Una startup romana ha deciso di documentare in diretta tutta la filiera del cibo, dal campo fino agli scaffali di un negozio all’Olgiata. Parola d’ordine: ritorno alle origini e tracciabilità
Venti telecamere installate in campagna e nei laboratori riprenderanno h24, sette giorni su sette, la crescita di frutta, verdura, cereali e polli e la loro trasformazione. E’ questo il progetto che sta dietro all’azienda agricola B.O. e a B.O.ttega, un negozio di alimentari che ha aperto all’Olgiata, Roma. Sugli scaffali si possono trovare dal 16 dicembre composte di frutta, miele, dolci, uova, frutta e verdura. E c’é anche il banco della pasta all’uovo fatta artigianalmente.
Le telecamere lungo tutto il percorso di filiera
L’idea é quella di ritornare alle origini, all’agricoltura che praticavano i nostri nonni. Ma di guardare avanti e costruire con i consumatori un legame di fiducia, da qui l’idea di installare le telecamere lungo tutto il percorso di filiera, dal campo allo scaffale. “Le telecamere sono state messe nell’azienda agricola B.O. che si trova a Monte Gelato, vicino a Roma. Collegandosi al nostro sito (non ancora online, ndr) sarà possibile vedere le galline che razzolano, i campi di grano, la serra e così via. E poi sono anche all’interno dei laboratori dove le materie prima vengono lavorate”, spiega a StartupItalia! Massimo Pasquali, regista e ideatore del progetto, che insieme ad altre persone, agricoltori e non, ha voluto lanciare questo esperimento.
L’intervista
Come mai avete voluto installare queste telecamere?
Perché vogliamo che le persone che sono interessate abbiano la possibilità di vedere esattamente quello che accade in campagna. Vogliamo la massima trasparenza, che le persone vedano ciò che promettiamo: un’agricoltura e un cibo rispettoso dell’uomo e dell’ambiente.
Le telecamere bastano davvero? Quale consumatore ha il tempo e le conoscenze per capire da una telecamera se vengono usati o meno prodotti chimici?
Questo è il massimo della trasparenza che la tecnologia ci offre. Nel momento stesso in cui vedo che in campo non entrano irroratrici o operai con tute di protezione capisco che non vengono usati prodotti di sintesi.
Per cosa sta la sigla B.O.?
All’inizio volevamo fare produzioni biologiche, da qui la sigla. Ma poi ci siamo resi conto che le cose non sono sempre come sembrano e anche il concetto del bio é relativo, vedi i falsi che spesso vengono scoperti.
Il nome B.O.ttega strizza l’occhio al termine Bio, non c’é il rischio che qualche consumatore ritenga che siate certificati Bio quando invece non lo siete?
Assolutamente no, quando si vede la nostra insegna non c’è questo rischio.
Lei parla di un ritorno alle origini nella produzione di cibo, che cosa intende?
Oggi bisogna produrre sempre di più e questo viene fatto a scapito dell’uomo, dell’ambiente e della qualità del cibo. Noi volgiamo produrre un cibo sano, buono e che sia sostenibile. E lo facciamo ricorrendo alle pratiche agricole che usavano i nostri nonni.
Ad esempio?
Contro gli afidi impieghiamo il sapone di Marsiglia. Usiamo l’ortica macerata per tenere lontani certi parassiti. Concimiamo solo con sostanza organica e così via. I nostri prodotti sono davvero genuini e sani.
Le produzioni saranno molto più limitate rispetto all’agricoltura convenzionale. Dunque anche i prezzi in B.O.ttega saranno più alti rispetto agli altri negozi, o no?
No, non è vero. Nei negozi troviamo certi prodotti che perché sono certificati biologici hanno prezzi astronomici. Da noi puoi trovare un barattolo di marmellata a 3,5 euro, come da molte altre parti.
Ma come fate a mantenere i prezzi uguali se producete di meno?
Perché non usiamo la chimica e dunque risparmiamo.
Progetti per il futuro?
Stiamo cercando degli investitori che credano in questa idea semplice di fare agricoltura e produrre cibo e che vogliano investire per allargare la rete di aziende agricole e B.O.tteghe. In questo momento storico in cui tutto viene ridotto ad una questione di business credo che fare un passo indietro sia un ottimo modo per andare avanti.