Tre fra i più innovativi presidi italiani fanno il punto sulla DAD: cosa manterrebbero e quali invece sono i suoi limiti.
Davvero non serve più in questo preciso momento storico? A loro la parola.
È del 12 gennaio la valutazione definitiva della Ministra Azzolina sulla Didattica a Distanza (DAD): “Oggi la DAD non può più funzionare, c’è un black out della socialità, i ragazzi sono arrabbiati, disorientati e sono preoccupata per il deflagrare della dispersione scolastica” dichiara all’ANSA.
Gli studenti delle superiori sono in effetti in manifestazione in mezza Italia.
Ma la pensano tutti allo stesso modo?
Lo abbiamo chiesto a Elisa Angi, una delle Rappresentanti d’Istituto del Liceo Antonio Meucci di Aprilia:
“Rimane il fatto che la DAD è noiosa. Andare a scuola è tutt’altra cosa ma, per assurdo, da noi i sostenitori e i detrattori della DAD si equivalgono. La verità è che, oggi come oggi, senza una cura per il CoVid19, metà degli studenti si sentono a disagio all’idea di tornare in aula. Preferiscono di gran lunga una situazione più sicura in casa. Discorso totalmente opposto se pensiamo ad un momento in cui questa crisi sarà passata: nessuno vuole fare scuola da casa!”
Ed è più che comprensibile. Ma davvero non funziona niente della DAD?
“No. Innanzitutto non studiamo più esclusivamente sui libri. Abbiamo suite digitali, vediamo video, usiamo le mail per contattare i professori. Tutto questo ci è sempre mancato, perché siamo consci che sono questi gli strumenti che dovremo poi utilizzare fra poco all’università e dopo nel mondo del lavoro. L’utilizzo di internet per lo studio ci ha mostrato le vere potenzialità del web. Lo utilizzavamo solo per “cazzeggiare”, mentre c’è un mondo di informazioni e approfondimenti persino sui social network.
Inoltre dopo ore di lezioni sincrone ed asincrone davanti allo schermo, ti passa la voglia di passare il tuo tempo libero allo stesso modo, per cui scopri tantissime attività che prima non prendevi in considerazione. Certo, se solo si potesse anche essere liberi di incontrarsi e andare in giro sarebbe ancora meglio, ma per il momento ce lo facciamo bastare!
La vera rivoluzione però è che elaboriamo tesine e documenti in autonomia o in gruppo in cui ognuno di noi approfondisce l’aspetto che più gli interessa dell’argomento introdotto dall’insegnante. Studiare diventa molto più personale e interessante, perché più vicino a ciò che ti interessa davvero”.
Parola a 3 dirigenti scolastici
E andando sul tecnico, i Dirigenti Scolastici saranno d’accordo con la Ministra Azzolina? Lo abbiamo chiesto a tre fra i migliori Dirigenti Scolastici (DS) d’Italia, che sono anche stati ripresi come esempio dalla stampa specializzata e non solo: la Professoressa Laura de Angelis, DS del Liceo Antonio Meucci di Aprilia (Latina), il Professor Vincenzo Caico, DS del Liceo Michelangelo Buonarroti di Monfalcone (Gorizia), e il Professor Salvatore Giuliano, DS dell’ITIS Majorana di Brindisi.
Senza essersi messi d’accordo, i tre hanno agito in maniera simile, priotirizzando gli stessi aspetti e rimanendo sempre molto attenti a tenere alto il morale sia del personale sia degli studenti. Non sono dei supermen: ognuno di loro ha sottolineato quanto sia stata importante la nascita spontanea di network di colleghi per la buona riuscita di tutto.
Bisogna innanzitutto fare un distinguo: nessuno di loro pensa che la DAD sia da mantenere in toto, ma tutti pensano che sia stata la chiave di volta per avere l’opportunità di rispondere a delle esigenze di cambiamento che la scuola richiedeva da decenni. La DAD pertanto non è da buttare, al momento è ancora funzionale alla situazione epidemiologica e sicuramente è interessante poterne ancora testare e analizzare gli aspetti innovativi che ha portato. In seguito, non sarà certo da mantenere ma da trasformare in Didattica Digitale Integrata (DDI), un nuovo sistema di presenza e apprendimento autonomo che possa cambiare il paradigma della didattica in generale.
“Ci siamo trovati davanti a un evento che poteva immobilizzarci o darci un’occasione: quella di creare la scuola che avevamo sempre sognato. È questo il presupposto che ho chiesto di abbracciare al Consiglio dei Docenti. Proattività, creatività, progettualità.”
Sono le parole del Professor Vincenzo Caico, del Buonarroti di Monfalcone, ma che potrebbero benissimo essere attribuite anche ai suoi due colleghi. Grazie all’autonomia scolastica, tutti e tre avevano già avviato progetti di digitalizzazione della scuola e/o della mera didattica da anni: qualcuno addirittura dal 2013.
