L’associazione di categoria chiede al Congresso l’autorizzazione per discutere un contratto unico. Così da strappare condizioni migliori ai giganti della Rete
News Media Alliance, associazione che riunisce oltre 2.000 testate nordamericane, ha chiesto al Congresso degli Stati Uniti una deroga alla legge antitrust per poter costituire una delegazione autorizzata a negoziare per conto di tutti i propri membri un accordo con Facebook e Google: un accordo che garantisca una spartizione più equa degli introiti generati dall’advertising. Se il Congresso dovesse accondiscendere alla richiesta, gli editori potrebbero fare fronte comune e sperare di ottenere così condizioni migliori di quelle che potrebbero ottenere in centinaia di contrattazioni separate.
La posizione dei giornali
Le argomentazioni principali addotte dagli editori sono la qualità delle notizie e la libertà di stampa: in un commento pubblicato sul Wall Street Journal, il presidente di News Media Alliance David Chavern pone l’accento sul fatto che né Facebook né Google “danno lavoro a reporter: non scavano in cerca della corruzione, non mandano corrispondenti nelle zone di guerra, non seguono le partite per raccontarle ai tifosi”. Secondo Chavern, Google e Facebook “si aspettano che la già provata economicamente industria del giornalismo faccia tutto il lavoro costoso per loro”.
La tesi sostenuta dal News Media Alliance è che i due giganti Google e Facebook, che assieme controllano il 70 per cento del mercato dell’advertising online negli Stati Uniti (un giro d’affari da oltre 73 miliardi di dollari), di fatto operino seguendo la strategia del divide et impera: nessun quotidiano, testata o magazine ha il potere da solo di negoziare condizioni vantaggiose per trarre guadagni ragionevoli dalla distribuzione delle proprie notizie sui social e altrove in Rete, e così facendo si instaura un circolo vizioso nel quale le risorse economiche a disposizione per il giornalismo calano progressivamente.
Le regole che impediscono ai giornali di fare squadra per contrattare, inoltre, andrebbero a detrimento della qualità e della pluralità: “Queste regole hanno reso le notizie una commodity e dato spazio alle fake news, che spesso si fa fatica a distinguere dalle vere news” dice il comunicato News Media Alliance che commenta la richiesta fatta al Congresso. Un tema che è caldo dall’altra parte dell’Atlantico, sin dall’inizio della campagna presidenziale di Donald Trump, ma che anche in Europa ha fatto molto discutere soprattutto in Francia e Germania.
La risposta di Google e Facebook
Da parte loro, entrambe le aziende tirate in ballo hanno risposto alle richieste di News Media Alliance: “Vogliamo aiutare gli editori ad avere successo nella loro transizione al digitale. Negli ultimi anni abbiamo creato numerosi prodotti e tecnologie, sviluppate appositamente per aiutare a distribuire, finanziare e sostenere i giornali. Questa è una priorità e rimaniamo profondamente impegnati ad aiutare gli editori nell’affrontare loro sfide come nel cogliere le opportunità” recita la dichiarazione di rito di un portavoce di Mountain View.
Sulla questione dei rapporti tra editori e web-company si è scritto e detto tanto. Google negli anni ha anche attivato un fondo denominato Google Digital News Iniative, che premia annualmente progetti innovativi nel campo dell’editoria e che ha appena assegnato la terza tornata di finanziamenti (l’Italia è il primo paese beneficiario per quanto attiene la dimensione media delle iniziative premiate).
CNBC è riuscita ad ottenere anche la dichiarazione di Campbell Brown, che per Facebook cura le parternship editoriali: “Siamo impegnati a sostenere il giornalismo di qualità su Facebook. Stiamo facendo progressi grazie al nostro lavoro con gli editori ma abbiamo ancora molto da fare”.