Jack Dorsey, ex amministratore delegato di Twitter, è tra i cosiddetti bitcoin enthusiast più attivi in rete. Nelle scorse ore ha inviato una mail dal proprio indirizzo Square (l’azienda fintech di cui è Ceo, ribattezzata di recente Block) per comunicare alla community degli sviluppatori bitcoin l’istituzione del Bitcoin Legal Defense Fund, organizzazione non profit che punta a tutelare tutta quella schiera di professionisti indipendenti impegnati nel campo bitcoin e non solo. «Lo scopo principale di questo fondo – ha scritto Dorsey – è quello di difendere gli sviluppatori da cause legali riguardanti le loro attività nell’ecosistema bitcoin, compresa la ricerca e il mantenimento di un avvocato difensore, lo sviluppo della strategia del contenzioso e il pagamento delle spese legali. Questa è un’opzione gratuita e volontaria di cui gli sviluppatori possono approfittare. Il Fondo inizierà con un corpo di avvocati volontari e part-time. Il consiglio del Fondo sarà responsabile di determinare quali cause e difensori aiuterà a difendere».
Quella di Jack Dorsey è stata una delle dimissioni dalla carica di Ceo più importanti del 2021. Cofounder di Twitter, ha guidato il social network in tutti questi anni, scontrandosi infine con il clamoroso ban di Donald Trump, l’ex presidente USA, cacciato dalla piattaforma (e da tutti gli altri social) a seguito dei fatti di Capitol Hill del 6 gennaio 2021. Dorsey, a riguardo, aveva dato la propria versione, non nascondendo il fallimento delle Big Tech.
Stando ad alcuni post pescati da Twitter sembra che l’azione di Jack Dorsey abbia già raccolto l’approvazione di diversi bitcoiner. In questi giorni si è tornati a parlare di bitcoin, soprattutto sulla stampa generalista, non soltanto perché la criptomoneta più famosa di tutte è scesa sotto la soglia dei 40mila dollari (nel 2021 aveva superato i 60mila), ma anche per quanto sta accadendo in Kazakistan, che dopo il ban cinese sulle cripto è diventato il secondo paese per mining di bitcoin. La crisi energetica in corso nello Stato è stata imputata al consumo energetico di questa attività. Ma stanno davvero così le cose?