La CEO di General Motors Mary Barra lo ha capito prima di altri: la gentilezza è il nuovo superpotere del leader. Non è una debolezza, non è buonismo, è strategia pura. Dopo il Covid, mentre le aziende registravano un peggioramento della salute mentale nel 42% dei dipendenti (dati Mind Share Partners), i leader più illuminati hanno iniziato a sperimentare una rivoluzione silenziosa: sostituire il comando con la connessione, l’autorità con l’autenticità.

Perché la gentilezza conviene
Richard Davidson del Center for Healthy Minds dell’Università del Wisconsin paragona la pratica della gentilezza all’allenamento con i pesi: “Le persone possono effettivamente costruire il loro ‘muscolo’ della compassione”. Non è filosofia new age, è neuroscienza applicata al business.
La Mayo Clinic, un ospedale che è considerato un centro di eccellenza, sia nel rendere le cure mediche accessibili a tutti sia nell’incrementare modelli collaborativi per la diagnosi e la cura dei pazienti, ha condotto una ricerca sugli stili di leadership e il benessere dei medici. E ha riscontrato l’effetto positivo che la gentilezza e l’approccio collaborativo hanno sul morale del team, sulla diminuzione dell’assenteismo e sul retention dei talenti.
“È stato dimostrato che i capi gentili diminuiscono l’assenteismo e trattengono i dipendenti più a lungo”, conferma Psychology Today. Ma c’è di più: possono persino prolungare la vita dei loro collaboratori diminuendo i livelli di stress che migliora la salute cardiovascolare.
La trappola della finta gentilezza
Attenzione però: non stiamo parlando di cortesia formale o di quella melliflua gentilezza da manuale delle Risorse Umane. La differenza è sostanziale: la cortesia è educazione che può essere anche fredda e calcolata, la gentilezza autentica significa avere genuinamente a cuore il benessere dell’altro.
Mo Edjlali, CEO di Mindful Leader, lancia una provocazione: “È il momento di uccidere la gentilezza?“ Non nel senso letterale, ma di eliminare quella patina di finta gentilezza che intossica gli ambienti di lavoro. Gli slogan motivazionali, i poster infantili, le campagne #BeKind che puzzano di inutile buonismo sono il problema, non la soluzione.
Adam Grant, autore di “Give and Take”, mette in guardia: dire sempre di sì non è gentilezza, è una ricetta per il burnout. La vera gentilezza richiede confini chiari e la capacità di dire no quando necessario.
Le micro-violenze uccidono la produttività
Nelle aziende italiane si pratica quotidianamente quello che gli esperti chiamano “disconferma”: piccole violenze relazionali che minano la produttività. Qualche esempio? Organizzare delle riunioni e non invitare tutte le persone coinvolte nel progetto; parlare al telefonop mentre si scrive al computer o non rispondere alle mail se non con risposte generiche, guardare altrove mentre si stringe la mano e quindi non ricordare né il nome né il viso della persona che ci è stata presentata
Ogni disconferma è un -2% di produttività, calcola Anna Maria Palma nel libro “La gentilezza che cambia le relazioni”. In un team di 10 persone con 5 disconferme al giorno, stiamo parlando di una perdita di efficienza del 10% quotidiano.
