Le Giga Farm, fattorie con lo scopo di produrre grandi masse di vegetali, privi di residui chimici e con la peculiarità di ridurre notevolmente il consumo d’acqua, continuano ad avere i conti in rosso e sollevano dubbi sulla loro sostenibilità ambientale. E se la soluzione fosse una tecnologia modulare, scalabile e localizzata? In questo guest post Thomas Ambrosi, fondatore di ONO Exponential Farming, ci parla del cambio di paradigma
Il Vertical Farming è sempre più considerato un nuovo metodo per poter produrre cibo sano e pulito per l’uomo e gli animali in tutto il mondo. Da quando intorno al 2010 un docente della Columbia University ne definì il nome, esso si è diffuso ed evoluto, si sono moltiplicate aziende e startup. La prevalenza è situata negli USA, con recenti installazioni in UAE, Arabia Saudita e Qatar, Cina, e recentemente anche in Europa .
Si tratta per lo più di cosiddette Giga Farm con lo scopo di produrre grandi masse di vegetali, privi di residui chimici e con la peculiarità di ridurre notevolmente il consumo acqua, raggiungendo valori fino al 95-98% in meno delle coltivazioni in campo aperto.
La motivazione principale che spinge i farmer e i cultori di questo metodo è quella di andare a creare cibo per le future generazioni da qui al 2050, quando si stima che la popolazione mondiale sarà concentrata in metropoli e raggiungerà i 10 miliardi di individui.
Ma solo alcune aziende hanno scelto di sviluppare e proporre sistemi di coltivazione che consentano ai molti di accedere a questa nuova industry, la maggior parte punta ad essere un farmer monopolista che produce masse di vegetali, prevalentemente insalate da foglia.
Vertical farming, un business in rosso
In un panorama di aziende ‘farmer’ prevalentemente americane, il sentiment dilagante oggi è chiaro: nessuna delle aziende produttrici in verticale presenti nel mercato può vantare bilanci in positivo. Nonostante le faraoniche raccolte di denaro finanziate dalle maggiori banche mondiali, dai fondi per startup e da aziende di fama mondiale per realizzare le cattedrali, le Giga Farms, che oggi sono il modello stereotipo per il vertical farming, nessuna risulta essere profittevole.
Nessuna delle aziende produttrici in verticale presenti nel mercato può vantare bilanci in positivo
Ed è noto a tutti gli operatori del settore, nonostante il continuo tam tam mediatico che riceviamo giornalmente su ogni canale. I problemi principali che ne affossano il conto economico sono: il costo del lavoro, l’impatto energetico, e la eccessiva sovrapproduzione, resa necessaria per tentare di abbattere gli enormi costi fissi.
Quest’ultima comporta effetti molto negativi per l’economia delle aziende che sono costrette a produrre continuativamente grandi masse di vegetali che, se non venduti, devono essere conservati, trasportati dove sia possibile venderli, e molto spesso (30% è il dato noto) scartarli. Un sistema insostenibile finanziariamente e socialmente, visto che ogni operazione successiva alla produzione comporta emissioni di CO2.
Uno degli impianti di Ono Exponential Farming
Serve un nuovo modello di produzione
A vederla così si direbbe una favola finora ben raccontata ma dal finale poco lieto, per chi ha finora queste imprese ma anche per noi consumatori, bombardati da notizie di innovazioni di fatto considerabili oggi giurassiche dalla nascita. La finanza ha giocato un ruolo fondamentale, chi ha finora scommesso su questo metodo ha purtroppo perso di vista lo spirito vero del vertical farming, ossia la produzione di prossimità e la necessità di abbattere le emissioni, fornendo prodotti “oltre il biologico” ma con valori di costo di produzione accettabili, seppur mai comparabili con il campo aperto o la serra.
Ognuno di noi può diventare un vertical farmer
Durante il mese di giugno, proprio quando in Italia scoppiava il dramma della siccità, si è tenuto a un evento a Brooklyn, il New York Indoor Agritech Summit 2022, dove per la prima volta veniva esposto un nuovo concetto di Vertical Farming, introducendo il lean farming, ossia dare la possibilità a chiunque voglia, di diventare un ‘next generation farmer’, adottando una tecnologia che consenta di produrre quello che serve, quando serve, dove serve e senza sprechi (what, when, where, without waste, le 5W).
I nuovi sistemi sono moduli singoli, completamente isolati dall’esterno, che lavorano in pressione positiva impedendo l’ingresso di patogeni, come una sala operatoria per intenderci. Torri di coltivazione contigue e connesse fra loro in cui l’ambiente di crescita è programmato (temperatura, umidità, tempo, luce) in funzione delle piante che dovrà ospitare, con la possibilità quindi di produrre differenti tipi di vegetali sotto lo stesso tetto ma in torri differenti.
