C’è tutto un mondo dell’arte (digitale) che nasce al di fuori dei confini, spesso troppo ristrette, delle gallerie d’arte. Si chiama NFT, acronimo di token non fungibili, ed è diventato un argomento molto caldo nel mondo dell’arte, delle crypto e della finanza per esteso.
L’argomento divide gli esperti del settore, chi grida all’ennesima bolla, e chi crede invece che si sia creata una grande opportunità per gli artisti “nativi digitali” o che decidono di sperimentare nuovi canali espressivi, ma anche per gli investitori, per diversificare i loro investimenti. E non solo: gli NFT sono un mondo vasto che racchiude al suo interno, dalla musica fino ai collezionisti di ogni genere.
Prima di entrare nel vivo degli NFT facciamo un passaggio per spiegare cosa sono: in poche parole, si tratta di un token che è associato a un oggetto. Per semplificare ancora e riportarla al mondo dell’arte, si tratta di una copia autografata di un’opera, che ha in più la sicurezza della blockchain, che permette di archiviare l’opera, ricondurla in modo trasparente al suo autore, e di venderla, attraverso gli smart contract, su varie piattaforme. L’investitore può comprarle sia in valuta fiat che in crypto (bitcoin, ether e affini).
Il boom: ecco perché se ne parla così tanto
Per capire il fenomeno partiamo dai numeri. Alcuni lasciano a bocca aperta, come i 250 milioni di dollari del giro d’affari degli NFT (nel 2020) e tre casi di cui ha parlato il mondo, come il primo tweet di Jack Dorsey, il fondatore di Twitter, venduto a 2,9 milioni di dollari (sì, parliamo proprio di un tweet) e restando nel mondo dell’arte i 69 milioni di dollari con i quali è stata battuta all’asta l’opera digitale di Mike Winkelmann, artista noto con il nome d’arte di Beeple. Ma questi sono due casi clamorosi di un fenomeno che va ridimensionato per inquadrarlo nella giusta prospettiva:
«Lo scenario è semplice, il lockdown ha chiuso le gallerie d’arte. Molti artisti hanno cercato forme nuove di remunerazione, allora il fenomeno NFT ha iniziato a prendere piede. Dall’altra parte, i nuovi ricchi del mondo crypto, quelli che hanno cavalcato il boom dei bitcoin degli ultimi mesi, hanno cercato nuove forme per diversificare i loro investimenti, puntando proprio sugli NFT. L’ingresso degli investitori ha poi innescato un rialzo dei prezzi e artisti che vendevano opera a 100 dollari, hanno visto le stesse valutate molto di più», spiega Michele Ficara Manganelli, imprenditore digitale che ha creato NFTART.CH, società che offre consigli agli investitori in NFT e aiuta gli artisti che hanno scelto di lanciarsi in questo mercato.
Il falsi miti degli NFT
Come in ogni fenomeno relativamente nuovo e sulla bocca di tutte, sono partite le opportunità, ma sono immancabili le speculazioni (e le truffe). Bisogna andarci molto per non rischiare di perdere tempo prezioso (per gli artisti) e di buttare soldi (per gli investitori), ma anche di rischiare di infrangere la legge.
«Ci sono stati casi di investitori che presi dalla frenesia hanno comprato delle opere che non avevano alcun valore poiché si trattava di falsi. In questo caso, oltre al danno si rischia anche la beffa, perché potrebbero essere accusati di ricettazione di opere d’arte», continua Manganelli.
Cauti devono essere anche gli artisti che, anche loro, presi dall’entusiasmo, sbagliano a comprendere davvero il fenomeno e pensano che possono usare la tecnologia per trasferire in digitale le loro opere analogiche: «Molti vengono da noi e ci dicono, ho fatto 100 quadri, come venderli sulle piattaforme? Quello che gli consigliamo è di mettere il loro talento a servizio di un’opera d’arte digitale, altrimenti non hanno possibilità di lanciarsi in questo mondo».
Altro falso mito è nei guadagni a tanti zeri, specie quando si è emergenti e non si ha alcun nome sul mercato
«Un artista neofita bravo può vendere tra i 500 e i mille dollari. Sotto quella cifra si può vendere, ma in genere sono opere di scarso valore. Poi ci sono artisti di medio livello che possono arrivare a valutazioni tra i cinque e i 20mila dollari, e poi ci sono ancora casi molto rari di superstar che vendono tramite Christie’s, ma sono eccezioni».
Ma cosa significa essere un artista bravo negli NFT? Sicuramente alla base c’è il talento, senza di quello non vai da nessuna parte, ma c’è un elemento in più da considerare, ovvero la sua rete sociale:
«Dobbiamo dimenticare l’immagine dell’artista chiuso nella sua bottega. La valutazione di un’opera viene fatta anche sulla base dell’importanza della rete sociale dell’artista. In altre parole, più follower ha, più c’è la possibilità per l’investitore di rivendere la sua opera sul mercato e guadagnarci».
Scenari da qui a 5 anni: gli NFT per gli scambi delle figurine
Secondo Manganelli, la parabola degli NFT seguirà un percorso simile a quello dei bitcoin: inizialmente, un token per pochi eletti e poi un mercato che crescerà in modo impetuoso nel tempo grazie all’ingresso dei grossi investitori (leggasi banche):
«Immagina l’ingresso di una grossa banca come UBS o altri colossi. Se entrano in gioco questi capitale il mercato diventerà ancora più appetibile».
Le occasioni ci sono, per Manganelli, e non riguardano solo gli artisti che hanno più facilità a entrare nel mercato, rispetto al percorso più tortuoso delle gallerie, e gli investitori per trovare nuove fonti di reddito. Le occasioni nasceranno anche per le startup che potrebbero entrare nel mercato, come d’altronde già stanno facendo, per creare applicazioni, ecommerce e servizi di scouting e advisoring per artisti e investitori:
«Il mercato ha ancora tantissimi bisogni che non hanno risposta. Penso per esempio, a un Copyscape (un servizio che rileva in automatico i plagi online di contenuti, ndr), applicati al mondo degli NFT che potrebbe, per esempio, rilevare un falso in modo automatico, senza aspettare la segnalazione dell’artista. E poi ci sono tutte le possibilità che possono nascere nel mondo musicale e del collezionismo. Noi per esempio, stiamo stringendo un accordo con una nota azienda editoriale nel campo dei fumetti d’autore, per rendere mondiale un mercato che è sempre stato nazionale», conclude Manganelli.