«Raccontiamo sempre i traguardi scientifici dalla fine, quando il successo è stato raggiunto, ma ci perdiamo così tutti i disastri, gli errori, le assurdità che sono successe nel mentre e che hanno portato a quell’esito. Tutti conosciamo la pila di Volta, ma in pochi raccontano lo scontro scientifico che ebbe con Galvani. Quest’ultimo pensava che l’elettricità scaturisse dai muscoli delle rane che sezionava, mentre Volta sosteneva che fosse generata dal metallo che vi entrava in contatto. Quel battibecco e la voglia di aver la meglio sull’altro ha generato la prima pila della storia e tutto ciò che ne è derivato». Su alcune piattaforme non c’è bisogno di molte presentazioni: per quanto riguarda YouTube, ad esempio, Barbascura X è diventato un’istituzione nel campo della divulgazione scientifica. Oggi su StartupItalia pubblichiamo l’intervista in vista della sua presenza come speaker a SIOS25 Winter, il 17 dicembre a Milano.
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Su Audible ha pubblicato nei mesi scorsi una nuova serie podcast – «Storie brutte sulla scienza, ma peggio» – che narra aspetti poco noti di grandi personaggi del passato come Enrico Fermi, Richard Feynman, Margherita Hack. Perché dietro a una scoperta scientifica ci sono storie che meritano di essere ascoltate. «Per esempio Giovanni Aldini, erede di Galvani, faceva esperimenti sui cadaveri e Mary Shelley si è lasciata ispirare nella ideazione del mostro di Frankenstein».
Il potere (e i limiti) dei social
La scienza, così come la storia e un sacco di altre materie, si è presa lo spazio che merita sui social. Video lunghi, caroselli, Reels, meme: il linguaggio delle piattaforme consente a molte persone di avvicinarsi ad argomenti magari ostici per via di brutti ricordi dai tempi della scuola. «Noto che alcuni content creator semplificano troppo. Ovvio, abbiamo poco tempo per raccontare tante cose. I social veloci come Instagram e TikTok richiedono velocità. Semplificare non è mai un problema se lo si fa bene, magari sottolineando che quella è solo una parte della storia».
Barbascura X si sente comunque più a suo agio con il pensiero lungo che YouTube consente di esprimere. Di video ne fa da anni, sempre con quell’ironia inconfondibile. E qui cade un primo tabù rispetto al mestiere del ricercatore. I primi filmati risalgono a più di dieci anni fa, quando studiava Chimica. «Era il 2014, vivevo a Bologna. Ho aperto il canale YouTube solo come passatempo tra coinquilini. Ma ho amato da subito questo mezzo privo di sovrastrutture: potevo manipolare il video senza nessun paletto. Potevo raccontare delle cose in modo ordinato o potevo – e posso tuttora – mandare tutto in vacca se è il modo giusto di farlo». Qui mette molto le mani avanti rispetto a quanto si ascolta nel suo ultimo podcast, dove si azzarda come sempre.

«Ho fatto da apripista nella divulgazione»
Come è plausibile, ci sarà stato chi tra i colleghi lo ha criticato, guardandolo dall’alto in basso. Non è mica così che si fa ricerca. «Nel 2018, quando ho iniziato propriamente a parlare di scienza, vivevo all’estero e non avevo idea di cosa significasse essere un divulgatore scientifico. Ero un pesce fuor d’acqua. Chi si definiva propriamente “divulgatore” non capiva cosa stessi facendo, e spesso non capiva quando parlassi seriamente e quando dicessi cazzate per scherzare. Oggi – ha aggiunto – posso dire di aver fatto da apripista, dato che sono ormai tanti a usare uno stile meno “composto” per raccontare o veicolare informazioni. E con mia enorme sorpresa tra le persone che mi seguono ci sono tantissimi accademici». Ma Barbascura X che cosa fa con i suoi video?
«Boh, forse dovrei definirlo infotainment. Non dobbiamo trasformare qualsiasi cosa in maniera utilitaristica, a volte è bello anche solo parlare di scienza per intrattenersi». Dopo oltre dieci anni di carriera, in molti gli hanno scritto dicendo che si sono iscritti all’università, a un dottorato. «Sono felice di aver fatto capire a tanti che la scienza non è noiosa». Grazie ai social e ai content creator, argomenti che sui banchi di scuola apparivano impossibili da comprendere diventano abbordabili. «Quando ho lavorato all’estero una delle cose che si chiedeva ai dottorandi era di fare esperienza nella divulgazione. Forse è meno sentito qui da noi».

Barbascura X e l’AI per la creatività
In un mondo che spesso giudica i giovani, li ritiene viziati o impreparati alla vita, spesso ci sono barriere all’ingresso che bloccano ragazzi e ragazze dall’intraprendere un certo percorso. Se ne è discusso per la novità di quest’anno del test di Medicina. «Se sogni di fare qualcosa e vieni fermato a priori perché valutato su basi generiche, non correlate direttamente con la professione scelta, è un po’ frustrante. Ci possono essere modi più meritocratici. Dal punto di vista del diritto allo studio, il test è qualcosa di antipatico».
Nel frattempo il mondo cambia e non è detto che chi entra all’università ne uscirà con le idee più chiare rispetto a quel che andrà a fare. Basti pensare agli scenari che abbiamo di fronte con l’AI e l’impatto in particolare su medicina, farmaceutica e scienza. «Io sono convinto che sia una rivoluzione. Si può usare per creare farmaci ultraspecifici o studiare meglio come le proteine si raggomitolano su se stesse, e c’è tutto il tema legato alla prevenzione dei tumori su cui si fanno passi da gigante».
È nel suo campo, quello creativo, che l’Intelligenza artificiale lo sorprende meno. «Mi ha tolto un po’ la magia. Dal punto di vista artistico, ora è diventato così tanto semplice fare cose eccezionali che l’eccezionalità non è più così eccezionale». La differenza la fanno la creatività, il guizzo, l’ingegno nel proporre qualcosa di visto e rivisto magari con una nuova lente. «Alla prima serie del podcast ho dedicato otto mesi, uno per ogni episodio. Nella nuova stagione ho aggiunto il “ma peggio” perché bisogna ribadire che io le cose le racconto male. Sono storie brutte perché le racconto a modo mio, senza rispettare un canone. Sono brutale, la butto in caciara». Chi l’avrebbe mai detto dieci anni fa che anche questa è – eccome se lo è – scienza.


