Ben 4 aziende su 5 non riescono a trovare competenze adeguate soprattutto in ambito tecnico, ma anche alcune competenze trasversali risultano carenti. Il guest post di Fabiana Andreani, una delle massime esperte in orientamento e carriera, seguitissima sui social
La ricerca Talent Shortage di Manpower parla chiaro: nel 2023 siamo arrivati a un picco del 77% di aziende, in tutto il mondo, che fanno fatica a trovare i profili necessari. Si parla chiaramente di 4 employer su 5 che non riescono a trovare competenze soprattutto in ambito tecnico ma anche sales & marketing. Non sono solo le hard skills ad essere al centro della ricerca ma anche alcune competenze trasversali ad essere carenti: prime fra tutte, affidabilità e autonomia, creatività e pensiero critico. La difficoltà di reperimento dei talenti è trasversale anche tra settori, come possiamo vedere nella figura 1, con picchi che arrivano quasi all’80% per i settori comunicazione ed energia.
Anche l’ultimo rapporto ANPAL “Previsione dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia” conferma tale tendenza con percentuali diverse ma con le stesse prospettive: il 40% delle figure ricercate dalle aziende è di difficile reperibilità. Lo scenario totale delle tendenze è ben riassunto nella figura 2, dove troviamo al vertice tra difficoltà di reperimento e tassi di fabbisogn: tecnici informatici, medici e tecnici della salute, tecnici in campo ingegneristico. Spostando la nostra visione su una prospettiva più ampia, questi dati sembrano essere in contrasto con i numeri della disoccupazione in Italia, terzo Paese in UE per numero di disoccupati, e per un altro dato. Quello del numero dei NEET, ovvero i giovani che non studiano e non lavorano.
I NEET in Italia
L’ISTAT ha infatti rilevato in Italia 5.725.000 giovani NEET “Not in Education, Employment or Training”, tra i 15 e i 34 anni a maggio 2023. Tra questi, nel dettaglio, 4.259.000 hanno tra i 15 e i 24 anni, mentre i restanti 1.466.000 rientrano tra i 25 e i 34 anni. Tra tutti gli Stati dell’Unione Europea, l’Italia risulta il paese con più NEET (19%) senza impiego e che non lo cercano (disoccupati e inattivi); non impegnati neanche in attività formative (tirocini, apprendistato e corsi professionalizzanti). Lasciando per un attimo perdere componenti di natura socio – economica, una decisa responsabilità è nella mancanza di orientamento durante tutta l’età scolastica. Attività fatta in fretta, spesso a cura di figure non competenti, troppe volte basato su stereotipi di provenienza sociale e non sulle reali competenze e potenzialità. Ricordiamo tutti, infatti, come i consigli ricevuti dalla scuola media per scegliere il passo successivo, non abbiano coinciso nulla con quello che siamo ora, vero? Oppure quante carriere, compresa la mia, non siano state frutto precisamente dell’indirizzo di studi universitario? Ecco, solo questi nostri episodi personali così diffusi, possono darci l’idea di come l’orientamento sbagliato possa creare danni e disagio. Tutte queste conseguenze hanno un nome: SKILL MISMATCH, differenze tra le competenze ricercate dalle aziende e quelle disponibili. Colmare questo divario, è anche una delle possibili strade per risanare la situazione dell’occupazione in Italia.
Come si legge nella ricerca di Talent Garden e Tortuga “La formazione necessaria per i lavori del futuro”: principalmente i problema è che ci sono pochi laureati STEM e troppo pochi diplomati da ITS, sebbene siano i percorsi che garantiscono l’occupazione più alta. Non solo, per quel 40% di posizioni di difficile reperimento, si legge sempre nella ricerca, 1 impresa su 5 offre una retribuzione superiore alla media proprio per favorire l’assunzione. I profili più richiesti? La ricerca di Talent Garden cita sviluppatori software, esperti di applicazioni e tecnici programmatori. Ma sappiamo che, anche operatori sanitari, professionisti dei servizi alla persona, specialistici in formazione e orientamento, esperti che lavorano attorno al benessere psico-fisico dell’individuo, saranno altrettanto richiesti.
Cosa fare da grande?
Su come migliorare le attività di orientamento si parla ultimamente più spesso ma la prospettiva predominante delle aziende è quella delle aziende che cercano. Se ci spostiamo verso chi deve scegliere, invece, nonostante le informazioni e risorse ora disponibili, (ad esempio Excelsorienta, tool online di ANPAL-Excelsior), la confusione permane attorno ad un punto: ma io cosa potrei fare? La domanda è difficile perché viene proiettata in un futuro oscuro e incerto, senza però considerare un aspetto fondamentale: cambiare strada sarà la costante nello scenario lavorativo attuale. Come allora intraprendere un percorso di orientamento valido, adesso? Il giusto approccio si concentra dapprima sulle competenze del singolo e poi sulla conoscenza delle opportunità dei singoli percorsi.
