Tra le novità: agevolazioni fiscali, incentivi agli investimenti, creazione di fondi di fondi per colmare il gap tra Italia ed Europa
“Con questa proposta si vuole dare una scossa all’ecosistema startup italiano, attualmente indietro anni luce rispetto ai competitor europei”, così il deputato PD, Mattia Mor ha introdotto, a Palazzo Marino, la proposta di legge depositata in Camera dei Deputati.
L’iniziativa, che ha ottenuto il beneplacito da parte dei partecipanti, prevede una serie di misure per colmare il divario esistente tra l’ecosistema italiano, quello europeo e, più in generale, mondiale. A commentare e spiegare la proposta nel dettaglio, oltre al deputato PD, c’erano esperti del settore come Alessandra Bechi, vice direttore di A.I.F.I. (Associazione Italiana del Private Equity, Venture Capital e Private Debt); Marco Gay, amministratore delegato di Digital Magics; Massimiliano Magrini, amministratore delegato di United Ventures e Lorenzo Maternini, co-fondatore di Talent Garden.
Investimenti
“Negli ultimi anni, in Italia, nel settore startup si è investito 75 volte meno rispetto alla Gran Bretagna. E dopo la prima normativa italiana del 2012, che prevedeva una serie di misure relative alla semplificazione amministrativa, al mercato del lavoro, alle agevolazioni fiscali, e al diritto fallimentare, il numero delle start-up e delle PMI innovative nel nostro territorio è notevolmente aumentato”, ha detto l’onorevole Mor. Di pari passo non è andata la legislazione nazionale, mentre i talenti dell’imprenditoria italiana hanno un bisogno quasi costante di incentivi ed agevolazioni. Lo “Start-Act” va in questa direzione e persegue più strade verso un unico scopo: rendere l’Italia un paese più competitivo ed attraente, al pari dei competitor europei. Quali sono, dunque, secondo Mor, le aree di intervento sui cui andare ad agire? Anzitutto, incentivare gli investimenti, sia per i privati che per le imprese.
Deducibilità fiscale
Persone fisiche e società, se la proposta fosse così approvata, potrebbero dedurre fiscalmente il 70 per cento del proprio investimento in startup e PMI, fondi di venture capital, veicoli societari promossi da incubatori, acceleratori certificati o network di business angel, società di investimento, e fondi di fondi di venture capital, fino a quota 2 milioni di euro per i privati e 4 milioni di euro per le società.
In materia di deducibilità fiscale, inoltre, non si pagherebbero tasse per le plusvalenze derivanti dalle partecipazioni al capitale sociale (esenzione capital gain) di startup o PMI, mentre, per quanto riguarda le minusvalenze, la deducibilità fiscale si attesta al 50% per partecipazioni al capitale sociale di una o più start-up o PMI possedute direttamente, e indirettamente, nel caso di fondi di fondi di venture capital, per almeno il 30% se possedute ininterrottamente per un anno.
E’ deducibile, inoltre, il 70% dell’investimento effettuato per l’acquisizione di quote societarie direttamente (o indirettamente, nel caso di fondi di fondi di venture capital) di startup o PMI entro 4 anni dalla compravendita. Se, invece, si acquisisce direttamente o indirettamente una startup o PMI in fase fallimentare, si può detrarre il 90% dell’investimento entro 4 anni dalla compravendita, a condizione che il rapporto di lavoro dei dipendenti continui con il cessionario.
Fondi di fondi
“Sono previsti anche fondi governativi, che investano in co-matching al 100% insieme ai fondi di venture capital italiani, oltre alla costituzione di uno o più fondi di fondi – spiega il deputato – Una ricapitalizzazione è necessaria, e per questo abbiamo pensato di istituire, nello stato di previsione del Ministero dello Sviluppo Economico, un fondo dedicato esclusivamente allo sviluppo di startup, con una dotazione di 5 milioni di euro per il 2019, 8 milioni di euro per il 2020 e 10 milioni di euro nel 2021”. Questa importante novità servirà a concedere finanziamenti a fondo perduto per progetti di investimento effettuati da soggetti non residenti in Italia che vogliano dar vita ad una startup nella nostra nazione, oltre a co-finanziare, al 50%, iniziative fieristiche degli enti territoriali in campo digitale.
Fondi pensione, fondi assicurativi e casse previdenziali dovranno, obbligatoriamente, investire lo 0,5% della raccolta in fondi che investano in start-up, PMI innovative, prevedendo una deduzione fiscale pari al 30% dell’investimento.
Il capitale umano
Non solo incentivi finanziari ed economici, ma anche in capitale umano. La proposta di legge non trascura, infatti, questo aspetto centrale per qualsiasi startup, PMI, ed azienda più in generale. Nell’iniziativa a firma Mor si propone una decontribuzione per le assunzioni a tempo indeterminato di nuovi dipendenti under 45, da parte di start-up e PMI innovative, fondi di venture capital o promossi da network di business angels, incubatori ed acceleratori certificati italiani e società di investimento. Inoltre, entrerebbe in vigore l’obbligo, per le aziende, di concedere un periodo di aspettativa ai propri dipendenti che volessero mettere su, o lavorare per, una startup.
Una spinta al rientro dei talenti italiani all’estero la darebbe l’esenzione fiscale, prevista per i rimpatriati in Italia che vogliano costituire, o lavorare per, startup e PMI. Finanziamenti a fondo perduto da 100.000 euro per gli stranieri che scelgano l’Italia come sede della propria startup, sul modello di successo di startup Chile. Fondi anche per le Università che investano in acceleratori e laboratori per favorire la nascita di nuove imprese.
Infine, si concederebbero voucher per incentivare l’assunzione di temporary CEO, CFO, COO, CMO, e temporary digital manager. “Se così fosse approvata, questa proposta di legge smuoverebbe una quantità di capitale umano e finanziario mai vista prima d’ora in Italia”, commenta il deputato. “L’iniziativa offre un’opportunità decisamente interessante ed importante per abbattere le disuguaglianze in materia tra Italia e, ad esempio, Francia e Germania. Più vincoli significa anche meno flessibilità, ma, ora come ora, l’ecosistema italiano ha bisogno di fare un passo alla volta”, sostiene Alessandra Bechi, vice direttore di A.I.F.I.
“Nel mercato italiano ci sono risorse e talenti, ma c’è anche un’assoluta necessità di aiutare le scaleup. L’early stage non può durare 7 o 8 anni, c’è bisogno di semplificazione. In questo settore, il dialogo tra imprese e politica, così come il sostegno verso le startup da parte del Governo, è essenziale“, rileva Marco Gay, amministratore delegato di Digital Magics. Della stessa opinione è Lorenzo Maternini, co-fondatore di Talent Garden, che aggiunge: “Da non sottovalutare l’ostacolo culturale che blocca il settore nel nostro paese, e che si supera con incentivi ed incubatori. Altro ostacolo italiano resta la burocrazia, che dovrebbe essere regolamentata in maniera uniforme in tutti i paesi europei”, conclude. Anche David Casalini, founder di StartupItalia!, mette in evidenza l’importanza di un sostegno statale all’innovazione. “In paesi come la Cina, il Governo è quasi un co-founder”, afferma.
“La connessione tra il nostro ecosistema e quelli oltreconfine è centrale. Questo legame deve consolidarsi, altrimenti la stessa capitalizzazione risulta completamente inutile”, conclude Massimiliano Magrini, amministratore delegato di United Ventures.