Chi salverà le Pmi? L’esercito delle startup Fintech, già pronte a fornire il credito necessario a tutte quelle piccole e medie imprese che non riescono più ad accedere a quello bancario. Lo dice il World Economic Forum nel suo recente rapporto “The future of Fintech – A paradigm shift in small business finance” che vede il mondo della tecno-finanza come un’opportunità di ripresa per le Pmi sopravvissute alla crisi ma ancora non del tutto fuori dal tunnel, anche a causa della difficoltà di ottenere il credito necessario a investire sul proprio futuro da parte delle banche e del mercato.
Il problema dei problemi: l’accesso al credito
Le piccole e medie imprese sono spesso citate come uno dei driver maggiori dell’economia, soprattutto in forza della loro importante capacità di offrire lavoro. A loro si deve oltre la metà del Pil mondiale e l’occupazione di due terzi della forza lavoro mondiale. Eppure, il loro tallone d’Achille è sempre lo stesso: la difficoltà a trovare forme di finanziamento. Come riporta uno studio dell’International Financial Corporation (IFC) esiste un “funding gap” di oltre 2 mila miliardi che riguarda solamente le piccole imprese dei paesi emergenti. Le ragioni di questa grossa mancanza sono diverse: ad esempio, la finanza delle Pmi è abbastanza complessa, ma di bassa scala. Di conseguenza, per le banche (che ancora oggi sono per le Pmi la principale fonte di credito) diventa troppo costoso e poco conveniente offrire loro un piccolo prestito, quando potrebbero guadagnarci molto di più concedendo grosse cifre ad aziende più importanti. Negli ultimi anni poi, è stata la stessa regolamentazione a spingere sempre di più le banche ad allontanarsi da questo settore. C’è anche da dire che al loro interno le piccole e medie imprese spesso non hanno a disposizione le competenze necessarie a gestire la loro situazione finanziaria e a condurre una campagna di raccolta fondi adeguata. Proprio per aiutare questo importante settore di mercato, sia i governi che le istituzioni internazionali hanno portato avanti politiche a loro favore (vedi per esempio il fondo di garanzia per le Pmi), che pur avendo avuto effetti positivi, non sono però riusciti a risolvere del tutto il problema.
Da 4 a 12 miliardi in un anno, i round del Fintech
Tra il 2013 e il 2014 gli investimenti in equity nel settore del Fintech sono quadruplicati, passando da 4 miliardi di dollari ad oltre 12 miliardi. Un trend “che ha tutto il potenziale per diventare il punto di svolta delle Pmi”, dice il World Economic Forum. Il motivo sta nel fatto che in questo caso, non ci sono problemi di scala che tengano: le soluzioni del Fintech sono efficaci ed efficienti anche non in larga scala, proprio come nel caso delle piccole e medie imprese che possono così diventare le maggiori beneficiarie del potere distruttivo di questa nuova finanza. Si tratta di soluzioni in grado di rispondere perfettamente alle esigenze delle Pmi, tipici esempi sono: il Peer to Peer lending (ossia il prestito tra privati come nel caso di Smartika e BorsadelCredito.it), l’e-commerce e i nuovi sistemi di pagamento. Il fenomeno è globale, i lati positivi sono tanti ma anche i rischi non mancano. Ad esempio la limitata protezione dei piccoli investitori, la potenziale espansione di soggetti che non sono in grado di restituire i prestiti, ma anche il rischio sistemico che deriva da un settore ancora poco regolamentato e opaco.
Il successo del peer to peer lending
Sul totale degli investimenti nel settore del Fintech, il 27% finisce nel credito al consumo e il 16% in quello alle imprese. Il P2P diventa quindi sempre più importante per le Pmi in cerca di credito. Da quando la prima piattaforma di questo tipo è stata lanciata nel 2005, il fenomeno è diventato globale, sviluppando diversi modelli di business. Ad oggi però, il contributo delle startup fintech che si occupano di prestiti alle aziende è ancora una goccia nel mare di denaro che passa dalle banche alle imprese. Dagli istituti di credito partono infatti tra i 14.000 e i 18.000 miliardi di dollari l’anno verso le piccole e medie imprese. Mentre il peer to peer lending muove circa 60-80 miliardi (dati del 2014). Il primo paese ad utilizzare questo nuovo sistema di finanziamento è la Cina, seguita dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna. Secondo le stime citate dal World Economic Forum, attualmente la cifra dei paesi che hanno almeno una piattaforma di peer to peer lending o in cui se ne aprirà una entro i prossimi sei mesi sono fra i 60 e gli 80. Fra questi sono compresi anche alcuni territori africani come il Kenya, lo Zambia, la Tanzania e il Ghana, in cui questo tipo di finanziamento è destinato a risolvere molti dei problemi legati all’importante numero di unbanked ossia di persone che non posseggono un conto corrente bancario. “Solo il tempo però dirà se davvero il Fintech sarà all’altezza della speranza (e dei soldi investiti) che sta offrendo alle Pmi. Per ora, l’importanza delle piccole e medie imprese e il potenziale che il Fintech può portar loro, ci fa ritenere che lo sarà”, è la conclusione ottimista a cui giunge il World Economic Forum.
Mariachiara Furlò
@mariachiarafur