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Leonardo Di Caprio coinvolto in uno scandalo finanziario, proprio come Jordan Belfort, il protagonista di “The Wolf of Wall Street” che l’attore di Los Angeles ha interpretato magistralmente nel film del 2013.  Ironia della sorte: la pellicola che racconta le frodi di cui si macchia uno spregiudicato broker, è finito sotto accusa per le attività poco lecite di un fondo malese che ha investito nella realizzazione. Lo stesso che ha donato tanti soldi per finanziare la Leonardo Di Caprio Foundation, la fondazione benefica che del premio Oscar che si occupa della salvaguardia dell’ambiente.

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Soldi riciclati dalla Malesia all’Usa

I primi a muovere accuse alla gestione poco trasparente delle donazioni all’interno della non profit dell’attore sono stati i membri di Bruno Manser Fund, altra fondazione nota per il suo impegno nella lotta contro la deforestazione in Malesia. In buona sostanza, quello che si contesta a Di Caprio è di aver accettato soldi dal fondo 1 Malaysia Development Berhard, gestito dal Governo malese e in particolare dal primo ministro Najib Razak, dal ministro delle finanze malese e da un uomo d’affari, Jho Low. Secondo le accuse il fondo sarebbe stato utilizzato per corrompere funzionari e spendere milioni in opere che hanno ben poco a che fare con la beneficenza, alcol, casinò e jet privati. Insomma, soldi sottratti al governo malese usati anche per dare mazzette ai politici e farli chiudere un occhio rispetto alle attività imprenditori nel settore del legno direttamente coinvolti nella deforestazione della foresta pluviale malese: «Sappiamo che Di Caprio è molto impegnato nella salvaguardia dell’ambiente e nella lotta per i diritti degli indigeni, ma se il denaro che usa viene da soldi rubati, c’è qualcosa che non va» spiega Lukas Straumann, direttore di Bruno Manser Fund al Guardian.

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Di Caprio con Jho Low

Al colmo, anche 3 milioni per finanziare “The Wolf of Wall Street”

Secondo il Dipartimento di giustizia americano che ha avviato indagini sul caso sollevato da Bruno Manser Fund, soldi del fondo sarebbero stati usati per finanziare la fondazione, 1,1 milioni di dollari, e altre donazioni in opere d’arte, valutate 700mila dollari. E altri 3 milioni destinati alla realizzazione del film “The Wolf of Wall Street” attraverso la Red Granite, società di produzione che vede lo stesso Low come cofondatore. Fondi che hanno contribuito a pagare una parte del ricco cachet che l’attore ha ottenuto per prendere parte alla pellicola, 25 milioni: «I soldi sono stati rubati dal Ministero del Tesoro e sono finiti direttamente nelle tasche di Di Caprio» sottolinea Straumann che chiede all’attore di restituire tutti i soldi “sporchi” al popolo malese». Fino a oggi, su Di Caprio non pende nessuna accusa specifica e il suo nome compare solo due volte nel documento di 136 pagine redatto dal Dipartimento di Giustizia, ma lo scandalo mette in imbarazzo lui e la sua fondazione all’indomani della presentazione di Before the Flood, documentario su tematiche ambientali prodotto da Di Caprio che dovrà essere presentato al Toronto International Festival, il prossimo mese.

Cosa fa la fondazione di Di Caprio

La tempesta potrebbe mettere in ombra tutto quello che di buono è stato fatto finora dalla Fondazione e che viene elencato rapidamente nell’articolo del Guardian. Solo recentemente ha donato 3 milioni al WWF per il programma di protezione delle tigri in Nepal, altri 3 milioni a Oceana, organizzazione che si occupa della difesa degli oceani e delle specie marine e un altro milione per salvaguardare gli elefanti dai cacciatori d’avorio.

Giancarlo Donadio
@giancarlodonad1