Unstoppable Women. Alla guida della più importante conferenza mondiale sul fotovoltaico, oggi coordina la task force multidisciplinare Agrivoltaico Sostenibile di ENEA e scommette sulla decarbonizzazione. Intervista ad Alessandra Scognamiglio
Agrivoltaico: come suggerisce il nome stesso, si coltivano terreni e intanto si produce energia elettrica sfruttando la luce del sole. Un sistema che può portare importanti innovazioni agronomiche e contemporaneamente contribuire al raggiungimento degli obiettivi del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2030, secondo cui in Italia saranno necessari almeno 32 GW di nuovo fotovoltaico: attualmente, infatti, la produzione è di 20.9 GW, ma il target è 52 GW.
Una sfida fondamentale per il nostro Paese, che vede in prima fila Alessandra Scognamiglio, coordinatrice della task force multidisciplinare AgrivoltaicoSostenibile di ENEA, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile.
Architetto, ha conseguito la laurea magistrale in Architettura presso l’Università degli Studi di Napoli, e un dottorato di ricerca in Tecnologie per l’Architettura e l’ambiente presso l’Università della Campania. Dal 2000 è ricercatrice presso il dipartimento Tecnologie Energetiche e fonti Rinnovabili dell’ENEA, dove si occupa di impiego del fotovoltaico negli edifici e nel paesaggio. Autrice di oltre 100 pubblicazioni e di alcuni brevetti (Boogie-Woogie vetro fotovoltaico, PV-LED lampione Stapelia, marchio di parola e grafico “Algovoltaico” resp. “Algaevoltaics), dal 2008 Alessandra Scognamiglio è topic organiser per il tema fotovoltaico e integrazione negli edifici e nel paesaggio della Conferenza Europea del Fotovoltaico (EUPVSEC). È inoltre ideatrice e presidente dell’evento annuale Photovoltaics | Forms | Landscapes, quest’anno alla sua undicesima edizione. E’ stata nominata general chair della 8th World Conference on Photovoltaic Energy Conversion, il più grande evento mondiale sul fotovoltaico, che ogni 4 anni riunisce la principali conferenze regionali del fotovoltaico (IEEE-PVSC; PVSC; EUPVSEC), e nel 2022 si terrà a Milano.
StartupItalia: Come nasce l’idea di occuparsi di agrivoltaico sostenibile?
Alessandra Scognamiglio: “Inizialmente ho fatto ricerca sul fotovoltaico applicato agli edifici. Da studi condotti in un gruppo di ricerca internazionale sugli edifici a consumo energetico zero, al quale ho partecipato in ambito International Energy Agency, è emerso che spesso la sola superficie degli edifici non è sufficiente ad installare tutta la quantità di moduli fotovoltaici necessaria per l’autosufficienza energetica dell’edificio, soprattutto se si tratta di costruzioni molto alte, che hanno quindi consumi elevati, oppure di stabili all’interno dei centri urbani, dove bisogna tenere conto di molti fattori, tra cui per esempio l’ombreggiamento più accentuato a causa della vicinanza tra gli edifici. Preso atto che è necessario ricorrere ad altre soluzioni, e che l’installazione del fotovoltaico a terra è fondamentale nell’ambito della transizione energetica, nel 2011 ENEA ha lanciato la conferenza annuale Photovoltaics Forms Landscapes, ospitata nell’ambito della European Photovoltaic Solar Energy Conference (EUPVSEC), per trovare dei modi di coniugare l’installazione del fotovoltaico a terra con il progetto di paesaggio. L’agrivoltaico, una forma di uso multifunzionale del suolo e del fotovoltaico, è stato uno dei temi già dell’edizione del 2012 dell’evento”.
SI: Qual è il pensiero sui cui si fonda l’agrivoltaico?
