Sono tante le somiglianze tra l’Italia e il Giappone che legano due Paesi tanto lontani eppure spiritualmente vicini, così diversi ma anche molto simili. E non sono tutte positive, come per esempio il ruolo di subalternità cui entrambe le nazioni hanno relegato l’immagine femminile. Basti pensare che il 6 agosto 1945, quando la bomba atomica “Little Boy” scoppio sulla città giapponese di Hiroshima, una delle rare superstiti benché si trovasse nell’epicentro della deflagrazione fu una donna che lavorava in banca ed era solita arrivare prima dei colleghi di sesso maschile perché oltre alle sue mansioni doveva pure mettere in ordine gli uffici. Quelle mura in pietra in una giungla urbana di legno di bambù e carta di riso la protessero, ma l’episodio fotografa pure la condizione della donna in quegli anni.

Si dirà che parliamo di 80 anni fa: giusto lasciare il beneficio del dubbio (ancora nel 2023, comunque, secondo il World Economic Forum, in tema divari di genere il Paese del Sol Levante si posizionava al 125° posto su 146), ma intanto nonostante sia passato quasi un secolo e il Giappone sia tra le nazioni più ricche, tecnologicamente e culturalmente avanzate, nel mentre non è mai stato governato da una donna Primo ministro. Noi italiani, comunque, non possiamo ergerci a guida morale: quel primato lo abbiamo raggiunto solo nell’autunno del 2022, con la proclamazione di Giorgia Meloni a presidente del Consiglio.
Chi è Sanae Takaichi
Eppure ora uno spiraglio sembra aprirsi per Sanae Takaichi. Una vera e propria rivincita (con tanto di interessi) considerato che l’esponente più a destra dei liberali aveva perso le primarie per la guida dell’PLD proprio contro il Primo ministro attuale, Shigeru Ishiba, nel settembre del 2024.
Tutto ciò proprio mentre nell’arcipelago si dibatte – altro segno dei tempi che cambiano – se abrogare una vecchissima legge (risale alla cosiddetta era Meiji che ha coperto la seconda metà dell’Ottocento e la prima decade del secolo successivo) sull’obbligo per le donne di acquisire il cognome del marito col matrimonio.
Le ultime elezioni per il rinnovo della Camera dei consiglieri, poi, hanno visto l’elezione di 42 senatrici. Un numero esiguo, se si considera che la Camera alta del Parlamento giapponese si compone di 248 membri (totali, la chiamata elettorale di domenica ha riguardato solo la metà dei rappresentanti), eppure è il più alto mai registrato, avendo superato il precedente record di 35 raggiunto nel 2022.

Il premier Shigeru Isaba verso le dimissioni?
Ma andiamo con ordine. Secondo i media locali, l’attuale premier giapponese Shigeru Ishiba rassegnerà le dimissioni entro la fine di agosto, dopo la débâcle elettorale che ha visto la coalizione di governo Jiminto-New Komeito perdere la maggioranza assoluta in Parlamento.
E sempre secondo la stampa nipponica, Sanae Takaichi, lady di ferro (i giornali occidentali sottolineano la sua ammirazione per l’iron lady originale, Margaret Tatcher), rappresentante dell’ala più a destra del partito, fedele alleata del defunto Primo ministro Shinzo Abe, sarebbe in pole per essere proclamata la prima donna alla guida del Paese.
La crisi politica nipponica è più profonda di quella sommariamente raccontata dai media occidentali in queste ore. E’ infatti la prima volta che il Partito Liberal-democratico perde il favore di entrambi i rami del Parlamento dalla sua fondazione nel 1955. Un risultato di cui Ishiba dovrà assumersi la pesante responsabilità, considerato che il PLD ha guidato quasi ininterrottamente il Paese del Sol Levante sempre dal ’55 a oggi. Parallelamente, il principale partito di opposizione, il Partito Democratico Costituzionale, non è riuscito ad assestare la zampata sperata, mentre le formazioni politiche più recenti e emergenti hanno ottenuto risultati significativi.

Il Giappone insomma ribolle e chiede cambiamenti. Chissà che la 64enne Sanae Takaichi, dalla lunga carriera politica e dai numerosi incarichi ministeriali, non incarni proprio questa necessità che viene manifestata da un elettorato che nutre sfiducia verso i partiti tradizionali e si affida perciò alle formazioni più giovani. Anche se, occorre dirlo, non è certo un esponente di rottura o anti-establishment.
Sanae Takaichi piace agli imprenditori
Secondo un sondaggio riportato da Reuters già in aprile, oltre il 90% delle aziende giapponesi si era detto deluso dalla performance del governo del primo ministro Shigeru Ishiba e circa un terzo privilegiava la rivale Sanae Takaichi indicandola come miglior candidato per guidare il Paese.
Il cambiamento per il Giappone andrebbe tuttavia oltre le mere questioni di genere, che raramente hanno comunque trovato posto nell’agenda di Takaichi (contraria per esempio al disegno di legge che permetterebbe alle donne di mantenere il proprio cognome): lo sanno bene gli analisti che sostengono un possibile ritorno all’Abenomics, ovvero a quella politica economica che si caratterizzava per l’ampio ricorso a politiche fiscali e monetarie espansive che ha caratterizzato il premierato di Abe, nel caso in cui Sanae Takaichi dovesse diventare la prima inquilina del Sōri-daijin Kantei, il palazzo del Primo ministro del Sol Levante.
Sanae Takaichi si batterà per le donne?
Gli osservatori sostengono che Sanae Takaichi non è insomma il politico cui guardare se si confida in un ampliamento dei diritti. Chissà allora che la vera novità non sia costituita dall’ingresso nella Camera alta di Renho Murata, che esprime la sua ribellione facendosi chiamare solo per nome (la questione del cognome torna sempre).

Nel 2016, a 48 anni, è diventata la prima donna leader del principale partito di opposizione (ruolo che ha mantenuto per appena un biennio), il Democratico. Ed è pure per metà taiwanese. Gli avversari, non potendo sfruttare come vorrebbero l’argomento delle sue origini (che pure ha un peso tra l’elettorato anziano) le fanno pesare il suo passato da modella e conduttrice televisiva, ma Renho ha saputo dimostrare che gli argomenti non le mancano. E sono quasi sovversivi per i conservatori come Sanae Takaichi. Il destino del Sol Levante potrebbe insomma essere legato all’ascesa di queste due contendenti.