La pandemia e la disparità nei luoghi di lavoro favoriscono un netto aumento delle donne che hanno avviato imprese. E’ quanto emerge dai dati del Rapporto globale sul divario di genere 2022
I nuovi dati globali rilasciati da LinkedIn nell’ambito del Report WEF sul Gender Gap 2022 mostrano un netto aumento delle donne che hanno avviato imprese durante la pandemia. In soldoni, i dati evidenziano che le difficoltà economiche e l’iniquità dei luoghi di lavoro hanno determinato la crescita esponenziale di donne imprenditrici durante la pandemia, mentre le dipendenti hanno cercato di prendere il controllo della propria carriera.
Le donne fondano le proprie aziende a un ritmo più veloce rispetto agli uomini, con un netto aumento nel corso del 2020. In Italia, la pandemia ha visto un’accelerazione di una tendenza di più lungo periodo, con una crescita della percentuale di donne imprenditrici del 62% e degli uomini del 27% nel 2020 rispetto al 2019.
I dati del Global Gender Gap Report 2022
Dal 2006 il WEF misura il divario di genere in quattro specifiche aree (partecipazione economica, partecipazione politica, istruzione e sanità) nell’annuale rapporto, che traccia i progressi fatti verso la riduzione del divario sia a livello globale, che a livello nazionale nelle 146 economie mondiali esaminate.
Il report di quest’anno mostra che il divario di genere non si è ripreso dall’enorme danno causato durante la pandemia di COVID-19, che ha riportato indietro la parità di genere di una generazione: per ridurre il divario nel mondo ci vorranno altri 132 anni. Quattro anni in meno rispetto al 2021, quando erano 136, ma il progresso si è rivelato troppo lento per recuperare la battuta d’arresto della pandemia (solo una nazione su cinque è riuscita a colmare il divario di genere di almeno l’1% nell’ultimo anno). Prima del 2020, il World Economic Forum aveva stimato che ci sarebbero voluti «solo 100 anni» per raggiungere la piena parità di genere su scala globale.
Il WEF conferma l’Islanda al primo posto della classifica, Paese con la maggiore parità di genere al mondo, seguita da Finlandia, Norvegia, Nuova Zelanda e Svezia. L’Italia resta ferma al 63° posto della classifica globale. A separare l’Italia dalla Spagna (17ª), ci sono 46 posizioni, 48 dalla Francia (15ª) e 53 posizioni dalla Germania (10ª). Rispetto al 2021, l’Italia ha migliorato il suo punteggio globale di 0,001 e nella classifica rimane subito dopo Uganda e Zambia e appena prima della Tanzania.
L’Italia si trova anche in fondo alla classifica europea per il sottoindice che misura la partecipazione economica, che comprende: tasso di partecipazione al mondo del lavoro, divario retributivo di genere, reddito da lavoro stimato, presenza delle donne tra funzionari, legislatori, alti dirigenti e professioni ad alta specializzazione. In questo ambito si posiziona al 110° posto dal 114° del 2021, con un miglioramento di minimo 0,003 punti.
Aumento delle “imprenditrici per necessità”
I dati LinkedIn pubblicati nel Global Gender Gap Report 2022 del World Economic Forum, mostrano che le donne riescono a fare “di necessità, virtù”.
Nel periodo pre-covid, le donne svolgevano più spesso lavori nel settore dei servizi, come il commercio al dettaglio e l’ospitalità, che sono stati quelli maggiormente colpiti dai lockdown. La pandemia ha visto molte donne farsi carico della doppia responsabilità del lavoro e del caregiving, costringendole a cercare una maggiore flessibilità rispetto a quella offerta dai loro datori di lavoro.
Tuttavia la pandemia ha anche creato nuove opportunità di business, poiché i settori sono stati stravolti e si sono adattati a operare in modo digitale, contribuendo a ridurre alcuni costi di avviamento, come gli uffici fisici. La combinazione di questi fattori ha fatto sì che le donne avviassero le proprie attività a un ritmo senza precedenti. I settori della finanza, del commercio al dettaglio e dell’istruzione hanno registrato la crescita maggiore di donne imprenditrici tra il 2016 e il 2021, con un aumento delle percentuali di imprese fondate da donne rispettivamente di 2.5, 2.4 e 2.3 volte in questi settori. I Paesi con la crescita maggiore in questo periodo sono stati il Portogallo (un aumento di quattro volte) e il Belgio (un aumento di tre volte).
A livello dirigenziale le donne faticano a ricevere promozioni
I dati del Report 2022 evidenziano inoltre che le donne continuano a essere sottorappresentate nelle posizioni di leadership a livello globale, con meno di un terzo dei ruoli dirigenziali nella maggior parte dei Paesi. La sottorappresentazione delle donne inizia già a livello dirigenziale, creando una ristretta cerchia di talenti che si riduce con l’anzianità. In Italia, mentre la metà delle donne (50%) ricopre posizioni entry-level, solo un terzo (35%) ha ruoli manageriali e un quarto (26%) ruoli C-Suite.
I nuovi dati di LinkedIn sottolineano anche i pregiudizi di genere nelle promozioni interne: a livello globale, gli uomini hanno un terzo di probabilità in più (33%) di ricevere promozioni interne a ruoli di leadership rispetto alle donne, in media, nel 2021. Questo dato, in Italia sale al 63%.
Le sfide delle donne
In questo contesto è necessaria un’azione specifica per rendere i luoghi di lavoro e le società più equi. I dati evidenziano la necessità di concentrarsi su pratiche di assunzione inclusive ed eque, nonché su programmi di mobilità interna e di lavoro flessibile. I passi concreti includono l’eliminazione dei bias dalle job description, la creazione di liste di candidati rappresentative e l’inclusione delle donne nelle commissioni di selezione. Ciò include anche la creazione di programmi di mentoring e formazione mirati per le donne che lavorano a livello pre-manager, nonché una maggiore consapevolezza e formazione sui pregiudizi inconsci per gli hiring manager e gli addetti ai colloqui a questo livello.
Anche la flessibilità lavorativa sarà fondamentale per fare progressi.
L’urgenza di un’azione mirata per affrontare lo squilibrio globale di genere
Il Global Gender Gap Report e i dati LinkedIn dimostrano che è necessaria un’azione specifica per rendere i luoghi di lavoro e le società più equi. I dati evidenziano la necessità di concentrarsi su pratiche di assunzione inclusive ed eque, nonché su programmi di mobilità interna e di lavoro flessibile. I passi concreti includono l’eliminazione dei bias dalle job description, la creazione di liste di candidati rappresentative e l’inclusione delle donne nelle commissioni di selezione. Ciò include anche la creazione di programmi di mentoring e formazione mirati per le donne che lavorano a livello pre-manager, nonché una maggiore consapevolezza e formazione sui pregiudizi inconsci per gli hiring manager e gli addetti ai colloqui a questo livello.
Anche la flessibilità sarà fondamentale per fare progressi. I dati LinkedIn mostrano che le donne hanno il 24% di probabilità in più rispetto agli uomini di candidarsi a ruoli a distanza, sottolineando l’importanza della flessibilità per le donne e il ruolo che essa svolge nel rendere equi gli ambienti di lavoro. Il lavoro flessibile deve essere normalizzato per attrarre un pool di talenti diversi e deve essere offerto a tutti i lavoratori, non solo alle donne.