I numeri dell’indagine condotta dalla startup BitBoss
Il mestiere dello sviluppatore è tra i più ricercati sul mercato del lavoro. E non certo da quest’anno. C’è chi lo ha definito addirittura il mestiere più sexy (sic!) del secolo. Per quanto riguarda il panorama italiano, la startup BitBoss, incubata nell’Incubatore di Imprese Innovative del Politecnico di Torino e attiva su prodotti digitali che realizza con developer, ha realizzato un’indagine per fotografare l’ecosistema degli sviluppatori di software nel nostro paese. «Con pochi anni di formazione mirata, che può avvenire anche in autonomia – ha dichiarato il CEO Tommaso Salvetti – chiunque, in qualsiasi parte d’Italia, può stringere sinergie con aziende situate in qualsiasi parte del mondo, favorendo lo sviluppo del proprio territorio».
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Sviluppatori: il tariffario
Secondo la ricerca di BitBoss, «il 71% degli sviluppatori con più di 5 anni di esperienza non applica mai tariffe giornaliere lorde inferiori ai 150 euro, mentre il 52% non scende mai sotto la soglia dei 200 euro al giorno». In questo caso si parla di liberi professionisti, freelance che offrono le proprie competenze ad aziende di ogni tipo. Il dato sul percorso formativo del campione intervistato è eloquente: appena il 25% dichiara di aver conseguito una laurea coerente con il proprio percorso professionale. Segno che il mestiere può essere appreso anche al termine del percorso universitario.
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E la crisi?
Guardando sempre ai numeri dell’indagine sembra che la recessione in corso, provocata dal lockdown imposto dall’emergenza pandemia, non abbia ridotto le offerte per gli sviluppatori. Anzi. Il 35,5% del campione intervistato ha registrato un aumento della mole di lavoro; solo il 17,3% ha dichiarato di aver subito una flessione negativa durante i mesi di lockdown, mentre la restante parte sostiene di non aver affrontato mutamenti significativi.
C’è infine il capitolo smart working. Secondo l’indagine di BitBoss gli sviluppatori in Italia «lavorano principalmente da casa per committenti finali e società che si occupano di sviluppo software. Più del 25% degli intervistati dichiara di sviluppare per più di 50 ore a settimana. Solo l’8,6% abbandonerebbe con certezza la libertà di un lavoro autonomo in favore della maggior sicurezza di un lavoro subordinato».