firma email wapp 3

Anche il mondo dell’informatica ha il suo re Artù. Si chiama John E. Warnock, l’ingegnere che nel 1991 scrive un documento, “Camelot”, come la fortezza del sovrano leggendario, destinato a rivoluzionare per sempre il modo con cui le persone, lavorano, si scambiano file e li stampano. Sei pagine che contengono i primi germogli di quello che poi sarà il PDF (Portable document format). Quanti ne avete inviati nella vostra vita?

john-e-warnock-2010-5-13-14-14-55

Il matematico che ha inventato il Pdf

Sembra incredibile a raccontarlo ora che Warnock è uno degli imprenditori più fortunati del web: è tra i fondatori di Adobe, la software house con sede in California quotata in Borsa con una valutazione di oltre 47 miliardi di dollari. Da ragazzo ogni estate per guadagnarsi da vivere lavora in un negozio di pneumatici, che ripara per poi rimetterli sul mercato. È un impiego temporaneo, che gli consente di ultimare gli studi in matematica all’University of Utah. All’epoca il suo futuro è incerto, vorrebbe insegnare, ma è un lavoro che gli darebbe gli stessi soldi del negozio. Allora invia un curriculim a IBM: la multinazionale sta cercando giovani matematici. Inizia un tirocinio con l’azienda, che lo manda in diverse scuole per imparare a programmare. L’incontro con i computer gli avrebbe cambiato per sempre la vita.  E pensare che da piccolo odia la matematica e viene anche più volte bocciato, mentre l’ingegneria è lontana anni luce dal suo orizzonte di interessi. A scuola si definisce un “mediocre” che va all’Università solo perché tutti quelli cresciuti nello Utah si iscrivono. A cambiargli la vita è un insegnante che fa nascere in lui la passione per la matematica. È già un genio, solo che ancora non lo sa. Durante il master risolve il radicale di Jacobson, un problema algebrico rimasto senza soluzione fino ad allora.

Lascia Ibm per una startup (non sua)

Dopo IBM si prende un rischio, lascia una multinazionale per lavorare in una startup. Si chiama Evans & Sutherland e cerca ricercatori e ingegneri per sviluppare un linguaggio di programmazione che consente alle stampanti e ai computer di dialogare. Lui è il leader del progetto e dopo solo qualche anno lascia per entrare nel centro di ricerca di Palo Alto di Xerox, oggi una delle più grandi produttrici di stampanti e fotocopiatrici. Lì incontra Chuck Geschke, ex insegnante di matematica diventato poi ingegnere. Insieme sviluppano InterPress, un protocollo innovativo che mette in comunicazioni stampanti e pc. John e Charles vorrebbero che fosse lanciato sul mercato, mentre Xerox vorrebbe farne uno standard solo per i suoi prodotti. Alla fine non se ne fa nulla: «Hanno deciso che non avrebbero adottato InterPress, tutto il nostro lavoro in azienda. Il mondo non avrebbe mai conosciuto la nostra idea. Ci è sembrata subito una cosa folle» racconta Warnock che alla fine insieme a Geschke decide di fare tutto da solo. Lasciano Xerox e fondano Adobe Systems nel 1982.

chuckjohn_young_in_meeting

1982: nasce Adobe

La prima invenzione è PostScript, un linguaggio adatto alla descrizione di pagine e immagini che aiuta i computer e le stampanti a scambiarsi informazioni. Per capirci, prima di PostScript stampare e pubblicare immagini era un’attività ad appannaggio di poche aziende, quelle che potevano permettersi i costi altissimi delle operazioni. Un processo vecchio che Adobe sta rivoluzionando. Il linguaggio contiene istruzioni su come e dove disegnare linee punti, lettere dell’alfabeto e altri elementi grafici. In questo modo, ogni apparecchio (capace di eseguire il programma, quelli cioè che dispongono di un interprete PostScript) può riprodurre immagini e documenti.

