Golgi è la prima stampante 3D che permette a centri di ricerca di stampare tessuti biologici tridimensionali, da impiegare nell’ambito della ricerca farmacologica, biomedica e cosmetica. Il progetto è fra i 10 accelerati a BioUpper
Biologia e tecnologia, un intreccio scientifico inimmaginabile, ma che comincia a stringersi, rafforzando la speranza e la salute dei pazienti. Un’ambizione tradotta in un progetto concreto, una visione che diventa un’idea grazie a Golgi, la prima stampante 3D che permette a centri di ricerca di stampare tessuti biologici tridimensionali, da impiegare nell’ambito della ricerca farmacologica, biomedica e cosmetica, consentendo di personalizzare la fase di sperimentazione in vitro e abbatterne i costi. Abbiamo incontrato Riccardo Della Ragione, biotecnologo dell’Università di Urbino ideatore di Golgi, assieme ad Alice Michelangeli (biotecnologa medica, veterinaria e farmaceutica) e Daniele Ferrari (economo e consulente per lo sviluppo di startup). Golgi è uno dei 10 progetti accelerati da BioUpper, progetto biotech di Novartis e Fondazione Cariplo, in collaborazione con Polihub e Humanitas.
Sembra una missione impossibile e invece voi siete ad un passo dal riuscirci. Come nasce l’idea di stampare in 3D tessuti biologici?
«L’idea della bioprinter vera e propria nasce circa un anno fa, ma sono già 4 anni che ci occupiamo di studiare e sviluppare stampanti 3D – commenta Riccardo Della Ragione -. Dal connubio delle competenze biologiche accumulate durante il percorso universitario e la passione per l’ingegneria meccanica, prende vita Golgi. Abbiamo realizzato un primo prototipo che è stato fatto testare al dipartimento di veterinaria dell’Università di Parma, che è risultato essere entusiasta dei risultati ottenuti. Ora è in atto lo sviluppo di una nuova macchina, definitiva per meccanica e design, che sarà pronta per essere messa sul mercato».
Che tipo di formazione avete e da quali ambiti provenite?
«Io sono un biotecnologo dell’università di Urbino e appasionato di stampa 3D, nonché ideatore della bioprinter Golgi; Alice Michelangeli, biotecnologa medica, veterinaria e farmaceutica dell’Università di Parma, con esperienza di 1 anno nell’impiego di bioprinter per la realizzazione di medical devices svolta nel dipartimento di farmacia dell’università di Parma e infine Daniele Ferrari, economo laureato in finanza all’Università di Trento, che ha seguito l’emissione obbligazionaria di un MInibond e da qualche anno è consulente per lo sviluppo di startup».
Come siete venuti a conoscenza di bioupper e come vi siete preparati per la selezione?
«Conosciamo BioUpper tramite lo scouting online di bandi di finanziamento; abbiamo cercato di concretizzare quanto più possibile, data la giovane età del progetto, un’idea di business che potesse essere sostenibile».
Cosa manca per essere definitivamente pronti per il mercato?
«Mancano le infrastrutture e i servizi necessari per poter concretizzare la nostra idea. Il progetto è estremamente ambizioso e la portata dell’innovazione altrettanto. Al momento abbiamo un primo prototipo della bioprinter funzionante e attualmente ne stiamo sviluppando un secondo ancora migliore, ma mancano ancora i fondi per poter sostenere con Golgi un percorso di ricerca il laboratorio».
In tal senso BioUpper potrebbe darvi una grossa mano…
«Dobbiamo riconoscere al programma BioUpper un grande merito: ci ha messo a disposizione un tutor ed un mentor che ci hanno aiutato nel definire il miglior business model da seguire. Le loro competenze in ambito di business e le loro esperienze pregresse sono stati fondamentali per la nostra crescita e per riuscire a raggiungere canali che con le sole nostre forze probabilmente sarebbero stati impossibili da contattare o richiederebbero dei tempi più lunghi. Alla fine di questo percorso ci aspettiamo di attivare le partnership con più centri di ricerca, con i quali siamo già in contatto. La vincita dei €50.000 in voucher serviranno per sostenere le prime spese aziendali».
Che difficoltà avete trovato fino ad oggi per trasformare l’idea in una spendibile sul mercato?
«La principale difficoltà è quella di trasmettere il valore della nostra tecnologia. Nessuno ci conosce ancora. BioUpper ci ha aiutato in questo e le partnership che attiveremo con i laboratori di ricerca andranno in questa direzione. Dobbiamo costruirci da zero la nostra affidabilità, serietà e fiducia. Siamo i primi in Italia».
In caso di vittoria quali saranno i prossimi passi che realizzerete tramite i voucher che vincerete?
«I primi passi saranno quelli di costituire la società, avviare la produzione del primo set di Golgi, regolamentare le partnership, proteggere la nostra tecnologia e certificare i nostri prodotti così da porterli commercializzare».