La startup innovativa siciliana ha assunto personale nel pieno della pandemia e si è portata a casa un altro Oscar del videogioco italiano
È tornata sul palco – virtuale – degli Italian Video Game Awards, gli Oscar italiani del videogioco, la startup innovativa catanese Stormind Games (qui il sito). Soltanto l’anno scorso era stato premiato il survival horror Remothered: Tormented Fathers, sviluppato dalla realtà siciliana grazie a un accordo con Darril Arts di Chris Darril, game director del gioco nonché ideatore del progetto. Quest’anno, lo studio di sviluppo italiano ha portato a casa una statuetta se possibile ben più importante: quello della categoria Outstanding Italian Company, che premia l’azienda nel suo insieme. E già si guarda al futuro, al primo titolo che i ragazzi di Stormind Games svilupperanno come IP proprietaria e alla voglia di sperimentare altri generi oltre l’horror, che pure non sarà abbandonato (il sequel di Remothered è atteso per il 20 ottobre e poi ci sarà da pensare all’ultimo capitolo della trilogia) mettendosi alla prova con ben altre sfide. “Stiamo portando avanti lo sviluppo di due titoli in contemporanea: non è affatto facile”, ci ha raccontato Antonio Cannata, Ceo e co-founder di Stormind Games, durante la nostra chiacchierata.
“Stormind Games nasce dalla passione per i videogame che sia io, sia il mio socio Federico Laudani, abbiamo fin da piccoli”. Antonio, co-founder nonché Ceo, ha 37 anni e una formazione da ingegnere informatico su cui ha innestato la preparazione manageriale che gli è tornata utile per guidare questa realtà; Federico, suo coetaneo, oltre a essere co-founder, ha un passato artistico e oggi ricopre il ruolo di art director. Attualmente, nella loro startup innovativa lavorano una 15ina di persone, 33 includendo anche la PMI gemella Red Raion. “È difficile che vada a buon fine il progetto imprenditoriale se si parte con l’idea: ok, da domani faccio videogiochi – è l’avvertimento che l’ad di Stormind Games indirizza a tutti i lettori di StartupItalia che vorrebbero tanto sviluppare un loro videogame. “Occorre tantissimo tempo, è necessario strutturarsi perché è fondamentale acquisire credibilità come imprenditori, non solo come sviluppatori. Altrimenti si rischia di non trovare mai nessuno disposto a finanziare i tuoi progetti, che devono essere più concreti del semplice sogno nel cassetto”.
Com’è nata Stormind Games
“Inizialmente, nel 2014, abbiamo fondato una prima startup, Red Raion, oggi PMI innovativa”, racconta Antonio. “Quella realtà sviluppa tutt’ora contenuti visivi virtuali, in computer grafica, per i parchi divertimento. Poi – prosegue – l’incontro con Chris Darril di Darril Arts ci ha permesso di buttarci anche nel campo dei videogiochi”. È così seguita la fondazione di Stormind Games. “Chris aveva da tempo il sogno nel cassetto di sviluppare un survival horror ma cercava sviluppatori: l’idea ci è subito piaciuta e abbiamo così deciso di sviluppare il suo titolo”. Per questo Remothered non è una proprietà intellettuale della startup di Acireale ma un lavoro per conto di terzi, di Darril Arts, appunto. “Adesso, però – assicura il Ceo -, è venuto il momento di creare una IP interamente nostra”.
Non aprite quella porta
Prima di proseguire è necessario soffermarci brevemente su Remothered: Tormented Fathers. Sviluppato dai ragazzi di Stormind Games grazie a un accordo con Darril Arts di Chris Darril, che del gioco ne è l’ideatore e, di fatto, il regista, il videogame è un riuscito mix di esplorazione, stealth e -ovviamente- survival game dall’ottima atmosfera horror.
Leggi anche: Daymare 1998, su PS4 il survival horror con “regia” italiana
Remothered: Tormented Fathers ben comunica infatti al giocatore la sensazione di essere abbandonati e impotenti in una casa degli orrori fedelmente ricostruita in tre dimensioni. Armati solo di torcia, quindi quasi completamente al buio e senza una mappa, dovremo mantenere la lucidità e la freddezza necessarie a superare una lunga sequenza di enigmi che si parano tra noi e la libertà mentre, per lo stesso maniero, si aggira un omicida psicopatico che potremo soltanto distrarre o rallentare, ma non uccidere. Lui, al contrario, non vede l’ora di fare su di noi le cose peggiori mai viste in un film di Dario Argento.
