Layla Pavone, amministratore Delegato di Digital Magics per l’Industry Innovation, è tra i protagonisti della giornata di apertura della Edison Innovation Week, dedicata all’Internet of Everythings. Ci ha dato un parere sullo stato dell’innovazione in Italia
“Incominciamo col dire che non ho mai visto, in 20 anni e più che lavoro nel digitale, un fermento come quello che sto vedendo in questo periodo”. Layla Pavone, amministratore delegato di Digital Magics per l’Industry Innovation, è positiva sullo stato dell’innovazione in Italia, soprattutto per quanto riguarda le opportunità che si aprono alle startup verso le grandi aziende. Layla Pavone il 7 giugno sarà alla giornata di apertura dell’Edison Innovation Week, alla quale si può partecipare gratuitamente registrandosi qui. “Comincia ad esserci una fortissima consapevolezza sul termine innovazione: le aziende stanno cominciando a capire che non è più vago com’era una volta, si sta dissolvendo fortunatamente lo stereotipo delle startup fatte da un nerd in un garage”.
Che poi non esistono…
«In Italia certamente no! Sotto la parola innovazione le aziende stanno trovando un asset non più tanto “rivoluzionario” ma piuttosto un’opportunità che permette loro di consolidarsi».
Le aziende si stanno dunque volgendo al digitale?
«Intendiamoci: dentro la parola innovazione c’è molto di più del solo digitale. Ma è fuori di dubbio che questo è un driver molto forte per tutte le aziende. Non possiamo dimenticare il tessuto economico e produttivo dell’Italia: siamo un Paese manifatturiero, siamo i leader di ciò che è bello e ben fatto. Ma dobbiamo tradurre questa eredità in qualcosa di moderno, con l’aggiunta del digitale, appunto».
E non ci riusciamo?
«Dobbiamo fare i conti con il nostro più grande difetto: siamo un paese molto parcellizzato. C’è tanta innovazione ma a volte non è visibile perché è isolata. La famosa parola che usiamo, “fare sistema”, può sembrare retorica, ma non è priva di contenuto: se ognuno pensa al suo orticello non si riuscirà mai a fare qualcosa di grande. Però, come ho detto prima, c’è una sensibilità nuova da parte delle aziende che aiuterà molto le startup».
C’è grande attenzione al tema dell’Open Innovation…
«Esatto. Oggi le aziende sono di fronte alla necessità di dover cambiare marcia e mettersi nelle condizioni di competere a livello internazionale. Nel momento in cui incontrano le startup si rendono conto che è una opportunità, che sono un capitale di cui possono beneficiare».
Se dovesse indicare i settori più promettenti per il futuro?
«Al di la di settori in crescita costante, come il fintech e il made in italy, secondo me hanno enorme potenzialità – ancora inespressa – la salute e l’energia che sono poi settori di forte interesse pubblico. E poi, se il nostro paese ha una grande opportunità da cogliere è quella l’Internet of things. Siamo un paese manufatturiero, i nostri prodotti sono leader nel mondo: se al saper fare l’Italia aggiungesse anche la tecnologia, volerebbe davvero».