Il fondatore Eugenio Picca: “Il closing è arrivato a luglio 2015 e in un paio di occasioni stava per saltare il piatto”
Viniexport è il principale distributore digitale italiano di vino B2B con oltre 5.000 referenze. La società è nata nel 2015 con un investimento di 400 mila euro da parte di Starthope Fira, il fondo da 20M € della finanziaria regionale abruzzese allora diretta da Rocco Micucci, di cui sono stato advisor fino al 2016.
Ho conosciuto il fondatore Eugenio Picca a un evento sulle startup a Napoli nel 2014, mi ha raccontato la sua storia e il suo progetto e mi ha folgorato. Ne ho parlato con Rocco e abbiamo deciso di proporre l’investimento al CdA.
Rocco ha chiamato Eugenio la sera del 23 dicembre 2014 per dirgli che il CdA di Fira aveva approvato il termsheet dell’operazione, e naturalmente per fargli gli auguri di Natale. Abbiamo coinvolto nel deal un gruppo di business angel ai quali abbiamo offerto un’opzione per sottoscrivere sei mesi dopo una quota del capitale alla nostra stessa valutazione pre-money, direi particolarmente vantaggiosa, ma l’opzione, per fortuna nostra, non è stata esercitata ed Eugenio ha evitato una diluizione ulteriore della sua quota.
La settimana scorsa i founder hanno riacquistato le quote di Fira e Viniexport ha ricevuto un finanziamento di due milioni da un fondo spagnolo, così ho deciso di intervistare Eugenio anche se di professione non faccio il giornalista e conosco già le risposte alle mie domande.
Intervista al fondatore di Viniexport
Eugenio ci racconti la tua storia?
Ho studiato a Madrid, laurea in economia e MBA alla EAE business school, poi un anno in giro per il mondo a fare controllo di qualità sulle navi da crociera e un anno da solo in giro per il Brasile con lo zaino in spalla. Dopo due anni, sono tornato a Madrid a fare il trader per una delle maggiori compagnie mondiali di riassicurazione e poi ho deciso di ritornare a Napoli a casa mia a fare il trader di caffè per Kimbo, il simbolo del caffè per noi napoletani.
Studi in Spagna, poi navi da crociera e caffè. Che ne sai di vino italiano?
A 29 anni ho comprato una piccola casa vinicola che produceva soprattutto vino sfuso venduto in grandi lotti e ho capito come funziona la catena del valore del vino, dal raccolto dell’uva ai grandi player del mondo HoReCa (Hotel, Restaurant e Catering); soprattutto, mi sono reso conto che nel vino il digitale presidiava solo il B2C e che nessuno aveva pensato di sviluppare una piattaforma che servisse gli operatori del settore, prima che il vino arrivasse al consumatore finale.
Hai fatto tutto da solo?
Il mio amico Paolo Orlando aveva lanciato Linkpass, una piattaforma di business matching che aveva raccolto un milione da Vertis, purtroppo finita male. Uno di quei casi in cui un fallimento ti insegna a non ripetere l’errore. Con Paolo abbiamo progettato Viniexport e ti siamo venuti a cercare, ci siamo incontrati in un bar, il caffè lo hai pagato tu e io ti ho raccontato il progetto.
Ricordo bene, non avevi slide, ma avevi le idee molto chiare sul modello di business e sullo sviluppo della piattaforma, e pronta la risposta a ogni mia domanda. Deal done. Ma la negoziazione delle condizioni non è stata una passeggiata.
Infatti, il closing è arrivato quasi un anno dopo, a luglio 2015, e in un paio di occasioni stava per saltare il piatto.
Fira ha investito 400k € e IntesaSanpaolo e Unicredit ti hanno prestato più di un milione. Che ci hai fatto con tutti quei soldi?
Diciotto mesi dopo il closing, Viniexport ha chiuso il suo primo vero bilancio con oltre 2M di giro d’affari. Poi, nel 2017 la partecipazione a ScaleIt, dove Viniexport era la fastest growing company fra tutte quelle presenti, e il 18 dicembre ho ricevuto dal Presidente della Repubblica il Premio Nazionale per l’Innovazione nei Servizi.
In poco più di due anni Viniexport ha venduto più di 3M di bottiglie e a fine 2017 ha lanciato MrWine, la divisione per il mondo HoReCa di alta gamma (maggior valore aggiunto, minori quantità), che ha già intermediato oltre 100.000 bottiglie in meno di un anno.
Serviamo clienti di tutte le dimensioni, compresi grandi nomi come NH e Alitalia, i duty free e grandi piattaforme internazionali.
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Quindi tutto facile?
Direi proprio di no. Avremmo potuto usare meglio quei soldi, soprattutto il debito, ma abbiamo sbagliato il timing. Anzi, noi i tempi li avremmo rispettati al meglio, ma i soldi sono arrivati sempre in ritardo rispetto al momento in cui ne avevamo bisogno. Purtroppo, il fund raising consuma tempo ed energie e allontana il focus dal business.
Hai cominciato mettendo il vino all’asta senza indicare il marchio, un vero e proprio book di trading con ordini in acquisto e vendita per prezzi e quantità. Sembrava di essere in Borsa. Una buona idea, ma non bastava…
Nel tempo è evoluto anche il modello di business, dal puro trading allo sviluppo di una piattaforma di service che fonde il digitale e la logistica e consente ai grandi operatori del mondo HoReCa di integrare nei loro sistemi operativi il software sviluppato da Viniexport e allo stesso di gestire la logistica del vino as a service, con risparmio di tempo e costi per il buyer.
Che fine ha fatto Fira?
Dopo quasi un anno di negoziazione ho ricomprato le quote della finanziaria a un prezzo che secondo me fa contenti noi e loro. Avevo l’obbligo di riacquistare le quote entro quattro anni dal closing e ho preferito farlo subito, anche per accelerare la crescita con nuovi partner dalle spalle forti.
E sei tornato in Spagna…
Abbiamo parlato con alcuni fondi di venture capital italiani ma non abbiamo mai trovato un accordo, anche se abbiamo ricevuto più di un’offerta. Così abbiamo iniziato a esplorare la pista straniera e grazie ai nostri advisor di Tactica abbiamo conosciuto Inveready, un fondo paneuropeo basato in Spagna, che investe equity e debito in startup early stage ad alto tasso di crescita. Abbiamo chiuso un finanziamento di 2 milioni in quattro tranche basato su milestone molto sfidanti, che riteniamo alla nostra portata. Finalmente abbiamo la benzina per avviarci al nostro primo traguardo, superare i dieci milioni di giro d’affari in tre anni.
Viniexport è la stessa di quando ho investito io?
Il core team è lo stesso, con gli amici di sempre, Paolo Orlando e Oreste Guadagnuolo, e l’aggiunta del nostro CTO Emanuele Menniti e del CFO Giacomo Rosa, tutti soci della nuova Viniexport.
Solo vino nel futuro dell’azienda?
Abbiamo già fatto qualche test con altre bevande che però seguono spesso criteri differenti sul piano logistico e commerciale. Non credo che faremo BirraExport, ma l’ampiamento della gamma può essere davvero un’opportunità.