume (ben 16 ore) di ieri, si prova infine a trovare una risposta comune all’emergenza pandemica e al modo in cui l’Unione europea affronterà la ricostruzione. Sul tavolo dell’Eurogruppo i soliti due dossier: covidbond da un lato, MES dall’altro. L’orario serale non è casuale: si vuole dare agli sherpa tutto il tempo disponibile di arrivare a un documento condivisibile, ma soprattutto si cerca di evitare altre frizioni a Borse aperte. L’ultima fumata nera ieri ha tinto di rosso le principali piazze del Vecchio continente: Piazza Affari ha terminato le contrattazioni a -0,18% e spread in area 200 punti, Madrid ha perso 1 punto pieno, Francoforte lo 0,23% mentre Parigi ha chiuso sul filo di lana.
Perché sono Italia e Olanda a bloccare tutto
Ma per trovare una soluzione occorrerà far ragionare Roma e Amsterdam. L’Italia chiede ostinatamente l’emissione di obbligazioni comunitarie. Non si tratta né di una proposta costruttiva, né ragionata. È più un contentino per non spaccare la fragile maggioranza giallorossa. Il Movimento 5 Stelle infatti, lo sappiamo fin troppo bene, è pregiudizialmente contrario all’uso del Fondo salva Stati, anche nella sua versione a condizioni attenuate. Il timore dei pentastellati è che l’argomento venga cavalcato in chiave elettorale dai partiti sovranisti, Lega e Fratelli d’Italia.
Ma, appunto, la proposta che il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, è stato obbligato a portare all’Eurogruppo, non è costruttiva. Di più: non ha senso. L’introduzione degli Eurobond richiederebbe la modifica dei Trattati costitutivi dell’Ue e, a cascata, la ratifica dei parlamenti dei singoli Paesi membri. La Germania dovrebbe persino operare una modifica alla propria Costituzione federale, che detta precise regole sul debito. Il covidbond non può essere la risposta celere che l’Italia chiede all’Europa. È palese.
L’eurodeputata della Lega, Silvia Sardone
E non può essere preso sul serio un governo che si nasconde dietro lo “slogan” (sì, potrebbe avere ragione Ursula von der Leyen) degli eurobond solo perché è incalzato da una opposizione che fa discorsi di questo genere: «Il nostro piano è chiaro: vogliamo poter spendere i nostri soldi senza vincoli, parametri, zero virgola, diktat e imposizioni» (si legga in merito l’intervista di Alessandro Di Stefano all’eurodeputata leghista Silvia Sardone pubblicata su StartupItalia).
© Wopke Hoekstra, Twitter
Che si usino MES o eurobond, sempre soldi in prestito sono. Dunque andranno restituiti. Difficile cavillare troppo sulle condizioni, che di norma le detta chi i soldi li presta, non chi li riceve. Peraltro, il MES è in parte finanziato dagli Stati membri ma in larga parte dai privati, che acquistano bond. I covidbond pescherebbero finanziamenti direttamente dai privati, a prezzi di mercato. La soluzione insomma non varia troppo in ogni caso. Cambia ovviamente la ripartizione del debito: solo sulle spalle dello Stato che accede al MES nel primo caso, spalmato sui 27 (o più probabilmente sui 19 dell’area euro) nel secondo.
Ancora ieri, il presidente del Consiglio, Conte, in una intervista a Bild Tv, ha dichiarato: «Abbiamo bisogno degli eurobond per non far perdere competitività a tutta l’Europa, servono strumenti finanziari nuovi per fronteggiare questa crisi». E poi ha aggiunto: «Chiedo un ammorbidimento delle regole di bilancio. Altrimenti dobbiamo fare senza l’Europa e ognuno fa per sé». Ma il suo ricatto è scarsamente credibile, perché il decreto imprese ha appena messo sul piatto 400 miliardi virtuali a titolo di garanzia che lo Stato non ha. Il decreto aprile dovrebbe avere una portata – pare – di 60 miliardi finanziati per buona parte a deficit. Il costo del Cura Italia tra tutto dovrebbe aggirarsi tra i 35 e i 37 miliardi. Il nostro debito pubblico sta esplodendo, il nostro Pil sta precipitando. L’Italia non può fare da sé. Salvo che non riprenda a stampare anche moneta in proprio, unendo così alla peggior crisi sanitaria dell’età moderna pure una crisi economica senza precedenti. Questo non è più il momento delle sparate, ma delle riflessioni serie.
Lunare anche la proposta olandese
Sul fronte opposto l’Olanda. Tanto è ottusa la presa di posizione italiana quanto è insensata la richiesta dell’Aia di usare il MES con le regole di sempre, quelle che “affamarono la Grecia”. Ecco, prima di proseguire, sarebbe meglio precisare una cosa. Che il MES abbia distrutto l’economia ellenica lo sostiene la vulgata italiana: il Meccanismo europeo di stabilità è entrato in funzione dopo, ad Atene i soldi arrivarono soprattutto dall’EFSF, mentre il MES finora ha erogato oltre 60 miliardi di prestiti alla Grecia, più di 40 alla Spagna e 6 a Cipro, senza drammi o spargimenti di sangue.
