Un termometro dell’ecosistema startup calcolato sul database di startup analizzate nel percorso di ricerca opportunità di investimento di IAG. L’indice si basa su 5 parametri che analizzano: i settori industriali, la tipologia e valutazione del round investimento, l’area geografica e la differenziazione di genere nei team imprenditoriali
Lo IAG Index ha l’obiettivo di fornire un monitoraggio dell’evoluzione e dei mutamenti del Seed Venture Capital e dà evidenza delle opportunità di investimento a disposizione di un business angel del network IAG, garantendo la diversificazione di portafoglio a livello geografico, settoriale e stadio di sviluppo.
“Italian Angels for Growth ha un ruolo di ‘traghettatore’ delle startup dalle primissime fasi embrionali pre-seed alle fasi di progressiva maturità ‘late stage’. Le nostre attività e i risultati raggiunti ad oggi, ci hanno permesso di essere il faro nella fase in cui molte nuove aziende devono attraversare la nota ‘valle della morte’. Hanno inoltre convogliato su di noi l’interesse e il supporto di vari stakeholder del settore (banche di investimento, fondi di venture capital, family office, soci corporate) che riconoscono la professionalità e il valore aggiunto dell’attività di selezione e supporto degli angels di IAG. Lo IAG Index è un ulteriore strumento per avvicinare altri attori a questo mondo e accrescere le opportunità del nostro Paese di avvicinarsi agli ecosistemi più evoluti”. Ha dichiarato Paola Bonomo, Vice Presidente IAG.
I risultati dello studio
La differenziazione per settore è abbastanza equilibrata fra le quattro macroaree prevalenti nel Venture Capital (Deep Tech, Digital, Life Science e Fintech).
L’area Digital, che racchiude al suo interno diversi sottosettori (B2B Software, Marketplace, Fashion, Food & AgriTech, Turismo, etc.) rappresenta la maggior parte delle startup analizzate, ovvero circa il 38%. I business digitali sono caratterizzati da un’elevata natalità di nuove realtà grazie al limitato fabbisogno di capitali iniziali per avviare l’operatività, la rapidità di ingresso sul mercato (sono business subito rivolti alla vendita senza una lunga fase di ricerca né di certificazioni) e la crescita esponenziale che questi modelli di business possono permettere (non ci sono barriere all’espansione né limiti strutturali).
Il settore Life Science
Il settore Life Science è focalizzato negli ambiti Biotech, ovvero ricerca farmaceutica e materiali biologici innovativi, e MedTech, prevalentemente strumenti medicali e robotici volti a rivoluzionare i trattamenti e le operazioni mediche. Questa area ricopre un peso rilevante (24,7%) tra le startup analizzate ed un ruolo ancor più significativo tra gli investimenti effettivamente finalizzati (circa il 50%) dagli angeli di IAG, questo grazie al valore riconosciuto dalle startup medicali all’expertise dei soci IAG che vengono dal settore e che investono capitali e tempo a fianco dei ricercatori, professori e medici.
La fase di sviluppo su cui si focalizzano i Business Angels che investono tramite club deal è quella Seed, che corrisponde al 64,6% delle startup analizzate. Ci riferiamo a quella fase di sviluppo delle startup dove il prodotto/servizio è già stato realizzato e sono già stati effettuati i primi test di mercato (soprattutto per le società digitali), ma sono necessari capitali per fare crescere le vendite e la struttura organizzativa. Peculiarità diverse caratterizzano i settori Life Science e Deep Tech dove lo sviluppo della tecnologia richiede un periodo più lungo e capitali più ingenti; in questi casi i principali elementi da ricercare sono la robustezza della proprietà intellettuale ed i risultati dei primi test o proof of concept.
