Davanti una pizza a Williamsburg, New York, Alberto Pepe racconta la favola della sua Authorea che ha raccolto 1,5 milioni di dollari per rivoluzionare il modo in cui si fa ricerca, in chiave collaborativa
Con 1,5 milioni di dollari in tasca e ambiziosi progetti di allargare il mercato globale della sua startup, Alberto Pepe sta preparando le valigie per andare a Parigi. La sua startup è Authorea, fondata insieme a Nathan Jenkins nel 2013 «per far tornare sexy la scienza», mi dice ridendo, mentre mangiamo la pizza in un locale italiano doc a Williamsburg, il quartiere di Brooklyn dove vive.
Seriamente, si tratta di una piattaforma web che sta rivoluzionando il modo di fare ricerca scientifica: permette di scrivere, condividere, discutere online in tempo reale i risultati della ricerca, rendendo più aperto, trasparente e veloce tutto il processo.
Il milione e mezzo di dollari è il secondo giro di finanziamenti raccolti, appena chiuso (il primo era stato di 600 mila dollari nel 2014, forniti da un gruppo di New York Angels, con leader Brian Cohen e Alessandro Piol, incontrati da Alberto a un evento di VentureOutNY.
Leader di questo round è stata Lux Capital una società di venture capital che investe soprattutto in startup tecnologiche e scientifiche non convenzionali. Hanno partecipato al finanziamento anche la John S. and James L. Knight Foundation e ancora i New York Angels.
Forte di questo sostegno, Alberto va a Parigi, alla fine di febbraio, perché Authorea è una delle otto startup basate a New York che hanno vinto il concorso NYC-Paris Business Exchange, lanciato dalle due amministrazioni comunali per facilitare la collaborazione e gli scambi fra l’ecosistema innovativo delle due città. Oltre 100 startup newyorkesi avevano fatto domanda.
A Parigi Alberto si fermerà solo per la prima settimana del programma, che dura sei mesi. Poi continueranno a lavorarci alcuni suoi colleghi e collaboratori. «Parigi ci interessa come base per il marketing verso tutta l’Europa – mi spiega Alberto -. Abbiamo già importanti contratti con istituzioni europee come l’EPRFL (École polytechnique fédérale de Lausanne), il Max Plank Institute in Germania e il CERN, dove Nathan e io ci siano incontrati quando io facevo ricerca là (2004-2006). Abbiamo buoni rapporti anche con i Politecnici di Milano e Torino, le Università di Bologna e Padova. C’è un ampio potenziale di sviluppo in Europa e vogliamo sfruttarlo».
Da Manduria a New York, l’ascesa di Alberto
«Del resto l’Europa è nel DNA di Authorea» sottolinea Alberto, nato 35 anni fa in Puglia, a Manduria («dove tutti fanno il vino Primitivo, compresa la mia famiglia»). «Nathan è americano ma vive in Svizzera. Il nostro chief scientific officer, Matteo Cantileno, è un toscano che da nove anni lavora alla University of California a Santa Barbara. E un altro nostro impiegato chiave è bulgaro».
«Finito il liceo nel 1998 avevo deciso di andare a studiare a Londra – racconta Alberto – Non sapevo nulla di Internet, o di come far domanda a un college britannico. Così, quando sono andato a UCL (University College London) nel mese di settembre, pensando che avrei potuto subito iscrivermi e iniziare le mie lezioni, sono sembrato molto naif. Ma è piaciuto il mio spirito e mi hanno accettato, a condizione che avrei trascorso un anno a studiare inglese. A UCL ho ottenuto la mia laurea in Astrofisica (2002) e il mio Master in Computer Science (2003)».
«Poi sono tornato in Italia dove ho lavorato per sei mesi presso il CINECA (Consorzio Interuniversitario, Bologna) con il gruppo di Scientific Computing e Data Visualization. Dal 2004 al 2006 ho lavorato a Ginevra nel dipartimento di Information Technology al CERN (Centro europeo per la ricerca nucleare). Al CERN, ho avuto a che fare molto con gli archivi e ho iniziato a coltivare l’idea di un accesso aperto alla scienza».
Dal 2006 in California, come ricercatore. E dalla ricerca l’idea di una startup
«Nel 2006 mi sono trasferito in California, dove ho ottenuto il mio dottorato di ricerca in Information Studies presso la UCLA (University of California, Los Angeles). La mia tesi di dottorato era intitolata ‘Structure and Evolution of Scientific Collaboration Networks in a Modern Research Collaboratory’. È stato il fondamento scientifico per Authorea».
«Nel giugno 2010, dopo aver terminato il mio dottorato, ho incontrato Alyssa Goodman, professoressa all’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics. Dopo dieci minuti di conversazione mi ha assunto. Così ho fatto la mia ricerca post-dottorato ad Harvard, dove sono rimasto fino alla fine del 2013, quando mi sono dimesso per concentrarmi sulla mia startup».
Come sempre, una startup ha successo quando risolve un problema reale, di solito sentito in prima persona dai fondatori. E così Authorea è nata dall’esperienza di Alberto e Nathan, insoddisfatti dal modo lento, inefficiente e obsoleto con cui i lavori di ricerca sono scritti e diffusi.
«Facciamo una ricerca da 21° secolo, ma scriviamo e diffondiamo i risultati con strumenti del secolo scorso, creati prima dell’invenzione di Internet – spiega Alberto – Ancora peggio, confezioniamo i risultati in un formato da 17° secolo, lo stesso che Galileo ha inventato per comunicare con la sua comunità scientifica e con le autorità ecclesiastiche. Tuttavia, Galileo nei suoi articoli scientifici comprendeva tutti i dati delle sue osservazioni. Questo è impossibile oggi, perché la mole dei dati è diventata enorme, quindi si pubblica solo una versione molto superficiale dei dati usati, dando un collegamento a un server in cui è disponibile tutto il materiale. Ma tutto il processo è molto statico».
Cosa fa Authorea, e come è riuscita a convincere 85mila scienziati
Authorea invece è una piattaforma che permette agli scienziati di creare un articolo come un progetto dinamico, in cui tutti i risultati sono trasparenti e comprendono non solo il testo ma anche immagini, dati e analisi. L’università di Harvard è stata fra le primissime istituzioni ad aderire alla piattaforma, che ora ha 85 mila utenti nei campi scientifici più diversi, dalla fisica alla gnomica, dalle scienze ambientali alla biologia computazionale. La usano anche alcuni professori universitari per far svolgere i “compiti” ai loro studenti.
Alberto ha scelto New York come base della sua startup, perché ci era arrivato nel 2013 con Visiting Researcher in Astrofisica e Cosmologia presso la NYU (New York University). «Mi sono innamorato subito della città», dice. La prima sede era a Williamsburg, ma adesso occupa uno spazio dentro ThinkRise, a due passi da Eataly a Manhattan. «È uno spazio molto bello, diverso dai soliti co-working spaces – dice Alberto – Una volta al mese ci ospitiamo un evento del New York Open Science Meetup, un gruppo che abbiamo fondato per discutere di scienza anche con i non specialisti: invitiamo un ricercatore a parlare del suo lavoro in modo divulgativo, secondo la nostra filosofia open».
Intanto Authorea continua a crescere: sta assumendo nuovi collaboratori. «Arriveremo a una decina entro marzo – dice Alberto – I candidati ideali vengono dai nostri stessi utenti, che conoscono come funziona la piattaforma. Cerchiamo anche qualche stagista per Parigi». Se siete appassionati di scienza, fatevi sotto!