Il protocollo Harvard per leader gentili
La Harvard Business School ha sviluppato un protocollo pratico per i CEO che vogliono implementare la “Kind Leadership“. Sono regole semplici, forse potrebbero sembrarti quelle che ti ha insegnato tua mamma quando andavi all’asilo; eppure, quello che succede è che più cresce il nostro potere legato al ruolo e più le dimentichiamo. Ascoltare davvero, senza guardare il telefono mentre ti parlano, e fare spazio per ascoltare che può anche voler dire dichiarare di non poterlo fare adesso ma successivamente. Meglio rimandare per poter essere pienamente presenti che dire di sì quando non siamo davvero disponibili. Fare a meno della fatidica domanda “Come stai?” che offre risposte banali e stereotipate e sostituirla con una domanda specifica legata a qualcosa che, in quel momento preoccupa o occupa la persona con la quale stiamo parlando. In questo senso anche essere consapevoli dello specifico tipo di supporto della persona con la quale stai parlando è davvero importante: un single ha bisogni diversi da una persona con bambini piccoli. In ogni caso non è certamente gentile chiedere di lavorare in orari non ortodossi, mandare mail o whatsapp la domenica, il sabato, la sera tardi non migliora la performance ma sicuramente peggiora la relazione. Infine, riconoscere lo sforzo è spesso molto più importante del riconoscere il risultato. A volte non arriviamo al risultato desiderato anche se abbiamo fatto molto per raggiungerlo: saper distinguere lo sforzo dal risultato è quello che trasforma il fallimento in un esperimento da cui imparare qualcosa di nuovo
Patagonia, la gentilezza diventa brand
Patagonia ha costruito un impero da 3 miliardi di dollari sulla gentilezza radicale: verso i dipendenti (asili aziendali, surf break durante l’orario di lavoro), verso il pianeta (1% delle vendite a cause ambientali), verso i clienti (“Non comprate questa giacca” come campagna pubblicitaria).
Patagonia, fondata nel 1973 da Yvon Chouinard e con sede a Ventura, California, è diventata un leader globale nell’abbigliamento outdoor con vendite annuali superiori a 1 miliardo di dollari, operando in oltre 10 paesi. L’azienda si distingue per il suo straordinario impegno ambientale: mira a diventare carbon neutral entro il 2025, ha quasi eliminato i chimici PFAS dannosi (96% dei prodotti entro il 2024) e sta eliminando completamente i materiali petroliferi vergini. Nel 2022, Chouinard ha compiuto un gesto rivoluzionario trasferendo la proprietà dell’azienda al Patagonia Purpose Trust, destinando tutti i profitti futuri alla lotta contro il cambiamento climatico. Con programmi innovativi come Worn Wear per il riciclo e la riparazione dei prodotti, e una strategia di marketing basata sull’autenticità e l’attivismo ambientale, Patagonia ha costruito una base di clienti estremamente fedele (79% di retention) negli Stati Uniti, dove il 57% dei consumatori di abbigliamento outdoor conosce il brand, dimostrando che è possibile coniugare successo commerciale e responsabilità e gentilezza ambientale.
La gentilezza funziona in ogni azienda?
Molto spesso i leader di piccole aziende tendono a credere che la gentilezza sia un lusso che potranno permettersi solo quando avranno ottenuto certi risultati. La domanda del milione: funziona solo in aziende illuminate o è replicabile nelle corporate?
Microsoft sotto Satya Nadella ha dimostrato che sì, è scalabile. Dal 2014 ha trasformato una cultura tossica e competitiva in una basata su “empatia e collaborazione“. Risultato: valore azionario quintuplicato in 7 anni.
Il trucco? Non imporre la gentilezza dall’alto ma modellarla. Nadella ha iniziato ammettendo i propri errori pubblicamente, chiedendo feedback brutalmente onesti, sostituendo il “know-it-all ossia lo so già” mindset con il “learn-it-all, imparo da quello che accade”.
Il futuro è gentile (o non è)
La gentilezza non è più un nice-to-have ma un must-have per le aziende che vogliono sopravvivere. Non è romanticismo ma ROI puro: dipendenti più produttivi, clienti più fedeli, innovazione più fluida. Come sintetizza Boris Groysberg di Harvard: “La gentilezza è un investimento che non fallisce mai”.
La domanda non è se implementare una strategia di leadership gentile, ma quanto velocemente riusciremo a farlo prima che i competitor ci battano sul tempo. Perché in un mondo dove l’AI può replicare quasi tutto, l’ultima frontiera competitiva è paradossalmente la più antica: la nostra umanità. E voi, siete pronti a questa rivoluzione gentile?
L’autrice Nicoletta Cinotti, psicoterapeuta e mindfulness trainer, terrà una pratica gratuita sulla gentilezza proprio quest’oggi, giovedì 13 novembre, presso il Teatro Stradanuova di Genova.

