Intervista al founder di Mosaicon dopo il round da 8 milioni. Racconta la crescita della sua azienda, i momenti di difficoltà, quelli di gioia, il suo rapporto con la startup scene. Ma soprattutto il senso di fare impresa in Sicilia
A sinistra il Tirreno. A destra le villette a schiera si allungano verso le colline di Palermo. Poco prima dell’Isola delle Femmine, una struttura cubica a vetri riflette i raggi del sole verso il mare. Campeggia alta una scritta. Mosaicoon. «Ma siete qui? Vicino l’uscita di Capaci?». Ugo Parodi Giusino, 34 anni, palermitano, founder di Mosaicon risponde all’sms in qualche secondo: «Sì, si vede bene dall’autostrada». Laureato al DAMS, appassionato di cinema («Kubrick e Bergman i miei preferiti») oggi è a capo di una società che ha una sede con un colpo d’occhio impressionante. E lo è ancora di più se si pensa che Mosaicoon la conosciamo come startup, anche se oggi è considerata tra le scaleup più promettente d’Europa. In sei anni da queste parti si è costruito un piccolo miracolo. Un’azienda con 80 dipendenti, 8 sedi in 5 nazioni, che ha raddoppiato con una progressione perfetta il suo fatturato di anno in anno (ultimo dato disponibile è quello del 2014: 3,5 milioni). Un miracolo che ha messo a segno una nuova milestone: 8 milioni di investimento. E un nuovo capitolo che è ancora da scrivere. In Sicilia. A Palermo. Isola delle Femmine, sì, ma la memoria collettiva è richiamata da quell’uscita, Capaci, dove 24 anni una strage sembrava infrangere i sogni e le speranze di un’isola.
8 milioni di investimento e nuovi piani di crescita per un’azienda che ha sede vicino Capaci il giorno dopo la commemorazione della strage che uccise il giudice Falcone. Qualsiasi richiamo simbolico risulterebbe eccessivo, eppure…
«In realtà l’investimento l’avevamo confermato il giorno stesso dell’anniversario di Falcone, è stato ovviamente un caso ma siamo felici che ci sia un richiamo simbolico anche agli sforzi di far rinascere la nostra terra».
E’ esagerato dire che è la vostra antimafia?
«Per noi fare impresa è la cosa migliore per cambiare le cose in Sicilia. Non ci piace un certo tipo di antimafia, quella che si limita alle commemorazioni. Noi la facciamo qui, a Palermo, ogni giorno. Combattiamo ciò che fa male al nostro territorio con il lavoro di tutti i giorni. Facendo impresa qui, in Sicilia, facendo lavorare la nostra terra».
Il terzo round di investimento, un seed, un round A e adesso a 4 anni dall’ultimo un round B da 8 milioni. Una progressione da manuale, Mosaicoon ricalca questa progressione?
«Mosaicoon è cresciuta tantissimo e sotto molti aspetti. Fatturato, dipendenti, sviluppo. Abbiamo un modello tecnologico di valore internazionale e che la cosa ci sia stata riconosciuta dall’Europa e in Silicon Valley lo conferma. Oggi i nostri video hanno 800 milioni utenti finali e più di 20mila publisher utilizzano la nostra tecnologia. Il fatturato e i clienti raddoppiato ogni anno. Abbiamo investito nella nuova sede per crescere ancora e lo abbiamo fatto cercando di essere all’avanguardia anche come architettura e gestione degli spazi. Abbiamo voluto fortemente avviare un percorso di eccellenza in ongi aspetto. Dal prodotto alla struttura».
Cosa farà Mosaicoon con questi soldi?
«I soldi dei venture servono per fare ricerca e sviluppo in modalità più pura. Mi spiego, vendere un prodotto e concentrarsi sulla sua realizzazione impiega risorse ed è difficile dedicare un intero team alla ricerca di altre soluzioni, nuove strade e nuovi possibili sviluppi. Questi soldi ci assicureranno la possibilità di innovare ancora, prendere nuovi talenti, senza distogliere energie dai prodotti per i clienti. Oggi abbiamo 12 persone che seguono il mercato asiatico nelle ultime sedi aperte a Singapore, Nuova Delhi e Seul».
