Lo psicologo scandinavo Samuel West ha messo assieme alcuni dei più grandi fallimenti commerciali e li ha riuniti in un museo. Alcuni erano delle buone idee, arrivate forse troppo presto, ma che hanno gettato le basi per quello che sarebbe arrivato dopo
“Il fallimento è necessario per l’innovazione”. È questo il motto del Museum of Failure, pronto ad aprire i battenti ad Helsingborg, in Svezia. L’idea è dello psicologo scandinavo Samuel West. E, non a caso, al suo interno saranno esposti alcuni dei più grandi flop commerciali degli ultimi 40 anni, da Sony Betamax al Nokia N’Gage. Alcuni dei veri e propri fallimenti, altre delle buone idee, arrivate forse troppo presto, ma che hanno gettato le basi per quello che sarebbe arrivato dopo. Dunque è corretto pensare che anche da un insuccesso possa arrivare il cambiamento? Secondo West sì, senza ombra di dubbio.
Anche i grandi sbagliano: il caso Apple
L’ex ceo di Google Eric Schmidt, commentando nel 2013 il fallimento di progetti come Google Reader, disse: «Celebriamo i nostri fallimenti». E sarebbe sufficiente dare un’occhiata in casa di uno di questi colossi tech per capire quanto anche una pesante caduta possa aiutare a stimolare l’innovazione. Imparare dai propri errori è la chiave per realizzare prodotti di successo. Pensiamo ad Apple. Nella storia dell’azienda di Cupertino i passi falsi sono stati molti. Il Museo del Fallimento di West ad esempio, ospiterà l’Apple Newton, il primo palmare prodotto da Apple nel 1993. Nel bene o nel male, un prodotto rivoluzionario per l’epoca e, in un certo senso, il “nonno” di iPhone e iPad. Ma, di sicuro, un fallimento totale.
…e la Macintosh Tv?
Apple aveva anticipato troppo i tempi? Probabilmente. Più o meno come nel caso della Macintosh Tv, un nome che evoca immediatamente il parallelo con la più recente Apple Tv. Un’ottima idea di certo, se non fosse che il dispositivo fu lanciato nel 1993. Un’invenzione che ormai fa parte della nostra vita, ma che difficilmente poteva essere capita (e sfruttata a pieno) dal grande pubblico. Ultimo ed emblematico esempio (di una lunga serie): il primo Macintosh portatile, semplicemente Macintosh Portable. Lanciato nel 1989, a dispetto del nome pesava oltre sette chilogrammi. Uno dei principali motivi che ne decretarono il flop. Ma Apple, convinta dell’imminente esplosione del mercato dei portatili, riuscì ad imparare dai suoi errori. In seguito, puntò su un design più slim, sacrificando la durata della batteria. E presto arrivò il successo con il PowerBook 100, precursore degli attuali Macbook.
Sbagliando si arriva al successo
Del resto, nel 1985 anche il New York Times dubitava dell’utilità dei computer portatili: con una batteria dalla durata limitata a fronte di un peso e un costo importante, era difficile immaginare il loro boom. Ma l’avanzamento tecnologico ha consentito la nascita di laptop sempre più leggeri, resistenti e facili da usare. E la storia è (nuovamente) cambiata.
Collapsed e le startup che non ce l’hanno fatta
Una lezione importante per chi vuole fare innovazione. Il successo di un progetto può passare anche dallo studio degli errori. I propri, certo. Ma anche quelli degli altri. Lo sa bene Aaron Kazah, giovane programmatore londinese che ha lanciato Collapsed, la piattaforma partecipativa che racconta le storie delle startup che non ce l’hanno fatta. Aiutando a scoprire le insidie, gli sbagli da non commettere, le precauzioni da prendere. Si stima infatti che, nei primi tre anni di vita, ben otto startup su dieci si perdano per strada. Tra le principali cause di fallimento c’è l’incapacità di reggere la competizione (14%), l’assenza di un modello di business sostenibile (11%) e l’inadeguatezza del prodotto (9%). Insomma, nel caso abbiate in mente di lanciare la vostra startup, forse è il caso di farsi un giro su Collapsed. E se vi dovesse capitare di trovarvi in Svezia, per lavoro o vacanza, ritagliatevi un paio d’ore di tempo. Il Museo del Fallimento aprirà il 7 giugno.