Ad Aprilia la DS De Angelis ha sfruttato l’occasione per digitalizzare completamente l’amministrazione, la burocrazia e i processi di tutta la scuola, con notevole risparmio ed aumento di efficienza. Sia lei che Caico e Giuliano avevano già iniziato a elargire corsi per la digitalizzazione per gli studenti, sia per i docenti. Questa esperienza pregressa gli aveva permesso di stilare delle linee guida che per l’occasione sono state rimpinguate ed aggiornate. Inoltre tutti hanno creato dei network fra colleghi che nel caso del Prof. Giuliano di Brindisi sono persino diventati corsi online disponibili per qualsiasi collega da qualunque parte d’Italia:
“Già da anni avevamo abbracciato il progetto ministeriale ‘Formare al Futuro’ che attiva corsi di formazione digitale online tenuti da insegnanti per insegnanti. I nostri docenti, già altamente digitalizzati, fanno parte di questa equipe di formatori per altri. Abbiamo preso le nostre linee guida per DDI e abbiamo fornito la nostra disponibilità a formare altri docenti di altre scuole. Dopo 24 ore dal lancio dell’iniziativa sui social network avevamo ricevuto 3.000 domande. Da marzo ad oggi abbiamo formato 10.000 docenti. I corsi sono ancora disponibili al sito www.brfuturelab.it” .
In effetti, prima ancora di dover affrontare il problema di adattamento della didattica al digitale, c’era da risolvere il problema del gap delle competenze tecniche in questo campo. Lo sa benissimo la Professoressa Laura de Angelis del Meucci di Aprilia: “l’utilizzo della strumentazione digitale non ha trovato alcun ostacolo da parte dei ragazzi, che erano già pronti ed hanno dovuto solo affinare delle conoscenze che già avevano. Al contrario, parte del corpo docente e in particolar modo quello non fisso, ha dovuto accelerare il suo percorso di aggiornamento. I nostri docenti di cattedra avevano già seguito tutti i corsi ed erano pronti, ma ogni anno abbiamo un elevato numero di nuove entrare. Molti fanno resistenza all’aggiornamento, perché significa investire maggiore tempo. Ma non è solo questo che porta un blocco al processo di innovazione, il problema principale arriva quando questi professori capiscono che il passo successivo sarebbe stato il modificare il loro metodo di insegnamento, allora alcuni non hanno accettato la necessità di cambiamento. In molti casi però l’unione fa la forza, e il progesso di digitalizzazione è potuto avvenire grazie a un solido team di colleghi, che compone, tutt’oggi il nostro Team Digitale.”
La Professoressa De Angelis fa riferimento al fatto che la DAD non poteva funzionare in alcun modo se si fossero replicate le modalità di lezione che si hanno in presenza: il calendario di 27 o 32 ore settimanali a seconda del curriculum, più i compiti a casa, le lezioni frontali in modalità one to many in cui lo studente è fruitore passivo del sapere. Sono pienamente d’accordo con lei i suoi due colleghi e di questo assunto il Professor Giuliani ne fa quasi un mantra “La trasposizione della didattica tradizionale nel digitale significa fallimento certo”.
Il fallimento sarebbe dettato anche da una mancanza di allineamento con il contesto sociale odierno. Riprende la Prof.ssa De Angelis: “Non si può più pensare che la scuola sia l’unico luogo di apprendimento dei ragazzi. In realtà non lo è mai stato, ma mai come oggi il sapere è così facilmente acquisibile: internet rischia di delegare la scuola a un ruolo marginale nella formazione dei ragazzi. E questo sarebbe sbagliato, perché apprenderebbero senza logica e non saprebbero riconoscere le informazioni errate. Il nostro compito è di educarli a costruire le proprie opinioni secondo fatti reali e a far leva sui contenuti per sviluppare competenze, non per registrare informazioni fini a se stesse.”
Il cambio di passo da una didattica del contenuto a una didattica delle competenze è richiesto da tutti. E’ anche per questo che il solo utilizzo della lezione frontale non funziona più e si è sperimentata con successo la Didattica Capovolta secondo cui, dopo un’introduzione degli argomenti da parte del Professore, è richiesto ai ragazzi lo sviluppo di progetti e/o documenti che rendano visibile l’apprendimento delle nozioni da parte del ragazzo. Queste attività vengono svolte in “asincrono”: il professore controlla dalla Suite digitale l’avanzare dei lavori e può correggerli in “diretta” e i ragazzi possono avanzare domande per email e chat quando vogliono. Questa flessibilità nella gestione del tempo aiuta i ragazzi a rendersi autonomi.
“Avendo a disposizione solo le ore in presenza un professore non può umanamente dedicare sempre le medesime attenzioni ad ogni singolo studente. Con gli strumenti della DAD, diminuendo la presenza, può gestirsi l’orario lavorativo e moltiplicare gli interventi dedicati per ogni ragazzo.” Aggiunge il Prof. Caico di Monfalcone.
Certo, questa modalità richiede, soprattutto all’inizio, uno sforzo significativo da parte degli insegnanti: elaborazione di materiali, redazione di dispense, ricerca di ulteriori canali informativi che possano integrare la lezione e molto altro ancora. Un lavoro che però, dopo lo sforzo iniziale, rimane disponibile per gli anni successivi, richiedendo piccoli aggiornamenti e adattamenti.
