Per nulla sconfortata dall’altalenante risultato della rivale Lyft, saltata in Borsa lo scorso 29 marzo e subito in discesa, con un prezzo ben più basso dei 72 dollari ad azione del collocamento, Uber sembra pronta a lanciare entro maggio la sua quotazione. L’intenzione sarebbe quella di vendere titoli per un valore di 10 miliardi di dollari e puntare a una valutazione di 100, di poco inferiore alle previsioni iniziali da 120 proprio in virtù della non eccezionale performance della rivale Lyft. ma superiore all’ultima da 76, calcolata dopo l’investimento di Toyota.
I piani per l’Ipo
Così, la piattaforma per chiamare un’auto via app – ormai diventata un sistema di mobilità a 360 gradi con progetti su guida senza conducente e mezzi alternativi alle vetture su quattro ruote – potrebbe arrivare a far segnare l’Ipo (Initial public offering) più grande dell’anno, la più corposa nel settore tecnologico anche oltre quella di Alibaba nel 2014 e fra le dieci maggiori di tutti i tempi. In queste ore il gruppo guidato da Dara Khosrowshahi starebbe depositando alla Sec, la Consob statunitense, i documenti necessari per preparare lo sbarco sui mercati finanziari. Poi, nelle prossime settimane, il “road show” dagli investitori per fare in modo che tutto proceda per il meglio dopo l’analisi dei conti e delle attività.
I dubbi e i conti
Il confronto fra Uber e Lyft sarà essenziale, come hanno confermato diversi analisti. Le cifre che una società che intende quotarsi deve infatti dichiarare e documentare sono ben più articolate e complete di quelle che un gruppo privato è tenuto a diffondere. Nello specifico, Uber aveva annunciato due mesi fa un incremento del fatturato del 2018 intorno al 45% rispetto al 2017, anche se i dati mostravano un rallentamento nell’ultimo trimestre.
C’è tuttavia ancora molto da capire sulla redditività delle attività: le tensioni internazionali con governi, autorità e amministrazioni locali che ne hanno mutilato il servizio in decine di mercati, la saturazione del business delle corse via app, la concorrenza anche di altre tipologie di trasporto urbano (rispetto alle quali l’azienda non è stata tuttavia a guardare). E ancora, il senso e la portata degli investimenti in ambiti all’apparenza lontani dal core business: food delivery, logistica, scooter, bici, guida autonoma. Tutte voci che pesano molto sul bilancio, ancora in rosso nel 2018 di 1,8 miliardi, anche se in discesa del 15% rispetto all’anno precedente.
Il nodo autisti e utenti
Non solo: c’è anche da comprendere con esattezza quanto ci guadagnino gli autisti, quanti siano davvero nei diversi mercati (cifre su cui la piattaforma ha sempre mantenuto il massimo riserbo) e quanti siano gli utenti considerati “attivi”. La quotazione di Lyft ha comunque fatto segnare un passo importante, risultando la più massiccia da un paio d’anni, vedi alla voce Snap.