La procura sudcoreana ha chiesto l’arresto di Jay Y. Lee, vice presidente di Samsung e leader di fatto dell’azienda. Lo scandalo potrebbe avere ripercussioni su tutta l’economia del Paese
Se il capo della più potente azienda della nazione viene arrestato per corruzione nei confronti del governo, la crisi che si apre non è solo politica, ma anche economica. Se l’azienda in questione è Samsung, gli effetti potrebbero uscire anche fuori dai confini nazionali. La procura sudcoreana ha chiesto l’arresto di Jay Y. Lee, 48 anni, vice presidente di Samsung, ma di fatto leader designato dell’azienda, in quanto figlio del presidente Kun-hee Lee che dal 2014 ha fatto un passo indietro in azienda per problemi di salute.
Le accuse
L’accusa per il leader del gigante tech è di essere coinvolto in un giro di tangenti collegato all’impeachment della Presidente sudcoreana Park Geun-Hye, la quale dalla fine del 2016 è stata sospesa dalle sue funzioni. Nello specifico, il leader di Samsung avrebbe favorito erogazione di denaro nei confronti di Choi Soon-sil, una strettissima confidente della Presidente, ora in carcere con accuse di appropriazione indebita e interferenze nell’attività di governo. In cambio dei soldi, Lee avrebbe ottenuto dei favori in una fusione di due società affiliate Samsung attraverso il National Pension Service, il fondo pensionistico controllato dal governo. Samsung ha negato qualsiasi tipo di azione illegale o inadeguata. Tutta la storia è indicativa di come la Sud Corea sia piegata dalla corruzione che pervade le famiglie più potenti del Paese, che sono a capo di conglomerati che, di fatto, ne sostengono l’economia.
L’impatto sull’economia
L’azienda guidata da Jay Y. Lee ha un ricavo annuo di 270 trilioni di won, cioè 229 miliardi di dollari americani. La divisione Samsung Electronics copre un quinto dell’intero export della Sud Corea. Non è difficile capire come l’arresto di Lee, sovvertendo l’intero management Samsung, possa avere ripercussioni sull’intera economia nazionale. L’azienda già da qualche tempo è in brutte acque. Il telefono top di gamma, il Samsung’s Galaxy Note 7, che negli intenti doveva insidiare le vendite dell’iPhone Apple, nei fatti è stato oscurato dalla brutta faccenda della batteria che scoppiava letteralmente in mano ai clienti (con relativo richiamo da parte dell’azienda di 2,5 milioni di dispositivi). Dopo l’attacco di cuore del chairman Kun-hee Lee nel 2014 l’azienda è stata di fatto senza un Presidente, con il figlio-erede che si è sobbarcato la gestione. Samsung è una delle più importanti società della Sud Corea, paese non riesce a superare il modello di un’economia basata su grandi famiglie a capo di imperi. Questo, paradossalmente, potrebbe essere uno “scudo” alla tenuta di Samsung sul mercato. Per due motivi: il primo è un atteggiamento di tolleranza che la Sud Corea potrebbe avere nei suoi confronti. Non è la prima volta che l’azienda viene indagata per fatti di corruzione, ma né l’attuale leader, né suo padre sono stati mai in carcere. Tutto si è sempre risolto con sanatorie e condoni: Samsung e gli altri potenti industriali sono troppo importanti per l’economia del Paese per essere messi da parte. Lo stesso Lee potrebbe non andare in prigione nemmeno in questo caso. Il secondo motivo consiste nel tipo di struttura che ha l’azienda. Samsung è composta da tante società autonome, ognuna con un gruppo manageriale a sé. La più importante di queste, Samsung Electronics, per esempio, potrebbe continuare a lavorare senza sentire particolarmente le ricadute dell’assenza di Lee.
L’idea (fallita) di trasformare Samsung in una startup
Tuttavia l’ipotetico arresto del numero uno potrebbe coinvolgere anche altri manager di gerarchia più bassa e questo, nel periodo di crisi dell’azienda descritto, potrebbe mettere un pesante freno al business. Lee ha tentato di rilanciare l’azienda negli ultimi due anni facendo di tutto per portarla agli standard della Silicon Valley, spendendosi per far dimenticare al mercato e investitori la sua natura “famigliare”, la sua struttura ereditaria e fortemente gerarchizzata. Lee ha cercato di dare a Samsung l’impronta della startup innovativa, lanciando addirittura lo scorso anno l’iniziativa “Start-up Samsung” che aveva l’intenzione di cambiare la cultura aziendale: un progetto destinato a naufragare, in quanto squisitamente di facciata, con una struttura che ha mantenuto rigidità e gerarchie e, se confermate le accuse, anche una torbida relazione con i palazzi del potere.