Le fasi d’investimento
È molto interessante rilevare che una parte significativa delle startup analizzate, pari al 18,9%, si concentra sui round di investimento denominati Series A, ovvero i primi investimenti più corposi dove tendenzialmente sono coinvolti anche investitori istituzionali come i fondi di venture capital. Le startup target sono solitamente in una fase di sviluppo che presenta un business model validato dal mercato, con dei risultati già dimostrati dalle metriche raggiunte e ancora forti potenzialità da dimostrare, soprattutto nei mercati internazionali dove sono pronte per fare il salto.
La valutazione pre-money è la stima del valore della società prima dell’investimento. Ci sono vari metodi di calcolo della valutazione ma, a differenza del private equity dove molti sono basati su indicatori economico-finanziari, nel venture capital ci si rivolge più a stime basate su operazioni comparabili a stadio di investimento simili e a transazioni di acquisizioni o quotazioni di aziende più mature per capire la prospettiva di valorizzazione al momento della cessione della società e quindi dedurne il valore attuale in base ad una aspettativa di ritorno proporzionale al rischio.
Le valutazioni oscillano in base al settore, poiché il valore delle exit, ovvero le “uscite” degli investitori per cessioni delle partecipazioni, cambia molto in base alla complessità della tecnologia, grandezza e valore del mercato, difendibilità della soluzione e attrattività per un’altra azienda acquirente. Nonostante ciò, possiamo ben stimare che le valutazioni in ambito pre-seed si orientano sui 2 milioni di euro (si valuta la prospettiva di crescita ed il valore dell’innovazione più che i risultati già raggiunti), duplicandosi, se non di più, nei round seed (5 milioni di euro) e ulteriormente crescendo fino ad una media di 14 milioni di euro nei series A.
Ogni buona diversificazione del portafoglio oltre che per settore industriale e stadio di sviluppo delle società si deve concentrare su diversi focus geografici.
L’imprenditorialità femminile
Il cuore delle società analizzate rimane italiano ma il 53,3% delle startup analizzate provengono da mercati esteri, grazie ad un flusso di opportunità internazionali provenienti da incubatori, acceleratori, centri di ricerca, eventi e competition internazionali. Le valutazioni estere si confermano più generose rispetto a quelle italiane di un 10/20% in fase embrionale dei progetti (Pre-seed / Seed) riallineandosi al momento dei Series A, dove anche in Italia vediamo sempre una maggior partecipazione di investitori esteri.
Per quanto riguarda l’imprenditorialità femminile, la proporzione di startup analizzate con almeno una fondatrice donna è sopra gli standard internazionali, ovvero 22,9% contro circa il 20%. La diversità di genere è vista come un asset di valore in ambito strategico, strutturale e di attrattività per potenziali investitori. Prevale nettamente il peso delle startup «femminili» nel settore Life Science dove un terzo delle società analizzate hanno almeno una founder donna. Questo si rileva maggiormente in fase preclinica piuttosto che in fase clinica.
Si evidenzia che in ambito Digital e Tech il peso delle startup con almeno una founder donna è più alto nelle società già in fase di generazione di ricavi piuttosto che in quelle più precoci, indicatore del valore anche a livello commerciale delle diversità dei team.
Gli investimenti in startup non sono solo capitali ma comprendono persone che investono il loro tempo e impegno. Diversificare il proprio portafoglio è fondamentale ma risulta fondamentale conoscere gli imprenditori, i loro ideali, i loro valori e cosa li spinge nella loro avventura. Da lì poi inizia un viaggio insieme fatto di consigli, contrasti, fiducia reciproca, difficoltà e successi che porta a maturare investitori e imprenditori.
Leonardo Giagnoni, Managing Director IAG: “Sono entusiasta del lancio di questo indicatore che pone un accento sul settore venture capital e prova a darne trasparenza per richiamare ulteriori attori a questa fonte alternativa di innovazione ed imprenditorialità. Le startup hanno necessità di capitali ma soprattutto di competenze e di voglia di mettersi in gioco al fianco degli imprenditori di domani. IAG è pronta a dare il suo contributo e voi?”.