Il lean farming dà la possibilità a chiunque voglia, di diventare un ‘next generation farmer’, adottando una tecnologia che consenta di produrre quello che serve, quando serve, dove serve e senza sprechi
Il tutto controllato dall’uomo, ma dall’esterno, tramite un sistema operativo sviluppato appositamente che utilizza, fra l’altro, l’intelligenza artificiale per ottimizzare i tempi di crescita e sprecare il minimo risorse chiave come l’energia e l’acqua.
Si tratta di sistemi scalabili di torri, ossia che diminuiscono l’impatto di costo al loro crescere numerico, aumentando le possibilità di differenziazione delle colture, e che consentono a chiunque nel mondo di coltivare ogni orticola o vegetale in genere, senza necessariamente essere uno scienziato o un contadino provetto, avendo a disposizione ogni clima possibile e quindi realizzare durante tutto l’anno le produzioni richieste in quel momento.
Tutti i plus dell’approccio modulare al vertical farming
Dal punto di vista economico i sistemi sono maggiormente competitivi per costo al metro quadro di coltivazione di oltre il 70% rispetto le note Giga Farms e i motivi sono presto detti e spiegati:
- 30% in meno di impianti illuminati (che sono una delle voci di maggiore costo in una vertical farm). Quando le piante hanno bisogno del buio, il sistema operativo fa spostare in automatico i vassoi dove non vi sono le lampade
- Una densità di produzione fino a 3 volte nel volume, grazie alla gestione automatizzata delle altezze delle piante. Il sistema posiziona i vassoi più o meno vicini fra loro e ottimizza di fatto l’occupazione.
- L’impianto di irrigazione lavora per un vassoio alla volta essendo concentrato in una zona specifica dove vengono prelevati i residui del fluido contenente i nutrienti base, analizzati, e fatto il rabbocco per la fase di crescita successiva con regolazione dei parametri nutrizionali, del PH, della conducibilità elettrica della soluzione. Avendo una zona unica si evitano i costi di tubi distribuiti nell’impianto e problemi di manutenzione in caso di rotture.
- Il costo dell’automazione per il movimento dei vassoi è irrisorio se comparato a carrelli elevatori che devono comunque portare, nel caso delle attuali tecnologie di vertical farming, uomini esperti in quota per controllare lo stato delle piante.
- I sistemi di coltivazione sono inseriti nel sistema operativo che consente di fatto a chiunque di coltivare anche senza avere conoscenze specifiche, ma contando su un team agronomico che può agire sia da remoto sia recandosi sul luogo dove la farm viene realizzata.
Benvenuta sostenibilità, economica e ambientale
Queste nuove farm modulari possono essere composte da una sola torre o da molte torri per realizzare l’esatto fabbisogno di una specifica popolazione locale, sono connesse ad internet e scambiano informazioni con un sistema centralizzato che distribuisce a tutti gli impianti nei territori i migliori metodi di coltivazione grazie alle elaborazioni della intelligenza artificiale coadiuvata dall’esperienza degli uomini, agronomi e scienziati.
Tutta la tecnologia meccatronica, informatica e l’esperienza umana applicate permettono di affermare, dati alla mano e pesi alla mano, che i valori di costo per kg di prodotto sono fino al 75% inferiori rispetto i costi dichiarati dei prodotti da vertical farm noti nel mercato.
Queste nuove tecnologie consentono di produrre esattamente il necessario senza sbilanciare le produzioni in eccesso. A parità di produttività rispetto ad una azienda che ha investito circa 25 milioni di euro, le nuove tecnologie abbassano questo valore a meno di 6 milioni di euro per produzioni annue di circa 250 tonnellate di erbe aromatiche o insalate.
Vi sono quindi ombre ma si stanno accendendo nuove luci nel mondo delle coltivazioni verticali, queste negli ultimi anni sono rimaste nascoste per necessità di assicurare ricerca e validazioni operative vere, sapendo che la direzione presa da altri era fallimentare, sapendo che i temi del costo del lavoro, della automazione, dell’energia venivano sottovalutati, presentando al mercato solamente la chimera di una produzione pulita e innovativa, ma molto costosa.
Oggi si può dire che come sempre, gli errori o l’azzardo dei primi hanno dato modo ad altri di fare un balzo evolutivo di questo settore, puntando alla localizzazione delle produzioni, all’annullamento degli sprechi e alla riduzione di emissioni.
Un sistema che, risultando meno aggressivo dal punto di vista economico, abbassa di fatto il gradino di ingresso alla tecnologia e consente una riduzione drastica del rischio da parte di chi decida di investire in un mega trend che finora è stato solo per pochi.