Qualche giorno fa stavo leggendo il libro di Guy Kawasaki — ok, ammetto, il riassunto del libro su Blinkist, ma non che la sostanza ahimé cambi — e mi sono innamorato di questi cinque no. Poi Guy parte per la tangente verso l’enchantment e la visione olistica da millemila metri sopra il cielo e tanti cuoricini.
In today’s world, the best way to get people to sign on to your cause is not through persuasion or mere marketing, but through enchantment. It’s about telling the entrepreneur’s dream and getting people to follow. Today’s technology makes it easy to convert others to your values and make your cause their own.
Ok: Guy vaga beato nello spazio dei guru. Nel frattempo io esploravo il sito dell’autore dei cinque no, tale Ziglar, che pare essere piuttosto popolare, due milioni di fan su Facebook e un luminare della vendita. Il sito merita una visita, quanto meno per la quantità di smalto dentario e capelli impomatati in bella evidenza. Quindi ho pensato di mettere a fuoco i loro corrispettivi, ma riferiti all’e-commerce in particolare e il digital in generale (la cosa buffa è che io sono il peggior venditore nel mondo fisico che io conosca).
No need
È il problema più arduo. Se non c’è bisogno, in teoria, non c’è scambio economico possibile. Eppure. Anche nell’e-commerce il bisogno può esserci, ma nascosto. Ci sono store pieni di cose di cui scientemente non sentiremmo il bisogno. Ma quando siamo lì, davanti a calzini con carattere helvetica, o alla tazza con led che si accende solo quando il caffè è caldo, ecco, il bisogno — come dire — ce lo facciamo venire. Gli store che vendono cose di cui nessuno ha bisogno puntano a farti rimanere sul sito finché non sbatti contro qualcosa che senti di non potere non avere. Ogni prodotto non ha solo quindi una funzione di vendita, ma anche la funzione di divertirti, e di farti quindi continuare a scrollare o sfogliare.
No money
Non è niente male come ostacolo, a prima vista. Tuttavia, penso che sia anche quello che incide meno, se non abbiamo sbagliato posizionamento. Nessuno non ha assolutamente soldi, o quasi. Un po’ come il tempo, non è questione di non averlo quasi sempre, è questione di priorità. Quali sono le priorità della mia buyer persona? Quindi, basta capire a chi sto vendendo. E soprattutto a chi NON sto vendendo. Nel business to business, il trucco noto è evidenziare che no, non è un costo, è un maggiore ricavo, futuro ma molto più grande!
No hurry
È abbastanza correlato a no need, ovviamente, ma non del tutto sovrapposto. Nell’e-commerce, avendo il cliente tutto il tempo del mondo per acquistare, in quanto non a spasso con il partner o l’amico esausto, il no hurry è un nemico giurato. Come fare per mettere fretta? Be’, andiamo su Booking e impariamo. Che ansia, tutti che guardano proprio ora il mio hotel. Lo sconto che scade domani. Il prodotto che si sta per esaurire. Ci penso un attimo… no, dai, compro ora.
No desire
Cosa ci fa desiderare le cose che non abbiamo? L’utilità funzionale è ormai minoranza. Fattori psicologici sono molto più forti. E quindi, emulazione di amici, di star, di influencer, di vicini di casa: chi sono io per non? Via con l’enunciazione di vantaggi in termini di autostima, non di features dell’oggetto. Imparare dalle televendite. Online ho visto cose che voi umani, con fashion blogger, per esempio.
No trust
A forza di citare il social proof, mi sono venuto a noia da solo. Le prove che altri hanno comprato, sono stati soddisfatti, hanno condiviso, indossato, instagrammato, twittato fanno testo. La reputazione accelera la vendita: quello che c’è in giro in Internet influisce su quante volte ci penseranno sopra i visitatori prima di comprare, e quindi sul vostro conversion rate. L’e-commerce, alla fine, è soprattutto questione di fiducia o meno.
Articolo pubblicato originariamente su Minimarketing. Segui Gianluca Diegoli su Twitter.