La società di trasporto automobilistico sta attraversando un periodo difficile soprattutto a causa di accuse di molestie sessuali che hanno investito i dirigenti. L’azienda ha cercato di correre ai ripari con i licenziamenti e anche il ceo Kalanick ha deciso di lasciare
Una serie di scandali rimbalzati sui mezzi di informazione. Le dimissioni il 12 giugno del vice presidente della società Emil Michael. L’allontanamento dalla guida dell’azienda anche del ceo Travis Kalanick. In tre fotogrammi questa è la crisi che sta attraversando Uber, la società di San Francisco che offre un servizio di trasporto automobilistico attraverso un’applicazione sullo smartphone. I cambiamenti nell’azienda che sta sfidando il servizio taxi in tutto il mondo si sono resi necessari per affrontare le difficoltà di un periodo di prova cominciato il 19 febbraio del 2017 e legato ad accuse di molestie sessuali di cui si sarebbero resi responsabili alcuni dirigenti della società.
UPDATE 21 giugno
Travis Kalanick si è dimesso dalla carica di ceo. La notizia, anticipata dal New York Times, è stata confermata dal portavoce. Kalanick rimarrà comunque a far parte del board. “Amo Uber più di qualsiasi cosa al mondo – ha scritto Kalanick in un comunicato riportato da New York Times – e in questo difficile momento della mia vita personale ho accettato la richiesta degli investitori di mettermi da parte in modo che Uber possa continuerà ad andare avanti a costruire piuttosto essere distratta da un’altra lotto”.
La lettera di Kalanick ai suoi dipendenti
Il 13 giugno Kalanick ha scritto una lettera indirizzata ai suoi dipendenti e pubblicata da TechCrunch in cui ha spiegato la sua decisione di prendersi un periodo di pausa dall’amministrazione della società: «Eventi recenti mi hanno fatto comprendere che le persone sono più importanti del lavoro e che io ho bisogno di prendermi del tempo per piangere mia madre, morta lo scorso venerdì, per riflettere, per lavorare su me stesso, per concentrarmi sulla costruzione di un team con una leadership di prim’ordine». L’amministratore delegato non ha precisato nella sua comunicazione per quanto tempo durerà la sua assenza. Ha solo rassicurato i suoi dipendenti riguardo alla gestione dell’azienda che passerà ai suoi collaboratori. Kalanick si è detto comunque disponibile a intervenire in caso di decisioni strategiche da prendere. Ufficialmente, quindi, la sua scelta è motivata dal lutto familiare e non c’è accenno nelle sue parole agli scandali che hanno investito la sua società. C’è, però, il riferimento esplicito alla costruzione di una nuova linea di comando per la sua Uber 2.0: «“Mettete le persone al primo posto”, questa è l’eredità di mia madre. E rendete Uber 2.0 reale così che il mondo possa vedere il lavoro ispirato che fate e le persone che rendono Uber grande», ha scritto alla sua squadra Kalanick.
La strategia anti-crisi
Il consiglio di amministrazione di Uber nel frattempo ha approvato all’unanimità una serie di raccomandazioni contenute in un report. Si tratta di linee guida da seguire per difendere il buon nome dell’azienda dalla tempesta mediatica che l’ha investita e che rischia di mettere in pericolo i grandi risultati economici raggiunti. Tra i punti principali messi in risalto dal documento, la necessità di ridistribuire le responsabilià del ceo, aumentare il peso del responsabile societario per la diversità e l’inclusione, rendere più indipendente il consiglio di amministrazione. In aggiunta a questo, si consiglia la creazione di una commissione apposita per vigilare sulla cultura e l’etica aziendale e prendere nella giusta considerazione eventuali denunce di abusi da parte dei dipedenti.
Le ricadute economiche
Nel mese di marzo l’Economist, che riportava i dati di 7Park Data, stimava una perdita di mercato di Uber del 6 per cento rispetto all’inizio dell’anno. Tuttavia, Uber ha mantenuto una valutazione elevata che si aggira intorno ai 69 miliardi di dollari a causa del dominio che è riuscita a diffondere a livello internazionale. Il suo futuro ora, però, è incerto come non mai. Il problema principale che ha inciso sulle sorti della società californiana risiede in una serie di scandali sessuali che hanno coinvolto alcuni dei suoi dirigenti. L’azienda ha cercato di correre ai ripari attivando una linea dedicata alle lamentele dei dipendenti e cercando di eliminare ogni traccia di possibili pregiudizi dagli annunci di lavoro pubblicati. Inoltre, ha deciso di portare nella sua squadra due figure che dovrebbero dare un aspetto nuovo all’azienda: Frances Frei, esperta di leadership e Bozoma Saint John che rappresenterà il volto pubblico della società. E non sembra un caso che la scelta sia caduta proprio su due donne.
L’inizio degli scandali
Era stata una dipendente, Susan Fowler, a denunciare pubblicamente sui social le proposte sessuali ricevute da parte di un manager e l’assenza di provvedimenti da parte dell’ufficio delle risorse umane al quale si era rivolta. In quell’occasione Kalanick era già intervenuto avviando un’indagine interna per cercare di fare luce sulla vicenda e per chiarire anche la cultura aziendale nel trattare casi del genere. La soluzione proposta da Michael, però, non andava molto nella direzione della trasparenza: il vicepresidente avrebbe tentato di insabbiare le notizie considerate più scomode e apparse sui giornali. Tra tutte quelle relative alle performance di alcuni dirigenti Uber in un locale di Seoul.
Le accuse e le difficoltà
Intanto Uber ha già allontanato 20 dipendenti per accuse di molestie sessuali. Le denunce sono diventate sempre più numerose dopo il caso Fowler. E lo scandalo sessuale non è l’unico ad aver colpito la compagnia di San Francisco. Uno degli autisti di Uber ha pubblicato su YouTube un video in cui ha una discussione piuttosto accesa con Kalanick su una strategia aziendale che, a suo dire, ha ridotto i suoi guadagni in maniera notevole. Il ceo era stato criticato anche nel mese di gennaio per la sua collaborazione con l’amministrazione di Donald Trump. I problemi del servizio di trasporto si sono aggravati quando è stato accusato di utilizzare il software segreto Greyball per sfuggire ai controlli delle autorità in città come Boston, Parigi e Las Vegas dove si tentava di arginare il fenomeno Uber. Nel mese di marzo anche Google aveva attaccato l’azienda accusandola di aver copiato parte della tecnologia di Waymo grazie alle informazioni passate da un ex dipendente di Mountain View, Anthony Levandowski, poi licenziato nel mese di maggio.
Il futuro di Kalanick e di Uber
Nel corso dei mesi l’azienda si è quindi trovata senza la sua linea di comando: manca un responsabile finanziario, un presidente e presto anche il ceo lascerà un vuoto. Lo scandalo è talmente ampio che gli abbandoni potrebbero crescere. A rischio ci sono Ryan Graves delle risorse umane e Thuan Pham, il cto accusato da Fowler di non aver fatto nulla di fronte alla sua denuncia di molestie e di successiva minaccia di licenziamento. Per quanto riguarda il futuro di Kalanick, bisogna considerare che la sua posizione nell’azienda non permetterà al consiglio di amministrazione di estrometterlo. Spetterà a lui, quindi, decidere in maniera autonoma se mollare definitivamente.