AS: “L’idea è quella di posizionare i moduli fotovoltaici nei campi, secondo altezze e geometrie diverse, in modo da consentire le lavorazioni agricole sottostanti e il pascolo degli animali. E’ fondamentale, però, che gli impianti vengano costruiti tenendo conto anche del paesaggio, che va rispettato, senza rincorrere la sola logica della massima redditività con il minimo sforzo. Poichè, se ben progettato, l’agrivoltaico può anche contribuire a migliorare l’ambiente circostante. Per esempio, installare moduli fotovoltaici su terreni di scarsa qualità, oppure impoveriti nel tempo da uno sfruttamento massiccio, significa la possibilità di metterne a riposo una parte per migliorare la qualità del suolo, o che l’assenza di uso di fertilizzanti e pesticidi può favorire un miglioramento della biodiversità dei siti. Ci dev’essere però alla base un pensiero capace di considerare tutto in maniera ecologica”.
SI: Nel maggio 2021 ENEA ha lanciato la prima rete nazionale per l’agrivoltaico sostenibile: qual è il bilancio di questo primo anno?
AS: “Come è stato evidente fin da primi mesi, l’interesse nel nostro Paese è molto elevato. Finora abbiamo raccolto quasi 800 adesioni, molto ben distribuite tra le diverse tipologie di stakeholder: imprese agricole, operatori energetici, amministrazioni locali, università, associazioni di categoria, professionisti e consulenti. Si tratta di soggetti che in molti casi sono coinvolti in progetti già in itinere, ma che cercano una rassicurazione tecnico-scientifica e istituzionale, perché la mancanza di una cornice normativa chiara ed unitaria non rende semplice operare in questo settore”.
SI: Qual è la situazione normativa attuale?
AS: “A giugno 2022 è arrivata la definizione di agrivoltaico, all’interno delle linee guida del Ministero della Transizione Ecologica. In Italia c’era molta attesa, perché mancava un’espressione chiara di questo concetto. Le Linee guida operano una distinzione tra agrivoltaico avanzato e agrivoltaico standard e definiscono come sistema agrivoltaico avanzato ‘un sistema complesso, composto dalle opere necessarie per lo svolgimento di attività agricole in una data area e da un impianto agrivoltaico installato su quest’ultima che, attraverso una configurazione spaziale ed opportune scelte tecnologiche, integri attività agricola e produzione elettrica, e che ha lo scopo di valorizzare il potenziale produttivo di entrambi i sottosistemi, garantendo comunque la continuità delle attività agricole proprie dell’area’. Mancano ancora, però, i protocolli di monitoraggio, i decreti attuativi e l’individuazione di aree idonee: c’è ancora molto da fare. Sappiamo inoltre che nell’ambito del PNRR si stanno valutando vari progetti, prestando molta attenzione alle attività agricole e sull’uso dell’acqua e del suolo per la salvaguardia del territorio e della biodiversità.”.
Linee Guida in materia di Impianti Agrivoltaici – Giugno 2022: scarica il documento
SI: Quanto è diffuso l’agrivoltaico in Italia?
AS: “Finora è stato difficile quantificarlo, proprio perché, in assenza di una definizione normativa, come stabilire se un impianto fotovoltaico in area agricola sia definibile agrivoltaico? Ancora prima che il termine si diffondesse, sono nate per esempio esperienze virtuose di abbinamento tra la coltivazione della vite e le pergole fotovoltaiche; allo stesso tempo d’altra parte il ricorso a questo approccio è stato spesso impiegato per mitigare gli effetti del fotovoltaico a terra e ottenere le necessarie autorizzazioni, senza la ricerca di una reale sinergia tra produzione da fotovoltaico ed agricoltura”.
SI: Che cosa prevede il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR )?
AS: “Per il fotovoltaico in ambito agricolo è previsto un investimento totale da 2,6 miliardi, suddivisi in due categorie. Una prima parte, che ammonta a 1,5 miliardi, è destinata al Parco Agrisolare, che ha l’obiettivo di incentivare l’installazione di pannelli ad energia solare sulle infrastrutture agricole, senza consumo di suolo. I restanti 1,1 miliardi sono dedicati allo sviluppo dell’agro-voltaico in senso stretto. Fondamentale sarà la prossima fase di monitoraggio sia sugli impianti fotovoltaici sia sulla produzione agricola sottostante, al fine di valutare il microclima, il risparmio idrico, il recupero della fertilità del suolo, la resilienza ai cambiamenti climatici e la produttività agricola per i diversi tipi di colture”.
