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La storia è questa: i funzionari della Federal Reserve americana e le loro controparti globali stanno affrontando una minaccia economica diversa da qualsiasi altra in passato, per contenere le ricadute di un virus in rapida diffusione. Non esiste cronologia storica che guidi l’offensiva al coronavirus, che ha già fatto chiudere fabbriche e danneggiato aziende in tutto il mondo.

 

L’epidemia si è spostata rapidamente al di fuori della Cina, da dove è emersa per la prima volta. Giappone, Corea del Sud, Iran e Italia stanno avendo a che fare con focolai e casi delicati, che hanno messo in discussione le normali attività quotidiane. Tra queste ci sono quelle di banche e istituti di credito, obbligati a lavorare su turni, a scaglionare i clienti e ad attuare misure preventive decisamente pesanti. Dinanzi a tale scenario, le banche centrali potrebbero accelerare l’attuazione di una misura drastica: un mondo senza contanti.

 

Il contante ha i giorni contati

 

L’Italia ha colto il meglio dalla crisi dovuta al coronavirus realizzando, su diversi livelli, quello che negli ultimi anni la trasformazione digitale non era riuscita a fare: smart working, healthcare digitale, e-commerce estremo, sistemi tracciati di pagamento. Se è nelle calamità, più o meno gravi, che la cultura innovatrice di un popolo emerge, beh, l’Italia e l’Europa stanno rispondendo come meglio possono.

 

D’altronde, il modo del commercio cambia rapidamente. Il duopolio tra Visa e Mastercard amplia la sua portata e compagnie come Apple e Google hanno reso molto più semplice pagare con un cellulare beni di qualsiasi tipo. Più di una dozzina di paesi stanno concretamente pensando, con in testa la Cina, a come creare una forma digitale di denaro contante.

Banca dei regolamenti internazionali

Pochi giorni fa, il 1 marzo, la Bank for International Settlements (o Banca dei regolamenti internazionali) ha pubblicato un rapporto che delinea i possibili progetti per una valuta digitale della banca centrale in metodologia peer-to-peer. Un progetto che ci interessa da vicino perché sarebbe da attuare, il condizionale è d’obbligo, nei primi tredici paesi al mondo per pagamenti digitali, nell’ordine: Corea, Svezia, Finlandia, Stati Uniti, Paesi Bassi, Regno Unito, Belgio, Francia, Irlanda, Germania, Portogallo, Italia e Spagna.

Sistema ibrido di gestione monetaria

Alla base di tale iniziativa potrebbe esservi una architettura ibrida, ossia a metà strada tra un sistema di account tradizionale e registri distribuiti, una sorta di comune blockchain. Insomma una valuta collegata a un sistema di identificazione digitale e sfruttata per rendere le transazioni transfrontaliere più economiche ed efficienti. C’è però una criticità ed è quella tra la Banca Centrale e quelle nazionali.

 

Per questo, la Banca dei regolamenti internazionali ha descritto tre scenari: i consumatori potrebbero far affidamento ad un intermediario (la banca nazionale) che tenga i rapporti con l’istituto di regolazione, gestire direttamente la moneta elettronica in stile Bitcoin oppure aver accesso diretto al denaro della banca centrale ma interagendo con esso attraverso entità commerciali.

 

A fronte di questo, il primo modello indiretto lascia il consumatore più esposto alle insolvenze, in quanto potrebbe portare a un collasso istituzionale, un caos di ruoli. Il secondo, il modello diretto, è semplice, ma richiederebbe al governo di assumere gran parte del sistema di pagamento, eliminando entità commerciali più dinamiche e innovative. Una versione ibrida consentirebbe ai consumatori di detenere valuta digitale centrale mentre le istituzioni private costruirebbero uno strato tecnologico tra di loro.

Equilibri da mantenere

Senza calcare la mano, sappiamo che spesso le nuove tecnologie non sono un sostituto perfetto dei predecessori analogici. L’anonimato offerto dal denaro fisico è anche uno svantaggio quando si tratta di riciclaggio o sommerso. Tuttavia, se i governi fondassero un circuito di valute digitali con funzionalità di tracciamento, il pubblico perderebbe la protezione e la libertà che derivano dalle transazioni anonime.

 

Eppure, un euro digitale veramente anonimo sarebbe l’ideale per i trafficanti di droga e gli evasori fiscali. Insomma, la Banca dei regolamenti internazionali ha lanciato il dato. Ora spetterà agli istituti nazionali decidere se e quando continuare la discussione, prima che le aziende tecnologiche prendano una decisione per loro.