Il modello di revenue sharing, ossia la condivisione dei ricavi generati da un prodotto o servizio tra la startup e i suoi partner commerciali, è sempre più diffuso tra le imprese innovative. Che si tratti di collaborazioni con content creator, vendor, affiliate partner o sviluppatori di soluzioni integrate, il revenue sharing rappresenta una modalità flessibile e scalabile per crescere, riducendo l’esposizione finanziaria iniziale.

Tuttavia, per evitare controversie legali e fiscali, è essenziale strutturare contratti chiari e conformi alle normative, soprattutto se si opera in un contesto internazionale. Questo articolo offre una guida pratica per startup e PMI che vogliono adottare un modello di revenue sharing in modo sicuro ed efficace.
Cos’è il revenue sharing e perché interessa le startup
Il revenue sharing è un modello contrattuale in cui due o più soggetti si accordano per spartire i ricavi derivanti da un determinato prodotto o servizio. Per le startup, consente di:
– Ridurre i costi iniziali, sostituendo compensi fissi con percentuali sui risultati.
– Incentivare i partner a promuovere il prodotto o servizio, poiché il loro guadagno dipende direttamente dal successo delle vendite.
– Scalare il modello di business, adattandolo ai ricavi effettivi.
È una scelta strategica diffusa nei settori SaaS, e-commerce, marketplace e piattaforme di content creation, ma comporta rischi legali che vanno gestiti con attenzione.
Le criticità legali del revenue sharing
1. Ambiguità nella definizione dei “ricavi”
Una delle questioni più frequenti riguarda cosa si intenda per “ricavi”:
– Ricavi lordi: l’importo totale incassato dalla startup, prima di qualsiasi detrazione.
– Ricavi netti: il fatturato al netto di commissioni, tasse, costi di marketing, rimborsi, etc.
Mancare di chiarezza su questo punto genera incomprensioni che possono sfociare in contenziosi.
2. Frequenza e modalità di pagamento
Altra criticità riguarda la tempistica dei pagamenti:
– Pagamenti mensili, trimestrali o annuali?
– Eventuali soglie minime di pagamento (es. pagamenti solo se l’importo da corrispondere supera i 100 euro).
La mancanza di regole chiare su questi aspetti può compromettere la fiducia tra le parti.
3. Trasparenza nei report
I partner devono poter verificare i dati di vendita e i ricavi su cui si calcola la loro quota. La manutenzione di report trasparenti e l’eventuale diritto di audit sono elementi chiave nei contratti di revenue sharing.
Contratto di revenue sharing
1. Oggetto del contratto e definizione dei ricavi
Descrivi in modo dettagliato:
– I prodotti o servizi cui si riferisce l’accordo.
– La definizione di ricavi da cui calcolare la percentuale spettante (netto o lordo).-
– Le eventuali esclusioni (es. rimborsi, frodi, chargeback).
2. Percentuale e criteri di calcolo
Specifica:
– La percentuale di revenue sharing accordata.
– Se la percentuale cambia al raggiungimento di determinati obiettivi di fatturato (es. “tiered revenue sharing”).
3. Modalità di rendicontazione e pagamento
Prevedi:
– La frequenza con cui la startup fornirà i report di vendita.
– La tempistica dei pagamenti.
– Le modalità di contestazione da parte del partner, in caso di discrepanze nei rendiconti.
4. Audit e verifiche
Concedi al partner il diritto di:
– Accedere ai dati contabili, entro un termine ragionevole.
– Far eseguire un audit da parte di revisori indipendenti, in caso di dubbi sui report.
5. Clausole fiscali e di compliance
Attenzione a:
– La corretta gestione delle ritenute fiscali.
– La dichiarazione di partita IVA o l’assunzione di responsabilità fiscale da parte del partner.
– Le clausole di manleva per la responsabilità fiscale e contributiva.
I rischi fiscali: come evitarli
Il revenue sharing può assumere varie configurazioni giuridiche, e la qualifica del rapporto può influenzare:
– Il regime fiscale applicabile (prestazione di servizi, associazione in partecipazione, royalties).
– La responsabilità per IVA, imposte dirette e contributi previdenziali.
Per evitare contestazioni:
– Predisponi contratti chiari, in cui la natura della collaborazione sia inequivocabile.
– Valuta l’assistenza di un commercialista per gestire gli aspetti tributari.
– Assicurati che il partner abbia una posizione fiscale regolare e che le transazioni siano tracciabili.
Il caso pratico
Una startup che gestisce una piattaforma di e-learning ha implementato un modello di revenue sharing con i docenti e content creator che caricano corsi sulla piattaforma. Il contratto prevede:
– Una quota pari al 40% del prezzo di vendita netto di ogni corso.
– Report di vendita inviati mensilmente.
– La possibilità di audit sui dati di vendita due volte l’anno.
Il rispetto di queste clausole ha rafforzato la fiducia dei creator, contribuendo alla crescita dell’offerta e al miglioramento del fatturato della piattaforma.
Revenue sharing e collaborazioni internazionali
Se la tua startup collabora con partner stranieri:
– Verifica la legge applicabile e il foro competente.
– Considera le normative fiscali estere, soprattutto in caso di transazioni con paesi fuori dall’UE.
– Inserisci clausole per gestire il rischio cambio valuta.
Conclusione
Il revenue sharing è un modello di business efficace, ma solo se sostenuto da contratti solidi e gestione trasparente. Per le startup, è cruciale:
– Strutturare contratti chiari e legalmente vincolanti.
– Adottare sistemi di reportistica trasparenti.
– Assicurarsi la conformità fiscale e contrattuale, soprattutto in ambito internazionale.
Hai già definito il modello di revenue sharing nella tua startup? Se hai dubbi, è il momento di affidarti a un avvocato esperto per costruire un accordo chiaro, solido e conforme alle normative.