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La capitale europea del Fintech rischia di farsi soffiare il trofeo di Bitcoin da New York. La Grande Mela infatti con il lancio del primo exchange nazionale e regolamentato degli Stati Uniti si candida ufficialmente a diventare la casa della moneta digitale, lasciandosi così Londra alle sue spalle.

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La prima borsa di scambio

Grazie all’approvazione concessa dalle autorità dello Stato di New York (nello specifico dal NYDFS), ItBit è diventata la prima borsa di scambio di bitcoin organizzata secondo il diritto bancario dello Stato federale, ma anche l’unica controllata e quindi in grado di offrire protezione e sicurezza maggiori ai suoi clienti.

“L’obiettivo di itBit è sempre stato quello di creare un exchange istituzionale in cui la conformità alle normative è un pilastro fondamentale”, ha detto il presidente e co-fondatore Charles Cascarilla, aggiungendo che l’approvazione da parte del dipartimento degli affari finanziari di New York “ci permette di custodire al meglio le attività dei nostri clienti e di espandere i nostri servizi a tutti gli Stati Uniti – il più grande mercato di bitcoin che esiste al mondo – e ci permette di farlo con i più alti standard di sicurezza offerti da qualsiasi azienda Bitcoin”. Per offrire un’ulteriore protezione, itBit collabora con un’istituzione bancaria vigilata dalla Federal Deposit Insurance Corporation per garantire ai propri clienti anche l’assicurazione sui depositi.

Londra aspetta

In tutto questo Londra tace. Anche se, per ora, il governo ha fatto presente che si occuperà dell’argomento e che ha tutta l’intenzione di far “fiorire” il business delle cripto monete in vista di fornire così un importante supporto a quello del Fintech.

Questo ritardo però non deve essere necessariamente visto in maniera negativa. Come Tom Robinson, capo della UK Digital Currency Association, ha dichiarato a Business Insider “non aver ancora regolato il settore in Uk non comporta un danno per Londra”, bisogna infatti anche pensare che con la sua attività regolatoria, “New York sta attivando tutta una serie di barriere all’ingresso del settore”.

È ancora presto per dire quale dei due approcci frutterà di più ma “una regolazione pesante rischia di soffocare l’innovazione e Londra dovrebbe invece diventare più attraente anche per le startup che non dispongono di milioni di dollari da investire in compliance”, ha concluso Robinson.