In sei anni avete mai cambiato modello di business o di prodotto?
«Partiamo dal presupposto che il pivotaggio è alla base di un’azienda tecnologica. Se non modifichi ogni giorno quello che fai muori dopo una settimana. Detto questo, a me fa impressione guardare oggi la mia presentazione del 2009 quando raccontavo ai primi investitori l’idea del “mosaico” di creativi per fare campagne video e distribuirle. Quello rimane nel cuore del nostro modello e dei nostri prodotti, ma si è evoluto nel tempo, tantissimo, correggendo giorno per giorno errori e imperfezioni. Ora guardiamo avanti e cambieremo ancora, ma il nostro DNA rimane quello».
Come è organizzata oggi Mosaicoon?
«Noi abbiamo separato l’headquarter di Palermo con il resto che si occupa di vendite e gestione commerciale. In sintesi, ricerca sviluppo e creazione dei prodotti da noi in Sicilia e reparto vendite nelle altre sette sedi. Noi lavoriamo quasi esclusivamente con fuori dalla Sicilia».
Come lavorate?
«Abbiamo un metodo agile. I nostri dipendenti lavorano per cicli di sviluppo di prodotto che non durano mai più di sue settimane. Se stai facendo un prodotto lo devi fare entro due settimane, altrimenti è vecchio. Da un anno abbiamo una business intelligence che usa parametri che abbiamo imparato in Silicon Valley. Per noi la cosa importante è la condivisione degli obiettivi, e la flessibilità. Parlare di cartellino da noi è una cosa che non ha alcun senso. Qui ci sono ragazzi con skateboard e infradito, che lavorano e magari fanno pausa al mare. Ma senza che questo possa compromettere la qualità del lavoro. Per noi iperinformalità e iperqualità vanno insieme. Lo dice lo stesso nostro ufficio che fisicamente è progettato in modo da non avere né postazioni fisse, né pareti né nicchie. Ci teniamo che tutto in Mosaicoon si svolga in modo trasparente».
Qual è stato il momento più difficile per te e Mosaicoon?
«Ah non saprei dirlo, forse ogni giorno! Ogni giorno ci sono difficoltà ma ci sono dei momenti in cui arrivo in ufficio al mattino e vedo che ci sono dipendenti carichi e voglia di fare e mi carico anch’io».
Il momento che ricordi più volentieri?
«Sicuramente l’inaugurazione di questo ufficio che per noi è un simbolo per la nostra azienda e la Sicilia intera. Sai cosa significa per noi? Ci siamo fatti da soli in sei anni. Tutto fatto con il nostro lavoro! Ogni giorno vedere questa sede mi emoziona».
Cosa vuol dire fare impresa, a questi livelli, a 34, anni in Sicilia?
«Guarda, adesso che il business è maturo posso dirti che fare impresa in Sicilia è bellissimo. E’ meglio per l’efficienza del lavoro, la qualità della vita per i dipendenti. Tra qualche giorno un’azienda verrà da noi dalla Silicon Valley per una settimana per vedere quello che facciamo. Google da due anni in Sicilia tiene ogni estate uno dei suoi incontri più segreti e esclusivi tra imprenditori, venture, innovatori da tutto il mondo e credo che un motivo ci sarà. Però non la voglio fare facile, abbiamo faticato tantissimo e trovare partner e clienti non è semplice. Ma lavorando tanto e recuperando alcuni gap credo si possa dire che si può fare benissimo».
Avete mai pensato a comprare startup in Italia? Qualcuna che possa aprirvi a nuovi prodotti, nuovi mercati?
«Per ora siamo sempre cresciuti organicamente senza fare acquisizioni. No direi che non abbiamo progetti del genere in questo momento».
Arcangelo Rociola
@arcamasilum