Naturalmente nulla vi diciamo riguardo la sinossi per non rovinarvi il piacere di scoprirla provando il gioco in prima persona. Possiamo però anticiparvi che il team di sviluppo catanese deve aver fatto un lavoro immane soprattutto sul versante del sonoro, dettagliatissimo: la magione è piuttosto grande ma voi potrete intuire dov’è il vostro potenziale assassino (e quanto dista dalla sua preda) restando in ascolto. Lo scricchiolio del vecchio assito, così come il cigolio delle porte o le imprecazioni dell’abominevole figuro saranno indizi preziosi sul tempo a vostra disposizione prima del suo prossimo assalto.
L’intera avventura si vive insomma con il cuore in gola e l’orecchio ben teso, spostando oggetti e ricercando tutto ciò che potrebbe essere utile a distrarre il nostro assalitore, regalandoci qualche momento di relativa tranquillità per superare il rompicapo che ci sbarra la strada. Aver puntato tutto su caratteristiche “stealth” (i neofiti leggano: nascondino) ha permesso senza dubbio a Remothered: Tormented Fathers di differenziarsi con gusto e intelligenza rispetto ai tanti titoli che affollano il genere, evitando di scadere nello splatter (non ci sono migliaia di zombie da sbudellare) e riuscendo a incutere un genuino senso di terrore, tenendo chi gioca sempre sul chi vive.
Leggi anche: Resident Evil 5 e 6, come sopravvivere all’orrore
Ciù games is smell che uan
Il primo titolo sviluppato dalla startup catanese è insomma parecchio convincente e si è portato a casa le valutazioni lusinghiere di critica e pubblico. E ora cosa progettano di fare? Da un lato c’è lo sviluppo di Remothered: Broken Porcelain, sequel del titolo che vi abbiamo appena presentato e che lo scorso anno si è aggiudicato il Drago d’Oro dei videogiochi italiani, dall’altro la volontà di covare un videogame che sia totalmente loro e consenta ai ragazzi di Stormind Games di sperimentare altri generi ludici al di fuori dell’horror: “Vogliamo esplorare altri territori”, confessa l’amministratore delegato, “ma continueremo comunque a calcare le scene di Remothered per lo sviluppo del secondo capitolo oramai alle battute conclusive e del terzo che chiuderà la trilogia ideata da Chris. Sono così ormai mesi che stiamo portando avanti la creazione di due titoli: Remothered 2 e la nostra prima IP”. Se il prossimo videogame già in cantiere non sarà un survival horror a quale genere apparterrà? “Posso solo dire – svela Antonio – che sarà un action RPG che debutterà sulle console di prossima generazione. Dovremmo annunciarlo a breve ma per vederlo nei negozi occorrerà ancora parecchio tempo”.
Il virus come opportunità
Lo sviluppo parallelo di due titoli non è mai di per sé facile, in più è arrivata l’epidemia di Coronavirus: “Prima del lock down, quando abbiamo capito che la situazione volgeva al peggio, avevamo iniziato a portare i computer a casa predisponendoci per il lavoro da remoto. La pandemia ci ha consentito di comprendere le lacune che avevamo nel processo organizzativo: se si è ben strutturati e organizzati il lavoro da casa può davvero essere smart“, osserva Antonio. E infatti proprio nel pieno del lock down “Stormind Games ha assunto sei persone”.
L’organizzazione aziendale sembra alla base del successo di Stormind Games, gruppo che del resto vanta un reparto marketing interno per promuovere l’azienda e i suoi prodotti e “che ci consente un dialogo serrato – e sensato – coi publisher, evitando di finire a lavorare a commessa come accade di solito quando chi finanzia parla direttamente con chi sviluppa”, racconta sempre Antonio.
Anche Stormind Games saluta favorevolmente il Fondo per i videogiochi varato dal Parlamento assieme al decreto Rilancio (e a lungo in bilico): “Si tratta di un’ottima opportunità per coprire i costi di prototipazione, che sono sempre altissimi e costringono la startup ad anticipare le spese, rimettendoci se l’idea non va in porto”, mentre a differenza di tante altre software house italiane, Antonio non vede così nera la situazione per chi decide di sviluppare videogame nel Bel Paese: “Spesso sento che chi fa impresa si lamenta delle tasse: ok, vero, sono alte, ma prima di pagarle occorre conseguire degli utili. Forse allora sono l’alibi di chi non riesce nemmeno a portare profitti. Noi tutto sommato siamo riusciti ad avviare ben due startup in una zona del Paese non propriamente centrale e che troppo spesso è descritta come depressa. Quello che molti non comprendono – conclude il Ceo – è che per sviluppare videogiochi non basta essere sviluppatori: servono molteplici competenze”.