La Giustizia verso il corto circuito? Potrebbe riservare pure questo lo scandalo mediatico che ha travolto Milano, con la Procura meneghina che accusa Palazzo Marino di aver concesso permessi per fabbricati con altezza superiore ai 25 metri in deroga all’obbligo del piano attuativo previsto dalla legge urbanistica del 1942 per consentire ai privati di procedere con la SCIA, o Segnalazione Certificata di Inizio Attività.
Toghe divise su Pirellinopoli?
Il Tar della Lombardia, con la sentenza 2747/2025, irrompe nel procedimento penale che si configura per uno dei cantieri al centro delle indagini (Urban jungle di via Razza, 5) con una sentenza che, benché giuridicamente non vincolante per le toghe chiamate a valutare l’esistenza di condotte penalmente rilevanti, sarà ora molto più difficile non tenere in considerazione. Anche perché verrà brandita dagli avvocati degli indagati.

Per il Tar, infatti, si può procedere anche senza piani attuativi quando si è «in presenza di una zona già completamente urbanizzata, quando la situazione di fatto evidenzi una completa edificazione dell’area, tale da renderla incompatibile con un piano attuativo». Nel caso di specie, l’area interessata dal progetto si trova a ridosso della stazione Centrale di Milano e ha già dunque una sua conformazione urbanistica.
Ma lo stesso discorso può essere esteso a molti altri cantieri bloccati dal filone che i media hanno soprannominato Pirellinopoli (tra i cantieri sotto la lente anche quello che avrebbe riguardato il grattacielo Pirellino), dal momento che tutto il capoluogo lombardo presenta zone completamente urbanizzate. Faticheranno maggiormente, forse, solo gli indagati per palazzi costruiti in periferia, a ridosso di aree verdi.
La sentenza dei giudici amministrativi dà ragione ai tecnici del Comune di Milano che sulla base delle sole Segnalazioni di inizio attività hanno proceduto celermente nel loro dialogo relativo alle istanze dei privati. Per il Tar tale principio vale tanto più se il palazzo in esame «si colloca in una zona interamente compromessa sotto il profilo urbanistico, integralmente interessata da costruzioni e dotata di tutte le opere di urbanizzazione» e tutte le volte in cui risulta evidente lo «scarso peso insediativo dell’intervento in un tale tipo di zona» in quanto si è già in quartieri densamente urbanizzati.
L’incertezza del diritto farà scappare i capitali?
Per il Tar della Lombardia «Al Comune spetta un amplissimo margine di discrezionalità nella valutazione della congruità del grado di urbanizzazione» e condotte contra legem potrebbero dunque ravvisarsi solo nel caso in cui dagli atti emerga «una compromissione dei valori urbanistici».
Si tratta di un modo di interpretare le norme di gran lunga difforme da quello degli inquirenti che potrebbe erodere gran parte delle accuse mosse dalla Procura di Milano nei confronti di Palazzo Marino anche se, come è già stato scritto, tale visione potrà essere comunque ignorata in sede di processo penale nell’ambito di Pirellinopoli. L’importante, però, sarebbe arrivare a un accordo tra le toghe perché l’incertezza del diritto rischia solo di far scappare i capitali degli investitori.