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«Chi controlla i meme controlla l’universo», twittava Elon Musk l’estate scorsa. Senza prendere alla lettera l’espressione di un imprenditore che vive ogni giorno di iperboli, le ultime notizie che riguardano il mondo della finanza suggeriscono di andare a fondo sulla questione meme. Secondo la Treccani, a coniare la parola meme è stato il biologo Richard Dawkinsin nel 1976, riferendosi a un’entità di informazione replicabile. Adattando il termine a internet, un meme è un video, una foto o un disegno “in grado di monopolizzare l’attenzione degli utenti sul web”. E cosa accade quando questi contenuti replicabili – dunque condivisibili – all’ennesima potenza entrano nel mondo della finanza? Stando agli esperti del settore succede esattamente quello che è successo con bitcoin, dogecoin e GameStop, gli ultimi esempi più famosi che testimoniano come funziona la finanza decentralizzata. «I meme sono molto simili ai rebus  – ci ha spiegato Eloisa Marchesoni, cofounder di Blackchain Consulting ed esperta di criptovalute – soltanto che non c’è la soluzione come nelle ultime pagine della Settimana Enigmistica. Quella sta soltanto nelle menti dei più ricchi che si sono accordati su una determinata manovra di mercato, che gli altri possono solo indovinare».

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Meme: il nuovo giocattolo dei ricchi

Nei giorni scorsi si è tornato a parlare di GameStop e di un nuovo rally in Borsa. Il titolo è salito di oltre il 100% in pochissimo tempo. Alcuni hanno associato questo fatto al tweet apparentemente non sense di Ryan Cohen, uno degli investitori nell’azienda texana del gaming: un cono gelato con l’emoji di una rana. Dietro a questa immagine si nasconderebbe forse una sorta di messaggio in codice per gli investitori? «Per me non è una cosa immorale, non va contro nessuna regola – ci ha spiegato Eloisa – Secoli fa i mercanti si incontravano nelle piazze; poi c’è stato il tempo degli uffici della Milano bene, per arrivare ai gruppi Telegram. Ora c’è un meccanismo di democratizzazione per cui si è tornati paradossalmente all’ecosistema della piazza, ma chiusi in casa. Non ci piace più scrivere, perché siamo pigri. Quindi usiamo i meme che, se ci facciamo caso, esprimono sempre un messaggio. Negli investimenti i veri rischi li corre la massa che non si informa».

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Un recente articolo di Wired UK ha documentato l’interesse dell’élite bitcoin per i meme. In sostanza gli investitori cripto stanno comprando queste immagini per attribuirsene la proprietà, esattamente come se fossero quadri di Picasso. «A pensarci non è poi così strano – ha commentato l’esperta – Ci siamo abituati al fatto che un sacco di persone creano una marea di meme ogni giorno per ottenere like e monetizzare sui social. Come esiste quel meccanismo esiste anche quello della compravendita di meme». A questo punto va però introdotto un elemento di cui ancora poco si parla, ma che potrebbe rappresentare uno dei trend del futuro. Ci riferiamo agli NFT, Non-Fungible Token.

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NFT: che cosa sono

Come ci ha spiegato in parole povere la cofounder di Blackchain Consulting, «un NFT è come il certificato di un bene venduto all’asta. Tu non compri semplicemente quel bene, ma soprattutto il certificato di autenticità». I non fungible token altro non sono che stringhe alfanumeriche associate a oggetti come quadri o anche meme che si possono scambiare a un determinato valore soltanto se collegati al loro NFT. «Ogni bene si può associare a un token che rimane collegato a quel bene, che mantiene una propria identità sulla blockchain e che fa sì che perché quel bene si apprezzi sul mercato e venga scambiato debba essere trasferito col token». Altrimenti non ha alcun valore. Questo è il mondo, distante anni luce, degli NFT e dei meme scambiati nel mercato cripto. Ma la finanza tradizionale resta a guardare? «Non credo proprio – ha concluso Eloisa – se non ci sono già dentro presto ci entreranno».

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