Wopke Hoekstra
Questo non rende comunque sensata la proposta propugnata dall’Aia. Anche se non è del tutto vero, come dice il presidente del Consiglio, Conte, che la crisi è simmetrica (la sorte ci ha messo lo zampino e ha fatto sì che a essere maggiormente colpiti siano anche i Paesi più indebitati), è fuori di discussione che il MES è stato previsto per commissariare quei governi che non hanno saputo gestire le risorse a disposizione, eccedendo col debito pubblico. L’Italia, da circa 10 anni, è ampiamente all’interno dei rigorosi limiti di Maastricht e fa annualmente leggi di Bilancio che vengono passate ai raggi X da Bruxelles. Non le si può certo imputare lo sforamento deficit – Pil per simili accadimenti eccezionali. C’è infine un limite oggettivo che rende dubbia l’efficacia del Fondo salva Stati: la possibilità di ricevere solo fino al 2% del prodotto interno lordo che, per l’Italia, sarebbe appena 35-36 miliardi di euro. L’equivalente insomma del Cura Italia o poco più. Con quali fondi copriremmo le altre spese per la ripartenza?
Due governi ostaggi dei sovranisti
L’aspetto curioso è che se Roma si è arroccata sotto il vessillo degli eurobond per la paura dei sovranisti, Amsterdam o l’Aia (se si vuole prendere come riferimento il centro amministrativo del Paese nordico) sventola la bandiera del MES “duro e puro”, per il medesimo motivo.
Wopke Hoekstra e Roberto Gualtieri
Insomma, in Italia chi vuole fuggire dall’Unione europea dice che i Paesi del Nord ci affamano; in Olanda gli eurofobici sostengono che i Paesi del Sud li dissanguano. Entrambi i governi, politicamente deboli (conosciamo bene la genesi travagliata dell’esecutivo Conte bis, quello di Mark Rutte è sorretto da quattro partiti e il ministro delle Finanze, l’impronunciabile Wopke Hoekstra, proviene da uno dei soci di minoranza, eppure sembra tenere in scacco l’intero esecutivo), sono ostaggio delle proprie beghe interne.
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I ministri delle Finanze Olaf Scholz, Bruno Le Maire e Wopke Hoekstra
Per capire che tipo sia Hoekstra, ricordiamo che qualche settimana fa voleva una commissione interna per fare luce sui motivi che hanno portato i Paesi del Sud a non avere i soldi per affrontare la pandemia del Coronavirus. Hoekstra, però, finge di dimenticare che l’Olanda solo apparentemente campa vendendo tulipani: dietro c’è un meccanismo fiscale corsaro, spregiudicato, ai limiti del lecito che ha fatto sì che quella nazione economicamente periferica diventasse il paradiso fiscale dell’Eurozona. Insomma, facile dare lezioni di economia domestica quando si è i primi a non rispettare le regole.
Stiamo lasciando l’Ue in mani franco-tedesche
Chi oggi si scaglia contro il primato francotedesco nell’Ue e si straccia le vesti di fronte al decisionismo di Parigi e Berlino faccia prima un bagno di realtà. Se l’Unione europea è un condominio litigioso che non riesce a prendere le decisioni per via collegiale, è normale che, prima o poi, qualcuno prenda la parola e decida per tutti. E quel qualcuno, per essere ascoltato, deve avere una voce stentorea.
© Nadia Calviño, ministro spagnolo – profilo Twitte…
Deve, insomma, essere la prima economia del Club europeo. Ieri pomeriggio il ministro francese dell’Economia, Bruno Le Maire, ha detto che un fallimento dell’Eurogruppo “è impensabile”. In mattinata l’omologo tedesco, Olaf Scholz, aveva twittato: “In questa ora difficile Europa devi stare unita. Insieme a Bruno Le Maire, chiedo pertanto a tutti i Paesi dell’euro di non rifiutare di risolvere queste difficili questioni finanziarie e di consentire un buon compromesso, per tutti i cittadini”.
Roma può tirare fuori dal pantano l’Eurogruppo
Insomma, il piano francese del fondo comune da finanziare anche con obbligazioni comuni, una soluzione mediana, è stato accolto favorevolmente dalla Germania. L’Italia può decidere se accodarsi, sapendo però che la proposta formulata da Parigi è stata pensata dall’Eliseo per favorire – ovviamente – la Francia, oppure può proporre qualcosa di diverso, di più congeniale a Roma, che superi lo “slogan” dei covidbond smettendo così di provocare l’Olanda. Continuare a puntare i piedi su qualcosa che, allo stato attuale, non è realizzabile non ha senso. E consegna ancora una volta la leadership al duopolio franco-tedesco.
© Fonte: profilo Twitter Giuseppe Conte
La possibilità di essere ammessi nella stanza dei bottoni è ancora presente. Ieri fonti dell’Eliseo hanno lasciato trapelare la frustrazione di Parigi per la posizione olandese, definita “controproducente, incomprensibile e non più tollerabile”. Anche la Germania non approva l’ostinazione di Hoekstra, che non sa dove voglia arrivare, fino a che punto sia disposto a spingersi. Potremmo dunque dimostrarci più ragionevoli dell’Aia e, meglio sottolinearlo ancora, costruttivi. Siamo tra i Paesi fondatori dell’Unione europea: facciamo in modo di essere anche tra quelli che la ricostruiranno.