I professori sui social
Sono molti poi i professori che hanno deciso di aprirsi al mondo dei social network, per “incontrare” i propri studenti proprio sulle piattaforme a loro più congeniali. Molti hanno optato per YouTube: il professor Cantone e il professor Di Nucci ad esempio, sempre del Meucci di Aprilia, non saranno certo delle star Youtubers ma hanno fatto capire ai ragazzi che il social network può essere utilizzato in diversi modi, fra cui la formazione personale. Instagram diventa uno strumento per elaborare testi in lingua spagnola da condividere con i propri amici, e dimostrare così di saper usare la lingua negli ambiti di vita quotidiana: è l’idea della professoressa Scola.
Insomma, lontani fisicamente si, ma pare che la scuola italiana, così vicina agli usi e i linguaggi dei ragazzi non sia mai stata. Non solo: ciò che gli studenti imparano si integra finalmente con la loro vita privata, esplicitando finalmente, il collegamento fra istruzione e quotidianità.
E i limiti di questa metodologia?
“L’attenzione prima di tutto”spiega il Prof. Caico, ma il suo punto di vista è condiviso dagli altri due colleghi: “Non si può assolutamente pensare di tenere i ragazzi davanti al computer dalle 27 alle 32 ore a settimana per le lezioni e in seguito chiedergli di rimettercisi davanti per fare i compiti. Le linee guida del Ministero dell’Istruzione, in seguito, ci hanno dato ragione su questo. Inoltre, fin dall’inizio abbiamo voluto comunicare a studenti e genitori che per noi la DAD era la ‘didattica della relazione’. Il Prof c’è! E anche se non è vicino fisicamente, è sempre presente: lo si può contattare per mail, chat, documenti sulla piattaforma. La distanza non deve e non può significare mancanza di relazione.”
Aggiunge il Prof. Giuliano di Brindisi: “Non bisogna poi sottovalutare ciò che viene relegato per ‘ovvio’: la mancanza di empatia. Incide sull’apprendimento sia culturale sia di vita. Perché a scuola i ragazzi imparano anche a conoscere il proprio ruolo nella società, a come comportarsi a seconda delle situazioni, a collaborare, a farsi capire, a comprendere gli altri. E la distanza blocca questo percorso di apprendimento del sé del ragazzo.”
E’ da sottolineare che, quanto meno nei tre casi presi in considerazione, la scuola ha continuato ad essere aperta per i ragazzi che avevano situazioni famigliari violente o stressanti. La cooperazione con psicologi è sempre continuata e le procedure di allontanamento dei minori da situazioni familiari di disagio sono state intercettate e gestite dalle autorità competenti.
Che cosa dovrebbe rimanere della DAD
Quindi, questi Dirigenti che hanno saputo anticipare le indicazioni Ministeriali e trovare le chiavi per una didattica funzionale alla situazione, cosa vorrebbero rimanesse della DAD nel post CoVid19? Abbiamo sintetizzato gli aspetti positivi in un punto elenco:
- Una didattica totalmente integrata fra digitale e presenza fisica.
- Una presenza fisica ridotta, nel senso di ore di lezione frontali.
- Maggiore didattica cooperativa e collaborativa.
- Maggiore autonomia del ragazzo per il suo autoapprendimento secondo indole, talenti ed attitudine.
- Utilizzare il digitale per avere percorsi mirati per BES o in diverso disagio.
- Valutazione non più one shot ma continuativa e legata al percorso dell’apprendimento.
- Utilizzo costante di strumenti più in linea con quanto i ragazzi dovranno utilizzare all’università o nel mondo del lavoro.
Quali, invece, i limiti di questa DAD?
- La mancanza di una precisa indicazione di una piattaforma unica condivisa.
- Se per mantenere l’autonomia scolastica non si è deciso per una piattaforma unica, almeno che ci sia l’indicazione di piattaforme gratuite o che venga rilasciato il budget per poter avere a disposizione quelle a pagamento.
- Indicazione di tool che possano rispondere alle esigenze di istituti che contano oltre i 600 studenti. Molti ne contano addirittura 1.500 o 2.000 o anche di più.
- Tutto ciò che viene perso con la “presenza” fisica, ovvero il rapporto reale con la figura mentore e la possibilità, per il ragazzo, di costruire la propria personalità nella comunità.
Davvero non funziona più la DAD, o proprio come ha detto la Ministra Azzolina in un documento successivo alla sua dichiarazione:
“In un contesto tanto drammatico, l’emergenza sanitaria internazionale ha creato tuttavia le basi per un cambio di passo in grado di trasformare in opportunità strategiche le sfide da essa derivanti”?
Gli elementi ci sono. Nessuno vuole una scuola virtuale e dei ragazzi che non possono incontrarsi, ma alcuni benefici portati dalla DAD sono concreti e forse, invece di spingere il pedale per tornare quanto prima alla “normalità”, si può pensare di sfruttare quest’onda lunga dell’emergenza CoVid19 per fare ordine, mantenere ciò che di buono ci ha dato quest’anno e creare una “nuova” normalità che può finalmente dare inizio ad una nuova scuola, più al passo con i tempi e con i ragazzi di oggi.