Quali sfide attendono la società di domani? Quali sono i rischi e quali le possibilità offerte dallo sviluppo tecnologico? Per la rubrica “Futuro da sfogliare” un estratto del libro Uomini che pensano troppo di Luca Zambrelli e Valentino Caporizzi.
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Viviamo in un’epoca che ci chiede di essere tutto, subito, e sempre. Essere performanti, risolutivi, veloci, connessi, sereni, disponibili, ironici e possibilmente anche in forma. È un tempo che spinge al massimo ogni parte del nostro essere — soprattutto quella mentale. E spesso chi resta schiacciato sotto il peso delle aspettative è proprio l’uomo.
Secondo un report di Deloitte, oltre il 70% dei professionisti in ruoli di leadership dichiara di vivere un livello elevato di stress mentale continuo. E uno su tre ha già manifestato sintomi di burnout senza averli riconosciuti come tali. Numeri che non sorprendono: nella cultura dell’iper-performance, fermarsi sembra ancora un tabù.
Da qui nasce Uomini che pensano troppo, un libro che non offre soluzioni universali, ma apre uno spazio intimo e condiviso in cui fermarsi, respirare e ripartire. Insieme. Luca Zambrelli e Valentino Caporizzi uniscono le loro voci: due manager che hanno aggiunto alla loro professione principale due passioni – la scrittura e la stand-up comedy – per raccontare cosa significa essere uomini, e leader, oggi.

Overthinking, quando la mente non si spegne
Per Luca Zambrelli, l’overthinking è un rumore di fondo continuo. Una spirale mentale che gira anche nel silenzio, spinta dal bisogno costante di controllo: su ciò che si è detto, su come si è stati percepiti, su ciò che sarebbe potuto andare diversamente.
Un meccanismo subdolo, che ha iniziato a logorarlo senza che se ne rendesse conto. Finché, un giorno, non ha più riconosciuto il suo stesso modo di pensare. Era diventato il suo peggior ostacolo.
Nel libro Uomini che pensano troppo, questo fenomeno viene descritto come una trappola mentale sottile, che colpisce spesso proprio chi “regge tutto”. Ma a quale prezzo?
Valentino Caporizzi, co-autore e stand-up comedian, racconta la sua esperienza da manager con carichi di responsabilità e aspettative elevate. Una perfezione apparente che iniziava a pesargli addosso, fino a fargli perdere contatto con se stesso.
La svolta è arrivata salendo su un palco. Non per spiegare, ma per ridere. E far ridere. La stand-up comedy è diventata per lui uno spazio di verità, dove l’invincibilità non serve, e l’ironia diventa un’arma gentile per raccontare ansie, insicurezze e pensieri in loop.
Burnout, la fatica invisibile
Zambrelli descrive il burnout come molto più di una semplice stanchezza. È svegliarsi senza uno scopo, perdere entusiasmo, lucidità, connessione. In ambienti ad alta pressione come quello in cui lavora — l’e-commerce e il marketing globale — il sacrificio viene spesso glorificato. Ma dietro quella facciata si nasconde un vuoto che può diventare cronico.
In un passaggio chiave del libro, si affronta una domanda scomoda ma urgente: “E se il vero problema non fosse la fatica fisica, ma quel rumore mentale che non si spegne nemmeno nel weekend?”

Il libro nasce anche da questa urgenza: dire che fermarsi è possibile. E che non se ne parla abbastanza, soprattutto tra uomini, perché la narrazione dominante continua a suggerire che “tenere duro” sia l’unica via.
Per Caporizzi, il burnout è “un esaurimento mascherato da produttività”. I due autori lo raccontano senza filtri né pietismi, intrecciando esperienze personali, aneddoti, e tanta autoironia. Perché chi si sente perso, ha bisogno prima di tutto di sentirsi capito.
Il prezzo invisibile dell’Overthinking
Uno dei punti più forti del libro è il suo impatto sulla leadership consapevole. Quando un manager è in burnout, non lo dice. Ma lo trasmette. Ai colleghi, ai team, agli obiettivi. Perché lo stress cronico non si vede nei numeri, ma nella qualità delle decisioni.
Una mente confusa genera briefing caotici, priorità che cambiano ogni giorno, micro-management che paralizza i team. Il risultato? Calo di motivazione, perdita di direzione, fatica collettiva.
Uomini che pensano troppo è anche un libro per chi guida, per chi prende decisioni, per chi crede di poter reggere tutto senza conseguenze. Non propone tecniche per migliorare la produttività. Ma ti mostra cosa succede quando diventi schiavo della tua stessa idea di performance.
Ricomporre i pezzi
Uomini che pensano troppo non è un saggio, né un romanzo. È un percorso quotidiano, fatto di riflessioni, esercizi, piccoli gesti per rimettere insieme i pezzi. Contiene anche un test esclusivo per misurare il proprio livello di stress mentale, già provato da decine di lettori. Da lì sono nate conversazioni sincere, con amici e colleghi, spesso mai avute prima.

Tra le pagine si intrecciano esperienze personali e riferimenti culturali — dal radicalismo di Into the Wild all’apatia filosofica de Il grande Lebowski — per offrire chiavi di lettura diverse, a volte ironiche, a volte spiazzanti. Il messaggio è chiaro: non serve sempre combattere. A volte, lasciar andare è già un atto rivoluzionario.
Una cultura che cambia (finalmente)
Parlare con uno psicologo, esprimere disagio, mostrare vulnerabilità: per anni sono stati tabù, soprattutto per gli uomini. Ma qualcosa si muove. E oggi il benessere mentale non è più un argomento per “chi non ce la fa”. È una forma di consapevolezza, una responsabilità verso se stessi e verso chi ci sta intorno.
Il libro non offre risposte preconfezionate. Ma domande. Storie. E un tono umano, che permette di riconoscersi senza sentirsi sbagliati. “Non c’è niente di rotto in te. C’è solo una mente stanca che ha bisogno di silenzio.”
Il vero coraggio? Fermarsi
Essere uomini oggi non significa dimostrare di farcela sempre. Significa, forse per la prima volta, fermarsi, ascoltarsi, e dire: “così non va”. Farlo senza vergogna. Senza paura del giudizio. Senza filtri. E se sei un imprenditore, un manager, un founder o semplicemente un uomo che sta vivendo un momento troppo pieno — Uomini che pensano troppo è un punto da cui ripartire. Non per rallentare il tuo business. Ma per ritrovare te stesso prima di perderti del tutto.

