Ieri la Commissione Europea ha pubblicato un questionario in vista della proposta di legge nota come Digital Services Act, prevista per il prossimo autunno. Scopo del DSA è aggiornare le leggi che regolano Internet.
Ieri la Commissione Europea ha pubblicato un questionario in vista della proposta di legge nota come Digital Services Act, prevista per il prossimo autunno. Il termine ultimo per l’invio della propria risposta al questionario, che sarà presto disponibile anche in italiano, è l’8 settembre 2020. Due gli scopi di questa revisione, rivedere le norme sulla responsabilità delle piattaforme online e il modo in cui moderano i contenuti, e stabilire delle regole da applicare ex ante alle grandi piattaforme, che sono dei monopolisti di fatto, per tutelare un mercato equo dove garantire le posizioni anche di startup e aziende concorrenti.
Today we are launching a public consultation on the #DigitalServicesAct. Help us make the environment online a #saferplace – tell us about your experience with digital services including posting on online platforms⬇️https://t.co/nlMakrfiGG#EUHaveYourSay #DigitalEU pic.twitter.com/7byTaGrQwg
— DigitalSingleMarket (@DSMeu) June 2, 2020
I vecchi principi sempre più lontani
Alla Commissione interessa ricevere suggerimenti su diversi argomenti. Si va dal come mantenere gli utenti al sicuro online alla revisione del regime di responsabilità delle piattaforme. Al momento infatti le regole vigenti si rifanno alla Direttiva eCommerce del 2000 che stabiliva che i fornitori di servizi online non fossero responsabili per gli atti illeciti compiuti dai loro utenti salvo che non ne venissero a conoscenza. Solamente in quel caso sono obbligati a rimuovere quei contenuti benché non abbiano l’onere di dover controllare sistematicamente l’esistenza di violazioni. Da allora questo principio basilare che ha permesso alle startup di crescere senza troppe preoccupazioni di dover fare anche gli sceriffi del web, ha lentamente iniziato a perdere pezzi. Prima la già approvata riforma del copyright che impone alle piattaforme di attivarsi, probabilmente con filtri, se non vogliono essere ritenute responsabili dei contenuti caricati per violazione del copyright, poi il regolamento sul terrorismo online in discussione sui tavoli europei da qualche tempo o la richiesta della Commissione ai vari Facebook, Twitter, Google, Microsoft di fare di più per combattere la disinformazione online.
Cosa vuole sapere la Commissione
La Commissione vuole anche capire qual è la percezione di utenti e business che vedono i propri affari e i propri pensieri regolati da una manciata di gatekeeper, dei monopolisti che hanno in mano i servizi che tutti usano e possono decidere se un prodotto o un post viene visto oppure no, e a quale prezzo si può emergere nel mare magnum del web. Può Amazon essere sia padrone del mercato che venditore? Può usare i dati sulla vendita di certi beni per produrne di uguali a minor prezzo e senza doverli pubblicizzare? Possono Facebook, Twitter e YouTube stabilire se un post un video può stare online o no quando in realtà non esistono alternative a queste piattaforme dove l’utente può andare se non è contento?
La Commissione vuole però andare a fondo anche in altro problematiche che finora non sono state affatto regolate se non a colpi di sentenza in alcuni casi. Parliamo ad esempio dei rider e dei lavoratori della sharing economy. Sono autonomi o dipendenti? Che diritti si hanno quando a decidere se lavori è un algoritmo?
Alcune domande del questionario sul Digital Services Act
Tra le domande del questionario, che può essere compilato sia come privati cittadini che per conto di aziende ed organizzazioni, in modo anonimo o meno, si chiede ad esempio se ci si è mai imbattuti in prodotti o contenuti illegali e cosa si sia fatto in quel caso e se sia stato difficile fare una contestazione o comunque trovare un rimedio. Si chiede poi se, in caso un proprio contenuto fosse stato rimosso, si abbia ricevuto sufficienti informazioni sulle motivazioni. Alcune domande poi sono indirizzate specificatamente alle aziende e a come interagiscono con le piattaforme mentre altre alle piattaforme stesse per capire che misure adottano per prevenire gli usi illeciti e quanto sono trasparenti e cooperativi con utenti e aziende partner.
Si propongono poi alcune soluzioni come avere un team formato per la moderazione dei contenuti o procedure chiare per la cooperazione con autorità e forze di polizia. In questo caso chi risponde deve dire se tali proposte dovrebbero essere valide per tutte le piattaforme che offrono lo stesso tipo di servizi (e-commerce, social media..), se solo per quelle più grandi (non si citano ma il riferimento alla Silicon Valley è chiaro), se solo per quelle più esposte ad attività illecite o se debbano essere facoltative.
Un’occasione unica
Le domande sono molte e alcune sono un po’ tecniche ma non è obbligatorio rispondere a tutte. Tuttavia questa è un’occasione unica per offrire il proprio punto di vista su come funziona internet oggi e sul nostro grado di soddisfazione. Nei prossimi anni infatti l’Europa si confronterà sulle leggi che regoleranno internet per i prossimi vent’anni perciò meglio approfittare di questo momento prima che la palla passi definitivamente ai tavoli di Bruxelles.