Partendo da competenze e attitudini, i passi da compiere sono:
- Se l’incertezza è molta, si può partire ad esclusione da quello che non ci piace per restringere poi il campo.
- Secondo passo è capire se puntare su quello che ci interessa oppure su quello che ci viene bene fare. A volte questi aspetti coincidono, a volte no. Nel primo caso, saremo motivati da una motivazione alle scoperta, nel secondo caso saremo rassicurati da una competenza nel saperci muovere. Non tutte le passioni infatti possono diventare lavoro.
- Terzo passo è figurare le nostre priorità: cos’è più importante per noi al momento? Perché non tutte le carriere che ci interessano magari sono sostenibili alla luce dei sacrifici che possiamo e/o vogliamo fare.
- Infine, pensare che potremmo sempre, e questo te lo assicuro, correggere il tiro. Fortunatamente la formazione oggi offre possibilità di apprendimento con una flessibilità prima inimmaginabile.
Spostandosi invece sulle opportunità, il campo di azione prevede:
- Valorizzare la reale diversità in tutti i campi di studio. Le ragazze hanno bisogno di essere incoraggiate a studiare STEM, visto che i pregiudizi culturali hanno ancora troppo peso (secondo una ricerca IPSOS ben il 54% delle adolescenti dimostra interesse verso gli studi scientifici, ma solo il 20% li sceglie. Il motivo? Non li credono adatti a delle ragazze). Stesso invito dovrebbe allora avvenire anche per i ragazzi verso professioni connesse con l’educazione, la formazione o le professioni sanitarie. La diversità non è una ricchezza in questi campi o sono ancora considerati ambiti meno prestigiosi per degli uomini?
- Promuovere gli Istituti Tecnici Superiori: vera risorsa del sistema educativo italiano. Percorsi ad alta specializzazione ricchi di pratica con tassi di inserimento pari alle lauree STEM, che rispondono alle esigenze del territorio e con titoli riconosciuti a livello europeo. Tantissime le iniziative che vanno dalla robotica, alla valorizzazione del made in Italy fino al digital. Cosa non va? Le persone ancora non ne percepiscono il valore e pensano siano istituti di serie B. Cosa che non succede in altri Paesi europei, come Germania o Paesi Bassi, dove lo “studio duale” è la norma e gli ITS sono chiamati University of Applied Science, apprezzate sia per le collaborazioni con aziende che l’altissimo tasso di inserimento. A questo proposito, da segnalare è l’iniziativa di studio duale di Lidl Italia “Lidl 2 your career”, dove, a seguito di un’assunzione, i prescelti alternano studio in ITS e lavoro nei negozi con l’ottenimento finale della qualifica europea di Assistant Store Manager (stanno selezionando ora e qui tutte le informazioni).
- Sempre sulla formazione tecnica, incoraggiare le carriere di chi non vuole fare l’Università verso percorsi che formano figure operanti a livello meccanico, progettuale o artigianale. Nonostante due generazioni abbiano continuato ad invitare i figli a non prendere tali strade meno prestigiose, ora queste figure professionali sono necessarie e molto ricercate da settori di nicchia per il nostro tessuto economico, come per esempio l’industria della moda. Di pochi giorni fa, l’allarme di Panbianco News che denuncia la necessità di 7000 tecnici nel fashion. Su questo filone, Brunello Cucinelli, per esempio, ha introdotto interi corsi finanziati per formare le nuove generazioni di artigiani del prodotto. Il bando per la Scuola di Alto Artigianato Contemporaneo per le Arti e i Mestieri di Solomeo (PG) è aperto e lo trovi qui.
- Riguarda meno i giovani ma l’invito è quello di indirizzare le politiche attività del lavoro e le iniziative di reskillig come ITS, IFTS o corsi non solo a under 30, grandi protagonisti di questi programmi, eliminando il requisito dell’età. L’ho detto più volte (anche qui su LinkedIn), l’età è l’unico pregiudizio, in quest’epoca di DE&I, che ancora non siamo riusciti a muovere nemmeno un po’. Dando la possibilità anche agli over 30 di potersi formare e acquisire nuove competenze, il bacino di richiesta profili si allargherà, rendendo meno drammatiche le cifre di talent shortage con le quali abbiamo iniziato.
Un orientamento che funziona fa miracoli, perché permette di conoscerci e di essere riconosciuti per competenze e attitudini, trasferire queste in altri campi e non essere limitati ai soli titoli. Come questi effetti positivi si manifestino, possiamo trovarlo nell’immagine sotto (figura 3) presa dalla ricerca di Talent Garden e Tortuga che parla dei tassi di occupazione delle lauree umanistiche. Come questi effetti positivi si manifestino, possiamo trovarlo nell’immagine sotto (figura 3) presa dalla ricerca di Talent Garden e Tortuga che parla dei tassi di occupazione delle lauree umanistiche. Anche questi percorsi, che offrono da noi minor impiego, in Paesi dove l’orientamento è presente, basato sulle competenze e attitudini, il tasso di occupazione si rivela molto alto, al pari delle nostre lauree STEM. Te lo saresti aspettato?