Nello stabilimento pugliese che fa diesel è iniziata la produzione di e-bike, ma non sembra scongiurare la soppressione di posti di lavoro
A poche ore dall’annuncio, da parte del Ministero allo Sviluppo economico, dell’arrivo di 750 milioni sul Fondo per la crescita sostenibile (FCS) e su quello rotativo per il sostegno alle imprese e agli investimenti in ricerca (FRI), gestito da Cassa Depositi e Prestiti, finalizzati a investimenti green, la transizione ecologica minaccia, come paventato da più parti, i primi posti di lavoro: il gruppo tedesco Bosch ha manifestato l’intenzione di tagliare 700 lavoratori nella fabbrica di Bari, lo storico stabilimento che produce da una vita sistemi per il Diesel, Magneti Marelli, che la giapponese CK Holdings ha rilevato nel 2019 da FCA, potrebbe invece lasciare a casa 550 persone, tra quadri e impiegati.
Cosa sta succedendo negli stabilimenti Bosch e Marelli
Sia Bosch sia Marelli sembrano comunque intenzionati a collaborare col governo alla ricerca di soluzioni migliori. Il Gruppo tedesco ha validato un piano di esuberi, da completare in 5 anni, che discende direttamente dall’accordo, siglato da tutti i 27 Stati membri della Ue, di arrivare ad avere un impatto climatico zero entro il 2050. Per riuscirci, occorrerà ridurre le emissioni di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Questo, dal punto di vista industriale, vuol dire bandire la produzione di motori endotermici entro la fine della decade. Da qui le difficoltà riscontrate da Bosch in uno stabilimento come quello di Bari incentrato proprio sulla produzione di diesel.
Il titolare del Mise, Giancarlo Giorgetti, intanto sottolinea che «la fase della transizione deve essere compatibile non solo con le esigenze ambientali, ma anche con quelle sociali ed economiche. Senza questo equilibrio – aggiunge – il conto da pagare può diventare insostenibile».
I sindacati: “A repentaglio lo stesso stabilimento”
“La Direzione aziendale, nell’incontro convocato oggi dalla Regione Puglia – dichiarano in una nota Gianluca Ficco, segreterio nazionale Uilm e Riccardo Falcetta, segretario della Uilm di Bari – ha fatto il punto della situazione, su come è stato applicato in questi anni e quali risultati ha prodotto l’accordo siglato nel 2017 e oramai venuto in scadenza. Negli ultimi quattro anni come noto stati utilizzati ammortizzatori sociali che hanno scongiurato i licenziamenti e si è ridotto l’organico esclusivamente con uscite volontarie e incentivate da 1.890 a 1.700 persone”.
Molto dipenderà se si riuscirà ad attuare l’agognata trasformazione industriale: “Dal punto di vista industriale – spiegano i sindacati – sono stati attirati nuovi prodotti sia nell’ambito tradizionale del diesel sia in nuovi settori. Ma la continua contrazione del diesel produce tuttora un pesante esubero. Oggi sulle produzioni non diesel, innanzitutto sulla e-bike, lavorano difatti circa 350 persone ed è previsto l’impegno di ulteriori 100. Tuttavia l’80% circa della forza lavoro è ancora impegnato sul diesel, che continua a calare sempre più rapidamente a causa delle disposizioni europee”. “Alla luce di ciò, la Direzione di Bosch ha annunciato che a Bari prevede l’adeguamento dell’organico entro cinque anni a 1.000 persone, con dunque 700 esuberi strutturali. Ma a ben vedere la situazione è perfino più grave, poiché le missioni produttive non diesel assegnate a Bari saranno in grado di dare lavoro a circa 450 persone, mettendo oggettivamente a repentaglio l’esistenza stessa dello stabilimento”.
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Anche Magneti Marelli si è detta disponibile a concordare con il sindacato strumenti che escludano i licenziamenti o li trasformino in uscite concordate e ribadisce l’impegno a realizzare un piano di investimenti di oltre 77 milioni nel 2022. Certo è che la crisi dei chip, la pandemia di covid e la corsa verso l’elettrico imposta dall’Unione europea rischiano di trasformarsi, per il mercato dell’automotive, nella classica tempesta perfetta.