Il trend, negli Stati Uniti, sta decollando: persone che hanno sfruttato la pandemia per riqualificarsi approdano ora a posizioni ICT prima irraggiungibili. Anche perché le aziende pretendono meno
Se il problema è sentito negli Stati Uniti, patria dell’alta formazione scientifica e tecnologica, figuriamoci in Europa. La carenza di lavoratori del settore IT con un profilo elevato è un fatto consolidato da tempo (una controprova ne sono gli elevati salari offerti a queste figure) e secondo il Wall Street Journal si sta risolvendo nell’unico modo in cui poteva sciogliersi: con un’invasione di “blue collar”, dei cosiddetti “colletti blu”, in ruoli ICT prima riservati a persone con una formazione universitaria almeno di base. Per il quotidiano quest’avanzata di persone un tempo impiegate in mansioni peggio pagate, spesso manuali, si tradurrà in un “enorme shock della forza lavoro” statunitense.
Così li battezzò Ginni Rometty
Ginni Rometty, storica ex amministratrice delegate di Ibm, già nel 2016 li ribattezzò “new collar”, i “nuovi colletti”. La sua idea era che le posizioni tecnologiche dovessero essere accessibili non solo tramite i percorsi formativi tradizionali ma anche tramite percorsi spuri e attraverso l’esperienza sul campo, accompagnata magari da offerte formative flessibili e più rapide. Specialmente in periodi in cui l’alternativa sarebbe rallentare produttività e sviluppo. Se c’è chi sa muoversi abilmente nell’ICT, insomma, bisognerebbe abbassare le pretese e badare al sodo.
La pandemia ha fatto il resto, ampliando questa transizione e portando molte persone con curriculum non proprio coerenti o in linea a occupare ruoli nel mondo tech prima irraggiungibili (nonostante la storia di molti capi azienda, spesso con percorsi accademici a dir poco altalenanti, faccia spesso pensare il contrario).
Il sondaggio sui “new collar”
I numeri confermano l’avanzata dei “new collar”: secondo la società di consulenza manageriale Oliver Wyman, che ha sentito oltre 80mila persone fra agosto 2020 e marzo 2022, più di un decimo degli americani che occupavano posizioni a basso reddito e lavori precari ha fatto un salto negli ultimi due anni. Quale salto? “Molti dei loro nuovi impieghi si muovono nel software e nell’information technology, così come nella logistica, nella finanza e nella salute, sempre in ambito tecnologico” spiega la società. Da una parte hanno approfittato del periodo per riqualificarsi, magari spinti dalla voglia di migliorare il proprio tenore di vita, dall’altra hanno appunto cavalcato il “job shortage”.
“Nel sondaggio Oliver Wyman, i lavoratori statunitensi che prima della pandemia si definivano dei colletti blu hanno spiegato che l’iscrizione a un corso specializzato o bootcamp, o l’acquisizione di un’altra qualifica, ha permesso loro di accedere a nuovi tipi di lavoro in settori come tecnologia, elaborazione dati, assistenza sanitaria ed elettronica. LinkedIn Learning, un’importante piattaforma di credenziali online, ha visto il completamento delle classi idonee ai certificati, come la gestione dei progetti, aumentare di oltre il 1.300% tra il 2020 e il 2021 ” spiega l’indagine del WSJ. Gente che, partendo da passioni o competenze a cui dare forma, ha trovato corsi, seminari, strumenti e percorsi giusti (in gran parte fruiti a distanza) e incrociato l’elevata offerta di lavoro nel settore in certi casi anche per raddoppiare i propri compensi annui.
Gli altri fattori che stanno spingendo i “new collar”
Altri elementi che hanno spinto alla ribalta i “new collar”, oltre alla pandemia e alle richieste dei gruppi tecnologici, c’è stato il progressivo abbandono del mondo del lavoro da parte dei baby boomer, un calo dell’immigrazione legato alla chiusura delle frontiere e appunto la tendenza delle aziende, in una fase di crisi, a non andare troppo per il sottile.