Inizia a vendere dischi per corrispondenza, crea la Virgin Records. Poi investe su tutto dalle palestre, telefonia, libri, voli aerei, fino ai viaggi nello spazio. Richard Branson, inglese, 66 anni, è uno degli uomini di business più amati al mondo e di successo. Ma anche lui piange. Aprile non è stato un bel mese l’imprenditore che ha perso il controllo della Virgin America, la compagnia americana parte del suo gruppo. E tutto per un cavillo legale: «Ho pianto, ma non c’era nulla che potessi fare per impedirlo» scrive sul suo blog in un post nostalgico in cui ripercorre le tappe di quello che è stato un sogno e ora è svanito.
L’exit per 4 miliardi di dollari
Ha pianto Branson quando la notizia è stata divulgata dalla stampa, Alaska Air, una delle major americane nel settore dei trasporti aerei ha acquisito la Virgin America, una delle costole del gruppo che Branson ha fondato nel 2004, per lanciare dopo tre anni i primi voli commerciali: «Quando siamo partiti il 60% era composta dalla fusione tra compagnie. Oggi l’80% del mercato americano. Le fusioni sono un trend che non può essere fermato» scrive Branson che è sempre stato contrario, anche in passato, criticando le partnership tra America Airlines e British Airways nel 2010 e tra American e US Airways nel 2013. Ma questa volta ha potuto fare ben poco per impedirlo.
Perde l’azienda per la legge
«Perché non sono americano e le leggi del Dipartimento dei trasporti hanno ridotto la mia influenza sull’azienda» spiega Branson. In altre parole, le normative prevedono che solo il 25% di un’azienda dei trasporti aerei in US possa essere guidato da una persona che non possiede la cittadinanza americana. Branson è britannico e quindi ha visto per questo ridurre di molto la sua influenza nell’azienda. Pertanto, tutto il board, con David Cash, il Ceo dell’azienda, erano d’accordo con l’affare e il parere di Branson, il fondatore, non è stato vincolante.
Branson nostalgico in un post
Virgin America è solo un ramo della compagnia aerea che ha società controllate in Australia, Nuova Zelanda, Polinesia, Nigeria… ma è quella nella quale Branson ha messo una parte del suo cuore, iniziando quella rivoluzione nel settore aereo che avrebbe permesso al gruppo di emergere e competere con i big del settore: «Ho iniziato a creare linee aeree per un senso di frustrazione. Come manager viaggiavo molto in aereo ma trovavo l’esperienza terrificante» racconta Branson, che poi spiega in che modo la sua azienda ha rivoluzionato l’esperienza dei viaggiatori: «Siamo stati i primi a offrire wifi, luce più rilassanti alla vista, schermi sui sedili per intrattenere i passeggeri, una piattaforma on demand per ordinare cibo di qualità. Con noi volare è passata da essere un’esperienza terrificante come qualcosa che tutti aspettavano con ansia […]. Questo ha portato l’intera industria a interrogarsi a riconsiderare l’importanza del cliente e a migliorare i servizi».
Il peso di un’eredità
«Mentirei se non confessassi tutta la mia tristezza alla notizia che la nostra compagnia si fonderà con un’altra. Virgin airline ha ancora tanto da fare, nuovi posti da esplorare e amici da conoscere. È importante che Alaska airlines capisca l’importanza e l’amore del nostro brand e continui a offrire gli stessi benefici che abbiamo garantito fin dall’inizio della nostra storia» dice Branson. Ma dal tono del post sembra non crederci neanche lui.
Parte con un giornale e poi fonda 500 aziende
Il suo primo business a 15 anni, un giornale per studenti che poi avrebbe dato il là alla vendita di cd per corrispondenza del marchio Virgin. A 16 anni lascia la scuola per creare un’etichetta musicale. In “soli” 50 anni, Branson è stato poi capace di fondare circa 500 aziende che spaziano dalle telecomunicazioni, viaggi, benessere, finanza, non c’è un settore in cui l’uomo dal patrimonio di 5,4 miliardi di dollari non abbia riversato la sua vitalità imprenditoriale. Celebre mentor e blogger ha dispensato nella sua carriera infiniti consigli agli startupper: «I dipendenti devono sentirsi liberi e incoraggiati a esprimere le loro opinioni senza sentirsi prigionieri della propria mansione: così potranno lavorare meglio e prendere decisioni migliori. Solo un gruppo di lavoro motivato e entusiasta costruisce un prodotto e un servizio di successo. E soprattutto un’impresa destinata a durare nel tempo» è uno di questi.