SI: Quali sono gli aspetti più innovativi dell’agrivoltaico attualmente?
AS: “Oltre all’aspetto tecnologico che riguarda l’installazione dei moduli e dei sistemi di supporto, che possono essere anche di tipo mobile a inseguimento solare, l’aspetto più importante in questo momento è l’innovazione agronomica: si stanno facendo molte sperimentazioni sulle diverse colture e sulla resa delle coltivazioni. Il sistema fotovoltaico può contribuire all’attività agricola perché protegge dagli agenti atmosferici e aumenta l’ombreggiamento, riducendo così il fabbisogno idrico e favorendo il recupero della fertilità del suolo. La ricerca si sta concentrando su colture che necessitano di ombra o che comunque la sopportano bene, come fragole, lattughe, more e pomodori, ma ancora poco si sa, per esempio, sugli alberi da frutto o su altre coltivazioni. Inoltre, alcune configurazioni spaziali del fotovoltaico sono compatibili anche con il pascolo degli animali: in particolare, sfruttando alcuni sistemi verticali, è possibile realizzare dei recinti fotovoltaici”.
SI: Quali sono i progetti in corso in Italia?
AS: “Nel nostro Paese i primi impianti agrivoltaici sono stati costruiti da REMtec nel 2011, società di Asola (Mantova) che ne ha installati tre nella valle del Po, sviluppando un brevetto denominato Agrovoltaico® in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza. Si tratta di un sistema ad inseguimento su doppio asse installato su campi di grano e mais: i moduli, che si trovano a circa 5 metri da terra, inseguono il sole durante la giornata e durante le stagioni. Un algoritmo di controllo permette di ottimizzare le prestazioni in base alle esigenze. La piena operatività agricola è garantita, anzi: se per alcuni studi non c’è alcun impatto sulla resa agricola, altri hanno evidenziato un incremento di produzione del 4.3% per il mais che cresce sotto un impianto Agrovoltaico® rispetto allo scenario in campo aperto”.
SI: Anche a Scicli (Ragusa), precisamente in località Landolina, ha preso il via la realizzazione di un parco agrivoltaico. Di cosa si tratta?
AS: “Questo progetto, realizzato da Falck Renewables, avrà una superficie di 22 ettari: 17 ettari saranno destinati alla coesistenza di fotovoltaico e coltivazioni, gli altri 5 saranno dedicati solo a piantumazioni. L’obiettivo è arrivare a produrre circa 20 GWh di energia rinnovabile, pari al fabbisogno elettrico di oltre 5mila famiglie. Saranno messe a dimora colture autoctone come alberi da frutto, per esempio ulivi, carrubi e mandorli, erbe officinali e foraggio, individuate in collaborazione con il Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente dell’Università di Catania. Il parco darà nuova vita a terreni incolti e avrà una ricaduta positiva sul territorio a livello occupazionale. Inoltre, in questa occasione Falck Renewables ha lanciato la prima iniziativa di lending crowdfunding del programma “Coltiviamo energia”: i cittadini hanno potuto partecipare alla realizzazione del parco con importi compresi tra 200 euro e 10mila euro e ricevere una remunerazione annuale in cambio”.
SI: Quali gli esempi all’estero invece?
AS: “Tra i progetti più interessanti c’è quello realizzato dall’azienda BayWa r.e. in collaborazione con il Fraunhofer Institute for Solar Energy Systems ISE ed altri partner. Con una superficie di 9.100 metri quadrati, è il primo sistema agrivoltaico in Germania applicato a un frutteto. L’obiettivo è verificare come l’ombreggiamento legato all’impiego dei moduli fotovoltaici possa influire sulla coltivazione di otto varietà di mele, utilizzando due differenti tipi di moduli fotovoltaici, con celle disposte diversamente. Da un lato si potrà studiare quanto sia possibile proteggere le colture da condizioni ambientali come grandine, forti piogge, ondate di calore o gelate, dall’altro si valuteranno gli effetti sulla crescita delle piante e sul rendimento agricolo a seconda della diversa gestione della trasmissione luminosa”.