Settanta iscritti, 14 finalisti, una settimana di formazione e 4 vincitrici. Questi 8 mesi di GrandPrix FinTech sono stati questo e molto di più: uno sguardo su un settore, quello delle giovani imprese nell’ambito tecnologico-finanziario, che negli ultimi 3 anni ha rastrellato 20 milioni di euro, 7,15 milioni dei quali nel 2014, e si candida a esplodere nei prossimi. Roberto Ferrari, direttore generale di CheBanca!, fa un bilancio dell’esperienza e annuncia l’intenzione di creare una community FinTech in Italia.
Il GrandPrix FinTech si è concluso dopo un percorso durato 8 mesi (scopri qui le 4 startup vincitrici). Un bilancio?
“È stato un evento con grande partecipazione, con oltre 70 partecipanti, alta qualità delle proposte e con molta energia. L’aspetto più importante è la trasversalità. Abbiamo visto startup impegnate nei diversi settori del FinTech, dal credito ai mobile payment, dalla moneta virtuale ai sistemi di scoring, dall’advisory digitale a sistemi di crittografia, antifrode ecc. Di diversa maturità e provenienza degli startupper, da giovani universitari a startupper seriali a imprenditori con nuove idee… Di tutto davvero. Il fattore comune la passione, l’energia, e la voglia di provarci portando prospettive e possibili soluzioni al mercato innovative e diverse. Un valore aggiunto importante per il settore”.
Adesso cosa succede?
“Vogliamo avere un ruolo di catalizzatore, di punto di riferimento principale per tutte le FinTech italiane, anche per quelle che verranno o che non hanno partecipato al GrandPrix. Vogliamo quindi rafforzare la community delle FinTech, per far crescere l’intero sistema. Come azienda, inoltre, stiamo già lavorando con due FinTech e stiamo parlando con almeno altre 4-5 realtà per possibili collaborazioni. Sono assolutamente convinto che l’innovazione, la ricerca e sviluppo nel mondo finanziario dovranno attingere in futuro fortemente dalle start up FinTech e noi come ex startup vogliamo guidare e cogliere tutte le opportunità che verranno. Se ci pensa un attimo noi stessi siamo una Fintech”.
Come giudica la scena FinTech italiana?
“Il settore in Italia sta crescendo, ci sono già circa 150 realtà nate negli ultimi anni. e il livello di investimenti seed sta finalmente aumentando. L’Italia ha grande energia e forza imprenditoriale, ma fatica a fare davvero sistema. Il FinTech non fa eccezione. Il potenziale è ottimo, anche di avere delle FinTech che possano espandersi all’estero o anche attrarre capitali esteri pur stando in Italia, perchè le idee ci sono e l’energia non manca. Come detto il Fintech in Italia copre davvero tutte le aree di business ed è innovativo”.
Su cosa bisogna ancora lavorare?
“Bisogna rafforzare il sistema degli incubatori che comunque inizia ad avere alcuni casi di eccellenza, collegandolo e integrandolo più strettamente al business, ai player di mercato, è il business che si deve avvicinare, il sistema deve aprirsi. In più bisogna far accrescere visibilità anche all’estero del FinTech italiano, e qui, sarà banale ma vado ai basics, serve l’inglese innanzitutto se si vogliono attrarre capitali esteri visto che quelli italiani non sono molti. Altro punto le startup FinTech devono parlare tra loro, creare una community. L’abbiamo visto al GrandPrix, appena ci siamo seduti con loro al bootcamp per analizzare le proposte eabbiamo subito intuito le possibili sinergie tra startup sedute una affianco all’altra. Su questo come CheBanca!, anche attraverso StartupItalia! e l’iniziativa SmartMoney, vogliamo lavorarci, creando un ambiente virtuale e non solo di scambio e conoscenza, una vera community”.
Cosa consiglia alle startup? Su quale ambito bisogna concentrarsi?
“I campi sono diversi. C’e’ davvero in atto una forte digital disruption nel settore finanziario. Il digital abbatte le barriere, provoca la frammentazione del business in soluzioni verticali e permette l’ingresso di nuovi entranti anche piccoli. Sicuramente ci sarà alta domanda di startup capaci di produrre soluzioni mobile, di lavorare sui big data, sulla sicurezza, sulle transazioni real time, sull’uso in futuro della biometrica, sul mondo investimenti previdenziali, sulle SME. In generale il banking italiano presenta diversi punti attaccabili o, se, vogliamo dirla in positivo, di potenziale grande miglioramento. Le banche dovranno scegliere cosa fare. C’è secondo me molto spazio sia per nuovi entranti rivolti al cliente finale e sia per chi anche vuole porsi come fornitore di soluzioni e piattaforme innovative per le istituzioni finanziarie”.