Roberta Russo, responsabile dei servizi di trasformazione digitale in HPE, dal 2014 ne organizza 7 l’anno nella sua sede di Cernusco sul Naviglio, a due passi da Milano dove sono passati ormai più di 2.000 bambini spaziando tra scratch e makey makey
Da qualche anno si sente parlare sempre più di frequente di coding e dell’importanza di far avvicinare anche i bambini della scuola primaria a questa disciplina.
La realtà è però ben diversa con una difficoltà pazzesca delle scuole ad attrezzarsi che per una volta è in linea sia che si tratti di scuole pubbliche che private.
Spesso quando ne parlo mi sento dire “Ma sono troppo piccoli“. Credo che non ci sia niente di più sbagliato che dargli in mano telefoni e tablet da 1.000 Euro ma poi non insegnargli ad usarli, a governarli e a fornirgli le basi per il loro futuro. Così come per imparare l’inglese o a nuotare è importante familiarizzare fin da piccoli (da molto piccoli, da piccolissimi) non vedo perché non farlo con il pensiero computazionale.
Lo scopo di insegnare il coding non è formare i programmatori di domani, ma allenare i bambini a sviluppare la creatività e la capacità di risolvere i problemi grazie alla logica.
Partiamo dall’inizio: che cos’è il coding?
Con “coding” si intende, in maniera informale, la programmazione informatica. Letteralmente starebbe per “scrivere codice” ma nessun programmatore lo usa per definire cosa fa quotidianamente, preferendo parlare di programmazione.
Così, mentre in Europa nasceva la Europe Code Week, la settimana europea dedicata alla programmazione, in America il Presidente Barack Obama invitava i cittadini a dedicare un’ora della prima settimana di dicembre all’apprendimento dell’informatica durante la Hour of Code.
Ma cosa possono imparare i più piccoli da questa materia, nel concreto?
Alla base di tutte queste iniziative ci sono due diverse prospettive: da un lato una riflessione sul futuro, ovvero la sempre maggiore richiesta di persone in grado di programmare un computer dal mercato del lavoro, ma soprattutto l’idea, che imparare a programmare sviluppi il cosiddetto pensiero computazionale, ovvero un serie di capacità di problem-solving che farebbero bene a tutti i cittadini.
Che cos’è il pensiero computazionale?
Secondo Enrico Nardelli, uno dei massimi esperti italiani sul tema è “l’insieme dei processi mentali usati per modellare una situazione e specificare i modi mediante i quali un agente elaboratore di informazioni può operare in modo effettivo all’interno della situazione stessa per raggiungere uno o più obiettivi forniti dall’esterno”.
Per semplificarlo credo sia più semplice capire che si basa su tre dimensioni:
- conoscere alcuni concetti computazionali, come sequenza, cicli, eventi, condizioni, parallelismo, operatori e dati
- essere in grado di utilizzare questi concetti attraverso delle pratiche, come sperimentare e iterare, testare e debuggare, riutilizzare e remixare, astrarre e modularizzare
- sviluppare nuove prospettive su sé stessi, gli altri e il mondo, percependosi come creatori in grado di esprimere le proprie idee e di collaborare con gli altri per sviluppare domande e trovare risposte al funzionamento del mondo.
Perché è utile imparare fin da piccoli?
Per garantire un futuro lavoro ai vostri figli? Sarebbe come pensare che visto che in prima elementare hanno imparato la grammatica diventeranno scrittori. Secondo Mitch Resnick, leggendario fondatore del Lifelong Kindergarten del MIT di Boston e di scratch, “imparare a programmare apre nuove opportunità per imparare altre cose.” Esattamente come imparando l’italiano siamo in grado di leggere e scrivere, imparando a programmare possiamo costruire programmi per esprimere le nostre idee o le cose che abbiamo scoperto sul mondo.
Era lo stesso concetto di Seymour Papert: – l’importanza fondamentale di “imparare a imparare” – con cui portò l’informatica nelle scuole primarie già alla fine degli anni ‘60 creando il linguaggio di programmazione LOGO, e che sosteneva che nessuno può insegnarci tutto quello che c’è da sapere nella vita, ognuno di noi deve diventare il timoniere del proprio apprendimento.
A cosa serve il coding per i bambini?
Il valore non sta solamente nella creazione di nuove competenza ma nell’esperienza stessa, nel vedere dei role model e delle buone pratiche: scoprire che una soluzione è difficilmente perfetta al primo colpo, imparare che sbagliare non è la fine del mondo, anzi, permette di migliorare il proprio lavoro, conoscere che non si lavora mai da soli, e che le relazioni con gli altri sono fondamentali.
Ma nel concreto? Coderdojo
Coderdojo è una delle modalità che preferisco perchè parte da un approccio creativo basato su projects, passion, peers e play, le cosiddete 4P. Invece di risolvere quiz o sfide predefinite, i bambini vengono invitati a esplorare liberamente le possibilità offerte dall’ambiente di programmazione per immaginare un loro progetto da realizzare. Qualcosa che stia loro a cuore e li appassioni, che stimoli i loro interessi e la loro curiosità.
Nel farlo si possono confrontare con i loro compagni, anzi vengono invitati a farlo mostrando cosa hanno fatto, per poter essere ispirati dai progetti degli altri o addirittura per usarli all’interno dei loro progetti. Sempre più spesso diventano loro stessi formatori dei più piccoli o, come li chiamano in Coderdojo: ninja.
Il tutto in un ambiente giocoso, che non va confuso con qualcosa di semplice o banale ma un gioco dove si impara “facendo” con impegno e passione, senza la paura di qualcosa di nuovo, di sperimentare e con la tranquillità di fare errori, come si è tranquilli quando si sbaglia un goal giocando a calcio in cortile. Un approccio che ci tornerà utile anche nel futuro mondo del lavoro 🙂
Roberta Russo, responsabile dei servizi di trasformazione digitale in HPE, dal 2014 ne organizza 7 l’anno nella sua sede di Cernusco sul Naviglio, a due passi da Milano dove sono passati ormai più di 2.000 bambini spaziando tra scratch e makey makey insieme a 15 mentor, dipendenti della HPE guidata da Stefano Venturi , dedicano la loro domenica mattina gratuitamente a questo tema mentre si pensa anche ai genitori che in parallelo possono seguire i seminari Safe2web coordinati da Giampiero Reppucci .
E voi, che app usate o che libri state usando con i vostri bambini?