La Generazione Z è più flessibile dei lavoratori più vecchi, ma anche molto più insicura e stressata
Giovani e lavoro. Un binomio che in Italia sembra condannato a fare parlare di sé solo in negativo, nelle statistiche sulla disoccupazione. E infatti chi oggi ha finito gli studi e s’affaccia sul mercato sa bene che molto probabilmente andrà in pensione solo dopo aver svolto tante mansioni parecchio diverse tra loro e che l’aggiornamento professionale e i corsi per “reskillarsi” (orribile termine odierno per indicare l’attitudine a imparare da zero un nuovo mestiere) saranno necessari, una costante per tutta la vita.
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Sono insomma finiti i tempi in cui dopo le superiori o la laurea si entrava in banca e lì vi si rimaneva per tutta la vita, con scatti continui d’anzianità in busta paga e possibilità di fare carriera. Secondo un’analisi di Jobtech, agenzia per il lavoro digitale, a fasce d’età diverse corrispondono attitudini e peculiarità più marcate: mentre i Millennials sono più metodici e amanti del lavoro in team, i più giovani, della cosiddetta Generazione Z, si rivelano più flessibili ma insicuri sul lavoro.
I più giovani “pronti” a un lavoro precario
L’indagine, condotta su 1000 profili in ricerca attiva di lavoro in Italia, ha studiato non le cosiddette hard skill – titolo di studio, competenze e esperienza – ma le soft skill, le caratteristiche relazionali e della personalità. Per farlo, Jobtech ha diviso il campione tra Generazione X (i nati tra il 1965 e il 1980), Millennials (dal 1981 al 1995) e Generazione Z (i nati dal 1996 al 2010).
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Stando ai risultati del sondaggio, l’inserimento di una risorsa della Generazione Z garantisce una maggior flessibilità oraria e di attività, ma espone potenzialmente a una maggiore insicurezza nel prendere decisioni, soprattutto a fronte di responsabilità. I Millennials, dal canto loro, sono più propensi a mantenere un clima positivo sul posto di lavoro e preferiscono uno stile lavorativo più metodico e organizzato rispetto agli altri. La Generazione X offre una maggior stabilità emotiva sul luogo di lavoro e ottime capacità organizzative, che vengono richieste da parte dei candidati anche alle aziende a cui si offrono. In generale, tutti i lavoratori si sono detti ordinati, propensi e portati alla collaborazione, attenti all’ambiente di lavoro e interessati ad instaurare rapporti sociali all’interno del proprio gruppo di lavoro.
Il precariato si paga: lo stress è maggiore
L’universo della Generazione Z dichiara in misura più alta della media (il 28% in più) di avere uno stile di lavoro maggiormente dettato da picchi di energia casuali invece di un approccio metodico ed organizzato. I più giovani si definiscono più sognatori rispetto alle altre generazioni censite (20% in più rispetto ai millennials e 40% in più in confronto alla Generazione X) ma ammettono di soffrire più degli altri le situazioni di stress. Gli uomini, in particolare, sono risultati i più procrastinatori di tutto il campione ma anche i più preoccupati del parere degli altri.