I fondatori di Adobe con Steve Jobs (Apple)

I fondatori di Adobe con Steve Jobs (Apple)

Il primo ad innamorarsi della soluzione è Steve Jobs che adatta Postscript alle stampante Laser (Apple LaserWriter, è la prima stampante a provare il linguaggio). Poi i rapporti tra Apple e Adobe sarebbero deteriorati: Warnock inizia a favorire Microsoft, secondo Jobs che si vendica rifiutando di inserire Adobe Flash su iPhone e iPad, criticando poi l’azienda per la scarsa qualità di Flash, come svela VentureBeat.

The Camelot Project e il Pdf

Ma PostScript ha i suoi limiti. Quando viene commercializzato funziona “solo” su 100 tipologie di stampanti in circolazione: «Il motivo per cui la soluzione è solo parziale è che richiede delle macchine e delle stampanti molto potenti. È una soluzione a lungo termine quando la potenza dei dispositivi crescerà nel tempo. Ma oggi PostScrip non è utilizzabile su molte delle macchine in circolazione» scrive Warnock in un documento nel 1991, “The Camelot Project” con il quale punta a risolvere un problema grosso in quella fase dello sviluppo dell’informatica: «Quello di visualizzare materiali tra diverse applicazioni e sistemi operativi».

Il documento è la base da cui parte la creazione di un nuovo formato: il PDF che non è un linguaggio, ma un formato che supera PostScript: è multipiattaforma, ideato cioè per avere un aspetto identico su ogni device, niente più problemi di formattazione nel trasferimento. È gratuito ed open, occorre scaricare il programma Adobe Reader per visualizzarlo. E nessuna informazione (immagini, font..) viene persa nel trasferimento. Grazie a queste caratteristiche in poco tempo diventa il formato preferito per pubblicare documenti, per i quali è importante mantenere intatta la formattazione grafica.

Adobe, un impero da 40 miliardi

Le prime invenzioni di Adobe fanno crescere incredibilmente la startup che in soli otto anni dalla sua fondazione (1982) ha ricavi di 170 milioni di dollari e utili per 40. E c’è da dire che anche oggi le cose vanno più che bene. I ricavi lo scorso anno hanno sfiorato i 5 miliardi di dollari. E anche i risultati dei primi 3 mesi di quest’anno sono più che promettenti: 1,38 miliardi, con una crescita del 25% l’anno. Anni che hanno visto l’azienda sfornare una quantitativo straordinario di software di successo (Photoshop, Premiere, After Effects e Ilustrator sono solo alcuni esempi).

maxresdefault

Flash (e tutta Macromedia) e l’era cloud

Nel 2005 Adobe acquista Marcomedia, software house per la grafica e il web development. Un’operazione da 3 miliardi e 400 mila dollari con cui Adobe fa suo Flash e altri software di successo, come Dreamweaver, ColdFusion, Fireworks, FreeHand, e molti altri.

Negli anni tante le sfide che ha attraversato, come i crack dei programmi. Oggi la suite Adobe è cloud, non compri più il pacchetto di software, ma paghi solo l’uso che ne fai, con abbonamenti mensili. Risultato: prezzi minori, aggiornamenti continui e, non ultimo, un duro colpo alla pirateria.

«Adobe è nata da un sentimento di frustrazione»

Dal 2000 non è più Ceo dell’azienda, ma continua a sedere nel board. Il timone è nelle mani di Shantanu Narayen, l’imprenditore indiano ex Coo della multinazionale della grafica, che ha iniziato la sua carriera alla Apple per poi fondare una startup di photo sharing. Quanto a Warnock ha trovato il tempo per dedicarsi alle sue passioni, oltre l’informatica: la collezione di libri antichi, che ha iniziato nel 1986 con in testo di Euclide del 1570 e all’arte dei nativi americani della quale possiede una delle collezioni private più importanti al mondo: «Eravamo due dipendenti e stavamo costruendo delle cose straordinarie. E le persone non avrebbero potuto utilizzarle, goderne i vantaggi. Adobe è nata proprio da un sentimento di frustrazione» spiega oggi Warnock, riflettendo su tutto quello che è stato capace di creare. Eppure era solo un ragazzo che riparava gomme in officina e aveva voti disastrosi in matematica: «Non mi sono mai concentrato sui miei limiti, o su quelli di un progetto. Quando ragioni così finisci per essere prudente e di non fare molta strada».

Giancarlo Donadio
@giancarlodonad1

Adobe_HQ