Sono le 7. La sveglia suona, ti alzi e accendi la radio sintonizzandoti su Virgin Radio. Prima di uscire, indossi l’intimo VirginWare, un abito Virgin Clothing e uno dei prodotti cosmetici della linea Virgin Vie. Vai al lavoro in un’auto acquistata tramite Virgin Cars usando i soldi del tuo conto bancario Virgin Money. Alle 18 esci dall’ufficio per entrare in una palestra Virgin Active. Durante il fine settimana puoi utilizzare un telefono cellulare acquistato su Virgin Mobile e il servizio Internet di Virgin Fibra per scoprire cosa c’è in programma al cinema Virgin locale. Se sei in vacanza, sul treno Virgin Trains, puoi giocare a uno dei videogiochi Virgin Play. Se sei in crociera con Virgin Voyages puoi leggere un libro Virgin Books. Se invece sei in aeroporto in attesa del tuo aereo Virgin Airways, non dimenticarti di acquistare la tua vodka Virgin in duty free. Puoi comprare il tuo vino preferito su Virgin Wines e pagare la tua esperienza in mongolfiera con Virgin Balloon Flights utilizzando la carta di credito Virgin Credit Card.
Se devi organizzare il tuo matrimonio, puoi affidarti a Virgin Brides per l’abito, Virgin Flowers per i fiori, Virgin Experience Days per la lista nozze. E poi c’è Virgin Limited Edition, Virgin Charter, Virgin Health Bank… Un imprenditore che è felice di parlare dei sui successi quanto dei suoi fallimenti è Richard Branson. Sotto il suo marchio, Virgin, sono nate più di 100 aziende. Non è forse un caso che il suo soprannome sia Dr. Yes. Non riesce a resistere a una sfida. Quasi tutte le sue imprese sono nate dalla sua frustrazione personale e quella dei clienti insoddisfatti della concorrenza. Ma di oltre cento aziende alcune sono dei veri e propri flop. Per citarne alcuni: Virgin Vie, Virginware, Virgin Charter, Virgin Clothing, Virgin Student, Virgin Vodka, Virgin Brides, Virgin Cars. Prove, fallimenti e sperimentazione sono diventate la base della sua cultura aziendale. Il suo è quello che Carol Dweck chiamerebbe mindset dinamico: accoglie le sfide, considera il fallimento un’opportunità, impara dai feedback. «Mia madre mi ha sempre insegnato a non guardare indietro con rimpianto, ma a passare al prossimo progetto. La quantità di tempo che le persone spremono rimuginando sui fallimenti passati, anziché usare quell’energia per alimentare nuovi progetti, mi lascia sempre sbalordito».
Nella maggior parte dei casi, le estensioni di marca hanno successo. Tuttavia, a volte anche Branson, soprannominato il capitalista del popolo, si spinge troppo oltre. A metà degli anni ’90, la portata delle sue ambizioni per il marchio Virgin divenne chiara. «Voglio che Virgin sia famosa in tutto il mondo quanto la Coca-Cola», dichiarò apertamente. Quale modo migliore per raggiungere questo obiettivo se non entrare nel mercato della cola stesso. Decise quindi di unire le forze con Cott Corporation, un produttore canadese di soda a marchio privato, per produrre cola con il nome Virgin. Il terzo incomodo tra i duopolisti della cola, ovvero Coca-Cola e Pepsi. Con Coca-Cola
leader del settore delle bibite gassate nonostante, secondo un esperimento di qualche anno prima, la Pepsi fosse la preferita per il suo sapore. A dimostrazione che spesso la storia di un brand, il design, la pubblicità riescono a emozionare il pubblico più del prodotto stesso. E a garantire una penetrazione significativa nel mercato, generare vendite e garantire la fedeltà dei consumatori. La mossa di Branson ha sollevato sorpresa mista a perplessità tra coloro i quali conoscevano bene il mercato. «Sarebbe più facile fare un pupazzo di neve a luglio in Florida che scalzare Coca-Cola e Pepsi», osservò John Sicher, editore della pubblicazione commerciale statunitense, Beverage Digest. Ma Branson sembrava apprezzare la sfida. E il lancio della sua bevanda sul mercato statunitense avvenne in modo spettacolare.
Nessun imprenditore ha sempre successo
Branson guidò un carro armato Sherman vintage tra le strade di New York, puntando il fuoco contro un enorme cartellone pubblicitario della Coca-Cola. Il cartellone della Virgin Cola, alto oltre 12 metri, era stato posizionato sopra il Virgin Megastore di Times Square. «La segnaletica da sola valeva l’affitto dell’intero edificio», ha scherzato all’epoca.
Tuttavia, il nuovo marchio di cola ha lottato su entrambe le sponde dell’Atlantico senza centrare gli obiettivi. Sebbene avesse un prezzo inferiore del 20% rispetto ai due marchi principali, non riuscì a conquistare il gusto di un numero sufficiente di consumatori. Parte del problema era la distribuzione, secondo Branson. Coca Cola e Pepsi avrebbero impedito a Virgin di ottenere spazio sugli scaffali dei supermercati. Nel frattempo, la Coca-Cola raddoppiò il suo budget pubblicitario e promozionale. Alla fine, il posizionamento sul mercato di Coca Cola e Pepsi si è dimostrato troppo forte e Virgin Cola non è riuscita a intaccare seriamente le loro vendite mondiali. Anche sul terreno di casa di Virgin, il Regno Unito, il marchio non ha mai realizzato profitti.
«Spesso ci spostiamo in aree in cui il cliente non è soddisfatto completamente e dove la concorrenza non è ostile”, ha detto Branson, spiegando la strategia del marchio Virgin. L’errore è stato quello di entrare in un settore in cui non c’era niente di radicalmente diverso da offrire perché le persone stavano già acquistando un prodotto che gradivano a un prezzo che erano disposti a pagare. E poi, come ammette lo stesso Branson, non erano preparati alla contro risposta dei duopolisti. Come dichiarerà Rob Baskin, portavoce di Coca-Cola USA: «Prendiamo sul serio tutta la concorrenza». E lo hanno dimostrato.
Questa cantonata non ha certo fermato Branson che ha continuato a macinare successi e fallimenti. Secondo Mr Virgin: «Anche se sei un imprenditore capace, non riuscirai a avere successo in ogni singola cosa che tenti. Devi cercare di avere successo in più cose di quante ne fallisci, sapere quando è il momento di gettare la spugna, imparare dai propri errori e andare avanti, rapidamente».
Le 3 regole d’oro
Le tre regole le fornisce lo stesso Branson che è felice di celebrare i fallimenti all’interno del suo Virgin Group. La prima regola è non vergognarsi delle proprie cantonate. Fare errori e sperimentare cadute fa parte del DNA di ogni imprenditore di successo. La seconda regola è essere un outsider che significa essere diversi dalla concorrenza, cercare una lacuna nel mercato e riempire un vuoto con idee davvero innovative e pratiche. La terza regola è non prendersi troppo sul serio. Quando la sua nave Atlantic Challenger è affondata a 300 miglia dal Regno Unito, ha usato questo incidente di percorso per lanciare la sua nuova compagnia aerea Virgin Atlantic. Sull’immagine dello scafo che spuntava dall’acqua, il logo della Virgin Atlantic e la scritta «La prossima volta, Richard, prendi l’aereo.»
E voi che lezione avete appreso? Se volete raccontarmi la vostra storia di fallimenti e lezioni apprese, scrivetemi qui: redazione -chiocciola – startupitalia.eu